domenica 15 Settembre 2024
Questa settimana tra gli osservatori delle aziende giornalistiche britanniche si è parlato della crescente introduzione di pratiche – da parte dei siti di news – per ottenere il consenso dei lettori a ricevere “cookie” ed essere profilati a scopo pubblicitario. È una cosa che i lettori italiani, e di altri paesi europei, conoscono già: da due anni quasi tutti i maggiori siti di news mostrano – come prescritto – un messaggio che chiede se si vogliono accettare o no i cookie: e alcuni siti vincolano all’eventuale consenso la possibilità di leggere gli articoli, mentre altri costruiscono i messaggi in modi che disincentivano il rifiuto e sollecitano il consenso (il tasto “accetta” è sempre più visibile e più semplice da cliccare rispetto alle procedure di rifiuto, e tutti finiamo spesso per accettare). Entrambe le scelte non suonano particolarmente leali e corrette, perché costringono i lettori oppure li ingannano, di fatto. Ma è anche vero che specularmente nemmeno l’utilizzo gratuito dei siti di news e del loro lavoro da parte dei lettori, in cambio di niente, suona leale e corretto. E se quindi nella forma sarebbero auspicabili accordi più trasparenti e inviti più collaborativi, nella sostanza le imprese private che sono i giornali online hanno tutto il diritto di esigere dai lettori che non pagano qualche forma di consenso e sostegno (i lettori che pagano abbonamenti di norma sono più liberi di scegliere cosa fare con i cookie e con la pubblicità). Poi non è che con l’applicazione forzosa dei diritti si vada lontanissimo, in tempi in cui la fiducia dei lettori è più che mai preziosa, certo.
Fine di questo prologo.
Charlie è la newsletter del Post sui giornali e sull'informazione, puoi riceverla gratuitamente ogni domenica mattina iscrivendoti qui.