domenica 4 Settembre 2022

Charlie, il giornalismo da emergenza

La scuola di giornalismo della Columbia University di New York ha organizzato tra due martedì una conferenza intitolata “Guerre dell’obiettività”. E l’ha presentata così: «È in corso una battaglia per il futuro del giornalismo e di come viene praticato. Al modello tradizionale di reporting e obiettività, imparziale, dai toni neutrali, considerato un bastione contro il declino della fiducia nei media, è spesso opposto un giornalismo più muscolare, diretto, che reagisca a una nazione e a una professione sotto assedio. Le redazioni sono divise come mai, spesso su fronti generazionali e demografici, e i due campi sono irrigiditi dalle bolle dei social network. Le due parti possono allearsi? Trovare un modo di convivere? Ridefinire quello che definiamo buon giornalismo?».
L’attualità del tema è molto americana, perché da noi è meno rigoroso e frequente il primo modello, e si è già ibridato spesso col secondo, in una consuetudine alla partigianeria del giornalismo che qui prevale da sempre. Ma anche per questo è lo stesso interessante la discussione, che è una discussione “politica” più eterna e generale: quella sulle emergenze e sulla necessità di superamento delle regole, su “quando il gioco si fa duro”, sui rischi del giocare pulito quando altri giocano sporco o invece i rischi di rendere tutto sporco uguale. Il pericolo principale, e il panorama italiano sembra mostrarlo, è che l’emergenza diventi permanente, e dall’attivismo partigiano (anche di parti buone contro parti cattive) non si torni indietro e diventi la norma.
Tornando solo al giornalismo, si tratta di credere che il suo ruolo di migliorare il mondo si risolva nell’informare bene le persone che così – inevitabilmente – lo miglioreranno, oppure che debba diventare protagonista attivo e creatore del cambiamento. CNN, lo scriviamo sotto, è in mezzo a questi pensieri (anche dal punto di vista commerciale, naturalmente).

Per sintetizzarla con un esempio limitato ma chiaro: se ottenere che l’informazione faccia votare le persone più oculatamente e per politici migliori, o se ottenere che costringa alle dimissioni dei politici peggiori. La differenza a favore del primo caso la fanno la credibilità e la capacità di raggiungere e convincere molte persone; senza quelle, è ovvio che si cerchino altre strade.

Fine di questo prologo.

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