domenica 12 Novembre 2023
Un anno fa avevamo spiegato come funzionano alcune particolari comunicazioni promozionali di aziende che capita di vedere sulle pagine dei quotidiani:
“Nei giorni scorsi sono comparse con frequenza su alcuni grandi quotidiani diverse pagine pubblicitarie dell’azienda di pasta abruzzese De Cecco, dedicate a celebrare l’inserimento dell’azienda stessa in una lista dei “migliori datori di lavoro in Italia”: con grande visibilità del titolare dell’azienda Filippo Antonio De Cecco. Il tipo di inserzione permette di descrivere il lavoro di comunicazione collaborativo e “circolare” che coinvolge aziende, media e società esterne che offrono certificazioni a pagamento piuttosto generiche.
A dare a De Cecco il voto di 100 su 100 come “best employer” è in questo caso l’”Istituto Tedesco di Qualità e Finanza”, che è una società del grande gruppo editoriale tedesco Burda (pubblica molte testate importanti in diversi posti del mondo), che crea classifiche di “qualità” dedicate a centinaia di aziende e basate su ricerche di mercato descritte con linguaggi piuttosto oscuri sul sito; e poi vende alle aziende la possibilità di dichiararsi “certificate” rispetto a quella qualità, anche attraverso un trionfale bollo azzurro su cui di recente compare pure la partnership – a ulteriore garanzia di affidabilità – con la sezione “Affari e Finanza” del quotidiano Repubblica (questo anche quando le inserzioni sono ospitate da quotidiani dversi), la quale a sua volta promuove l’iniziativa.
Le aziende beneficiate dalle “certificazioni” dell’ITQF sono migliaia, e poi possono dichiararlo pubblicamente “a fronte del pagamento di una licenza temporanea”, come è indicato in piccolo e non con grande chiarezza nelle stesse pagine pubblicitarie ( nel caso di quella esposta da De Cecco “i 400 Migliori Datori di lavoro d’Italia possono ottenere il sigillo di qualità “TOP JOB – Best Employers 2022/23” e sfruttarlo su tutti i canali di comunicazione”; in altri casi arrivano a 750). È quindi nell’interesse di ITQF che le aziende ben figurino nelle proprie indagini, per poter vendere quei risultati alle aziende stesse, alle quali interessa usare nelle comunicazioni quella “certificazione” comprando pagine sui giornali (o spot in tv), ai quali interessa quindi che quelle certificazioni siano descritte come credibili”.
Sabato e domenica due diverse aziende – Despar e Lidl – hanno comprato due pagine pubblicitarie sul Corriere della Sera per comunicare che un altro ente di questo genere aveva assegnato a ciascuna un simile “bollino” (il cui uso viene venduto a un prezzo tra i 5mila e i 12.500 euro) per le categorie “Insegna dell’anno, supermercati” e “Insegna dell’anno, supermercati convenienti”. La stessa società che assegna le “vittorie” scrive sul suo sito: “L’elezione non è una ricerca in senso stretto. Non lo è perché le insegne (fisiche o web)non vengono valutate da un campione rappresentativo della popolazione, come avviene nelle indagini di mercato”.
Complessivamente i “vincitori” del titolo “Insegna dell’anno” (che hanno seguito le indicazioni e quindi convinto un numero maggiore di loro clienti a votarli) che pagando per l’utilizzo possono pubblicare simili comunicazioni sono 43.
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