domenica 5 Maggio 2024
Il primo ministro britannico Rishi Sunak ha tenuto un discorso alla “Society of editors”, un’importante associazione di giornalisti del suo paese. Sunak ha detto tutte le cose retoriche e rispettose che un primo ministro può dire in quel contesto, celebrando l’importanza e il valore del lavoro giornalistico, ma le ha dette bene. E, visto da qui e di questi tempi, non ha esibito risentimenti e polemiche né presentato le sue insoddisfazioni: o meglio, ha spiegato che capita che le abbia, e che va bene così, a ognuno il suo ruolo.
Quello che si vede in Italia – ma non solo in Italia – è il ricorso al vittimismo e alla contrapposizione come strumento di propaganda da parte di entrambi gli ambiti: i giornali sostengono ogni giorno di essere sotto attacco da qualche parte politica, i politici sostengono ogni giorno di essere sotto attacco da parte di qualche giornale e dei suoi interessi. Ed entrambi protestano, ed entrambi ottengono così di compattare le file dei propri sostenitori: a scopo di diffusione di copie o di raccolta di voti. I percorsi di politica e giornalismo sono paralleli da molto tempo, ormai.
Invece Sunak ha detto in quest’occasione la cosa più ragionevole, quello che dovrebbe essere: “And in conclusion politicians and media will always clash. It’s a law of nature… And [I] won’t always like what you write or the questions that you ask. I won’t always agree with what you say and the way that you represent the Government’s actions. But that’s okay”.
I giornali criticano i politici, i politici si scocciano: but that’s ok. Senza gettarsi a terra ogni giorno gridando “arbitro!”.
Fine di questo prologo.
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