domenica 2 Marzo 2025
I partiti della maggioranza parlamentare italiana stanno lavorando per abolire un intervento deciso a suo tempo dal primo governo Conte e che è compreso in una serie di leggi che era stata enfaticamente chiamata “Decreto dignità”. Nome a parte, quel decreto conteneva tra le altre cose la decisione di vietare la promozione e la pubblicità delle aziende di scommesse, per limitare i danni e le vite rovinate da quel genere di attività, danni riconosciuti e su cui ci sono frequenti allarmi. In sostanza, la decisione era simile a quelle adottate molto tempo fa nei confronti del fumo, e ritenute ormai indiscutibili.
Comprensibilmente le aziende di scommesse non avevano apprezzato e, come avevano fatto a suo tempo le aziende produttrici di sigarette, negli ultimi sette anni hanno legittimamente fatto pressioni perché quel divieto di pubblicità venisse cancellato, e hanno costruito nel frattempo strumenti di promozione alternativi e indiretti. Ma a essere interessate alla sua cancellazione sono anche le società calcistiche e diversi enti legati al mondo dello sport, che degli investimenti pubblicitari delle aziende di scommesse – assai ricche – possono beneficiare, o per cui sono previsti fondi che sarebbero trattenuti da questi investimenti. Le ragioni con cui l’attuale maggioranza motiva il progetto di abolire il divieto sono tutte economiche, e in questi giorni in cui se ne parla sono completamente trascurate le solidissime ragioni sociali e sanitarie alla base di quel divieto, condivise da altri paesi europei che hanno adottato limitazioni simili. Ragioni che prescindono dalla distinzione tra “gioco legale” e “gioco illegale”: la ludopatia se ne frega, della differenza.
Perché scriviamo di questo nel prologo di una newsletter dedicata ai giornali? Perché anche i giornali hanno ovviamente grande interesse nell’abolizione del divieto, che offrirebbe anche i loro spazi alle promozioni delle aziende di scommesse e ai loro investimenti. E questo spiega come – con eccezioni assai minoritarie – molti giornali stiano raccontando il progetto dei partiti di governo con toni molto solidali e interessati, trattenendosi dall’informare i propri lettori sulle gravi controindicazioni dell’abolizione del divieto. Gli articoli relativi sono invece quasi tutti dedicati a raccontare quanto il sistema dello sport ne beneficerebbe (“Un aiuto al calcio”), trattando quella parte del “Decreto dignità” come una scelta casuale e sventata, a cui sarebbe saggio rimediare: aggiungendo accorte foglie di fico come “progetti di educazione e prevenzione contro la ludopatia”. Ovvero quello che è la norma nel decreto che si vuole abolire.
Il conflitto di interessi – conflitto tra una buona e completa informazione e una preziosa fonte di ricavo – è palese: addirittura raddoppiato nel caso degli editori di giornali che sono anche proprietari di squadre di calcio.
Fine di questo prologo.
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