domenica 13 Ottobre 2024

Charlie, la free press del 2024

La storia maggiore intorno alle prospettive di sostenibilità economica dei giornali negli ultimi anni è stata lo spostamento di priorità tra i due tradizionali modelli di ricavo, ovvero dalla pubblicità di nuovo verso i lettori paganti e gli abbonamenti. Ancora la settimana scorsa abbiamo scritto qui delle implicazioni pericolose, per l’accesso all’informazione, del crescere dei paywall e dei contenuti a pagamento sui maggiori siti internazionali.
Però non tutti si stanno muovendo così decisi in questa direzione, seguendo il modello di cui l’interprete maggiore è stato il 
New York Times : ovvero spostare tutte le priorità sull’obiettivo a più lungo termine di sostenersi con gli abbonamenti digitali, a costo di sacrificare nel breve i ricavi pubblicitari. Molti siti di news e grandi gruppi giornalistici (molti tra gli italiani), invece, pur avendo introdotto e promosso sistemi di abbonamento, preferiscono ancora concentrarsi più sui ricavi pubblicitari: e gli abbonamenti sono venduti a prezzi bassi e bassissimi, generando scarsi ricavi ma aumentando il bacino di utenti più raggiungibili e profilati per la pubblicità.
E quindi, contraddicendo quello che dicemmo qui una settimana fa, è come se parallelamente in un’altra parte del mondo dei giornali si stesse ridando una nuova vita al modello della free press, che ebbe cospicui successi alla fine del secolo scorso distribuendo copie gratis e garantendo agli inserzionisti grandi numeri di lettori: una press “quasi free”, che oggi estende gratuitamente o quasi il numero di lettori per raggiungere numeri grandi abbastanza da mantenere soddisfacenti i ricavi pubblicitari. È un modello che difficilmente si accompagna a una maggior qualità del servizio giornalistico (e infatti le testate più autorevoli del mondo hanno adottato l’altro, con paywall e abbonamenti pagati più sostanziosamente), come fu anche per la free press novecentesca: ma che potrebbe avere ancora qualche chance di risultato proprio perché capace di fare concorrenza, presso il grande pubblico, alle offerte di informazione più costose. Se non fosse che il grande pubblico che vuole risparmiare non si abbona né ai giornali costosi né a quelli scontati, ma scorre le timeline dei social network.

Fine di questo prologo.

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