domenica 6 Ottobre 2024

Charlie, servizio pubblico per pochi

Due grandi testate giornalistiche internazionali, come diciamo sotto, hanno deciso di introdurre – tra le ultime – dei paywall sui loro siti. Ovvero di limitare l’accesso gratuito alle notizie e al loro lavoro giornalistico. Sono CNN e Reuters, e per ora queste limitazioni sono assai parziali. E non dicono niente di nuovo: CNN e Reuters hanno deciso appunto di fare quello che negli ultimi dieci anni circa hanno deciso di fare quasi tutti. Ovvero di tornare a investire – con diverse lungimiranze, con diversi approcci, con diversi risultati – sui lettori paganti, per attenuare il declino dei ricavi dalla pubblicità.
Niente che non sia già successo: i giornali sono stati a pagamento – con occasionali e minoritarie eccezioni – per tutti i secoli della loro storia prima che arrivasse internet. Ma quando è arrivata internet è sembrato che qualcosa cambiasse – tra altri robusti cambiamenti – nella possibilità di accesso all’informazione delle testate autorevoli: che potesse raggiungere potenzialmente chiunque e non solo chi era mosso e motivato – una minoranza – dal desiderio di d’informarsi.
“Sono ormai lontani i giorni in cui l’informazione affidabile era disponibile online gratis”, ha scritto Oliver Darcy nella sua newsletter sui media che si chiama 
Status. Cosa inevitabile, se i giornali vogliono sopravvivere (con rare e fortunate eccezioni, come nel suo piccolo quella del Post), ma la cui ricaduta è una minore disponibilità di informazione di qualità proprio per le persone che la frequentano poco, e che hanno minore consapevolezza delle conseguenze che questo comporta.

Fine di questo prologo.

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