domenica 3 Dicembre 2023
Ben Smith, direttore del sito di news Semafor, ha chiesto alla giornalista Jane Martinson (autrice di un libro sulla famiglia che possedeva il quotidiano britannico Daily Telegraph) perché le vicende della vendita del Telegraph dovrebbero interessare a qualcuno fuori dal parlamento britannico. Martinson ha risposto che una domanda migliore sarebbe perché tanti uomini ricchi vogliono ancora comprare i vecchi giornali tradizionali. E la risposta, dice, non è per farci soldi, ma perché danno ancora il potere di influenzare il parlamento e le persone che lo eleggono.
La risposta suonerà ovvia e non nuova, ma è proprio il suo non essere nuova a renderla utile da ripetere e da tenere presente: in un contesto – quello del giornalismo contemporaneo – in cui sta cambiando di tutto e tanto è già cambiato (come racconta questa newsletter ogni settimana) non è così ovvio che qualcosa di questa importanza continui a mantenersi uguale: la funzione dei quotidiani tradizionali nei meccanismi di potere. O meglio ancora, la percezione del loro potere, che si tramuta comunque in potere. È infatti indubbio, dati e fatti alla mano, che le grandi testate novecentesche hanno perso parte del loro ruolo, tantissime copie cartacee, rilevanza nei nuovi scenari dell’informazione e nella vita delle persone. Ma è anche vero che i luoghi del potere, soprattutto in Europa, continuano a loro volta a essere relativamente poco intaccati dall’innovazione, dal ricambio e dal pensiero contemporaneo. I grandi poteri politici ed economici restano in gran parte novecenteschi, nelle persone, nelle culture e negli approcci, e novecentesca è la loro gerarchia di priorità: questo continua ad attribuire ai grandi quotidiani un potere di influenza assai maggiore di quella che è la loro reale capacità di orientare il consenso (che resta un po’ maggiore nel Regno Unito rispetto all’Italia, come suggerisce Martinson). Possedere un quotidiano oggi quindi resta uno strumento di influenza e visibilità assai più rilevante di quanto i cambiamenti del mondo intorno farebbero pensare (lo dimostra anche l’insistenza con cui gli uffici stampa delle grandi aziende cercano di ottenere spazi per i propri comunicati su pagine che saranno lette da pochissime persone, assai meno di quelle raggiunte da un post su un social network). In questo i ricchi imprenditori che ci tengono a diventarne editori hanno ancora delle ragioni: poi sono rari quelli che sappiano cosa sia gestire un’impresa giornalistica nel 2023, ma di questo già parlammo.
Fine di questo prologo.
Charlie è la newsletter del Post sui giornali e sull'informazione, puoi riceverla gratuitamente ogni domenica mattina iscrivendoti qui.