domenica 29 Gennaio 2023
L’estate scorsa il Reuters Institute aveva pubblicato una approfondita e interessante ricerca intorno a quello che il direttore del sito di news spagnolo elDiario chiama «la sindrome dello specchio di Biancaneve» (ovvero della regina di Biancaneve): cioè l’indisponibilità dei lettori (noialtri tutti) ad accettare che le loro fonti di informazione preferite diano loro informazioni che non apprezzano, e come questo possa influire sull’autonomia dei giornali in tempi in cui il sostegno economico da parte dei lettori è tornato a essere così importante. I giornali sono alle prese ogni giorno con casi di annullamento da parte di abbonati che danno come motivazione il dissenso da questo o quell’articolo. “Quando c’è di mezzo la sostenibilità economica, si riesce a essere indipendenti dalle pressioni dei lettori?”, è in sintesi la domanda a cui cerca di rispondere lo studio.
Domanda molto opportuna, e sulla quale è già rivelatore il fatto che venga posta molto raramente: a dimostrazione del timore di molti giornali di scontentare i “loro” lettori, che va insieme all’insistenza nel rivendicare invece la scelta di “dare ai lettori ciò che vogliono” (implicitamente sostenuta anche da recenti predicazioni sull’importanza di assecondare i risultati di traffico nei giornali online). Piuttosto che quello che dice il direttore di elDiario , è assai più diffusa la retorica fiera che “i lettori sono i nostri soli padroni” o quella sulle ingerenze dei consueti generici “poteri”. Oggi i lettori sono davvero teoricamente “padroni” di una quota di molti giornali a cui si abbonano pagando, ed è proprio per questo che gli stessi giornali devono saper essere indipendenti dalle loro aspettative (prendendole in considerazione e valutandole in autonomia), e “dire cose impopolari”, come si ripete spesso della politica. Anche perché l’impressione di libertà e terzietà di una testata alla lunga paga, almeno quanto paga il lisciare il pelo a certe opinioni, a certe insofferenze o a certi risentimenti dei lettori: invece «a questo ci ribelliamo. Spieghiamo la nostra ribellione e cerchiamo di far capire ai membri della nostra comunità che contraddirli spesso è il nostro lavoro».
Fine di questo prologo.
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