domenica 17 Luglio 2022

Charlie, le notizie contate

Il Washington Post ha pubblicato una riflessione che parte da un contesto che riguarda molto gli Stati Uniti, ma che può essere estesa a un rapporto con le news che vale anche qui. L’articolo spiega come siano sfuggenti o arbitrari i criteri con cui viene dato diverso spazio – nei mezzi di informazione americani – alle diverse e frequenti aggressioni armate che sono tornate a essere trattate come una “crisi” per il loro essersi intensificate negli ultimi mesi. Non è sempre chiarissimo in base a quali variabili (movente, origine delle vittime, luogo, modalità) ciascuna di queste serie di uccisioni guadagni maggiori o minori attenzioni: ci sono molti fattori, e una strage è considerata più una notizia se avviene in un luogo dove è meno prevedibile, o dove le persone dovrebbero essere più protette e al sicuro. Spesso il matematico dato quantitativo del numero dei morti è quello che governa di più le scelte, ma anche che attrae di più l’interesse dei lettori. La redazione del Washington Post , si dice nell’articolo, manda di norma un inviato quando i morti sono almeno quattro: “non riusciamo a seguire tutte le storie”. Ed è appunto un tema di riflessione quanto i meccanismi dell’informazione ci abbiano abituato a considerare degne della nostra attenzione e analisi catastrofi, tragedie, violenze, a partire dal numero di persone morte con cui si concludono, considerato quanto siano spesso fortuite alcune ragioni che influiscono su questi bilanci e quanto siano importanti a prescindere gli eventi che li hanno causati.

Fine di questo prologo.

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