domenica 28 Aprile 2024
Durante il processo di queste settimane contro Donald Trump, a New York, è stata ascoltata la testimonianza di David Pecker, ex editore di un famigerato settimanale statunitense, il National Enquirer: assai seguito e noto soprattutto per l’aggressività scandalistica nei confronti delle celebrities. Ma il giornale è stato anche uno strumento al servizio di Trump, negli anni della sua presidenza, come ha raccontato Pecker. Il Post ha spiegato la pratica del “catch and kill”, adottata dai giornali di questo genere in tutto il mondo.
“Secondo la recente testimonianza di Pecker, che in questi giorni ha raccontato quanto accaduto al tribunale di Manhattan durante il primo processo penale contro Trump, la riunione alla Trump Tower serviva a capire «cosa lui e le sue riviste potessero fare per aiutare con la campagna elettorale». Ne uscì un accordo in base a cui Pecker si impegnava a usare l’Enquirer per essere «le orecchie e gli occhi di Trump». Nella pratica, questo voleva dire pubblicare articoli negativi sui suoi sfidanti e positivi su di lui, ma anche avvisarlo nel caso avesse sentito circolare storie che avrebbero potuto metterlo in difficoltà. Pecker era un editore ideale da coinvolgere in questo piano anche perché era già noto per la sua tendenza a ricorrere a una pratica giornalistica considerata molto controversa: quella di pagare una fonte per avere l’esclusiva su una storia, farle firmare un accordo vincolante di non divulgazione e poi non pubblicarla, evitando così la diffusione di notizie potenzialmente dannose per una specifica persona in cambio di qualcosa”.
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