domenica 20 Ottobre 2024

Charlie, rubriche nella ruota

Le rubriche firmate periodiche sono uno dei “format” più diffusi sui giornali di tutto il mondo. Quelle più autorevoli e dedicate all’attualità sono chiamate “column” nei giornali americani, e possono essere pubblicate una o due volte alla settimana, di solito. Nei quotidiani italiani sono più frequenti quelle quotidiane: Corriere della Sera Stampa hanno ogni giorno in prima pagina le rubriche di Massimo Gramellini e di Mattia Feltri, Repubblica ne ha diverse all’interno, le più visibili quelle di Michele Serra e Concita De Gregorio. Il Fatto ha ogni giorno in prima pagina la lunga rubrica del direttore. Il Foglio ne ospita diverse in ogni pagina, anche molto brevi, rinnovandole spesso. Ma anche i settimanali hanno autori e autrici di rubriche fisse, di solito nella prima parte del giornale.
Ce ne possono essere di più o meno popolari, e con approcci e argomenti i più diversi, ma tutte condividono un aspetto che ha maggiori implicazioni di quel che sembra: ovvero la frequenza fissa e obbligata, che impone a ciascun autore o autrice di consegnare al giornale un articolo a prescindere dalle idee che può avere, dalle cose da dire, o insomma dai fattori che normalmente generano la scrittura di un articolo su un giornale. Sono articoli scritti per rispettare una scadenza, prima di tutto: ed è un fattore che va considerato nel giudicarli e valutarli, sia nel bene – con ammirazione per chi è capace di consegnare un articolo riuscito con maggiore frequenza – che nel male, con consapevolezza che altre volte l’idea o la notizia non c’erano, e non sempre si riesce a scrivere bene intorno all’assenza di un’idea. Ma per capire la genesi di quello che leggiamo sui giornali, anche questo è un elemento di cui tenere conto.

Fine di questo prologo.

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