domenica 26 Novembre 2023
La responsabilità sociale di cui molte aziende – soprattutto le grandi aziende – sostengono di essersi investite negli ultimi anni riguarda, nelle loro comunicazioni, un impegno sull’ambiente, sui diritti delle donne e delle minoranze, sulla tutela del lavoro, sulla sostenibilità. Ovvero i temi più presenti nelle richieste di gran parte dei loro clienti, e nel dibattito sul progresso civile.
Un altro tema molto presente nel dibattito sul progresso civile di questi anni è quello dell’informazione, sia a proposito dei suoi contenuti che delle sue forme. La cattiva informazione, le “fake news”, sono citate quotidianamente come un pericolo per la democrazia e la convivenza. E contemporaneamente sono citati quotidianamente come un pericolo per la democrazia e per la convivenza i toni violenti promossi dalle modalità dei social network, i discorsi d’odio, la propaganda divisiva e che addita per suo interesse capri espiatori, il negazionismo rispetto a verità evidenti e dimostrate.
Ma per le aziende che investono in pubblicità questi aspetti delle proprie responsabilità non sembrano in agenda: però non è più credibile l’alibi del disinteresse rispetto a quello che i loro investimenti sostengono. Attraverso la pubblicità “programmatic” su internet molte aziende grandi e piccole finanziano siti web pieni di falsificazioni o che peggiorano il discorso pubblico: ma controllare dove finiscono le inserzioni anche di questo genere è possibile, con un impegno assai relativo. E molte aziende anche importanti e di scala nazionale sostengono coi loro investimenti testate giornalistiche che propongono quotidianamente negazionismi sulle questioni scientifiche (sui vaccini, sul cambiamento climatico) e sulle questioni dei diritti (negando la violenza maschile contro le donne, sobillando la paura e l’odio per gli stranieri), che diffondono falsificazioni e discorsi d’odio in genere, peggiorando la convivenza e il funzionamento della democrazia. Tutte attività contemplate dalla libertà d’espressione – anche la menzogna è lecita, nei limiti della legge – ma che non per questo devono essere persino aiutate e incentivate da chi vuole presentarsi come consapevole e solidale con le comunità in cui opera. C i sono aziende che promuovono sui giornali obiettivi ambientali poche pagine più in là di articoli che negano i problemi ambientali, o sostengono di difendere i diritti delle donne poche pagine più in là di articoli che definiscono sopravvalutati i pericoli per le donne. La “Responsabilità sociale d’impresa” non può escludere un fattore prioritario dello sviluppo civile, quello dell’informazione delle persone e della qualità del dibattito pubblico. Meno che mai perdonare che chi se ne sente investito, di questa responsabilità, sia finanziatore e complice della trasmissione di messaggi opposti, e tale appaia pubblicamente.
Fine di questo prologo.
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