domenica 15 Ottobre 2023
Le difficili condizioni di sostenibilità della gran parte dei giornali in questi anni rendono il loro lavoro e il loro ruolo vulnerabili in due modi. Il primo è semplice da descrivere: con meno soldi c’è meno qualità del “prodotto”, ovvero un’informazione peggiore, più incompleta, più sbrigativa, meno accurata.
Il secondo è più indiretto ma si impone non tanto sui singoli contenuti ma sulle priorità stesse dei giornali: ed è l’aumentata dipendenza da necessità economiche che limitano la qualità dell’informazione, e si manifesta in tre modi. Dipendenza dalla pubblicità, dipendenza dai lettori, dipendenza da interessi terzi degli editori.
I giornali in cerca di fonti di ricavo sono meno autonomi rispetto alle richieste e agli interessi della pubblicità, e questo condiziona il lavoro giornalistico: ragioni pubblicitarie traboccano nelle pagine e negli articoli senza trasparenza nei confronti dei lettori (o spettatori, o ascoltatori, o scrollatori).
I giornali in cerca di fonti di ricavo sono meno autonomi rispetto alla soddisfazione e al consenso dei propri lettori paganti (o destinatari di pubblicità), e questo condiziona il lavoro giornalistico: dire ai propri “clienti” quello che vogliono sentirsi dire, non scontentarli e non contrariarli (in tempi in cui c’è una grandissima inclinazione di tutti a scontentarsi e contrariarsi) è una necessità ineludibile per non perdere il loro contributo economico e il loro valore anche in termini pubblicitari.
Infine, i giornali per cui questa ricerca di fonti di ricavo resta insoddisfacente vedono una parte delle loro priorità e del loro senso dirottata verso interessi economici diversi dei propri editori: concedendo spazi alla promozione di questi interessi e diventandone strumento, a ulteriore rischio della propria credibilità.
Sono vulnerabilità di fatto dell’informazione di questi tempi, che riguardano in misure assai varie le varie testate, ma che è utile avere presenti per capirne le scelte e le limitazioni.
Fine di questo prologo.
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