domenica 21 Aprile 2024
Domenica scorsa la famiglia di Ash Good, una donna di 38 anni uccisa a Sydney in una serie di accoltellamenti da parte di un uomo con problemi mentali, ha protestato contro la pubblicazione da parte di giornali e siti di news di foto tratte dai profili social di Good.
La pratica è diffusissima in molti paesi del mondo e anche in Italia, un’evoluzione contemporanea di antiche e deprecabili abitudini del giornalismo soprattutto di cronaca, di ottenere poco lealmente immagini e informazioni sulle vittime. Un articolo sul giornale online americano The Conversation si è chiesto quale equilibrio si debba tenere tra l’obiettivo di informare, il rispetto delle vittime e dei loro parenti, e una capacità di distinguere tra ciò che sia di interesse pubblico e cosa sia sacrificabile. Nel Regno Unito il tema è discusso e considerato presso i media più seri, e convive con le pratiche più deprecabili di altre testate. L’articolo di The Conversation segnala che spesso non è la mancanza individuale di scrupoli dei singoli giornalisti a generare i comportamenti più discutibili, ma il contesto generale di pressione e consuetudine in cui lavorano, e i comportamenti a cui vengono indotti. Riflessione preziosa e utile rispetto alle abitudini più deteriori del giornalismo in generale, anche in Italia: senza esentare nessuno dalle responsabilità personali, ma fino a che “lo fanno tutti” e fino a che questo è quello che viene chiesto – e anche insegnato – il rispetto delle persone coinvolte e l’etica giornalistica in generale saranno affidati all’eccezionalità di discernimenti individuali, e non alla regola.
Fine di questo prologo.
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