domenica 17 Novembre 2024

Bullshit vs. giornalismo

Il Post ha descritto il dibattito americano, a cui avevamo dedicato il prologo della scorsa newsletter, sulla perdita di potere del giornalismo: dibattito accelerato dalla vittoria di Donald Trump, e dalla “sconfitta” di fatto delle più autorevoli e importanti testate giornalistiche che lo avevano estesamente criticato e che – anche quelle più prospere – sono in grado di orientare le opinioni di una quota sempre più ridotta di elettori, rispetto ad altre fonti di informazione. Ne ha scritto cose interessanti anche Matt Pearce (che già avevamo citato in quell’occasione) nella sua successiva newsletter, descrivendo un abbassamento dell’offerta e della domanda di giornalismo di qualità, ma soprattutto un aumento della domanda di “stronzate”, così definite:

“By “bullshit” I’m referring broadly to the kind of stuff — like social media commentary, podcast chat shows or ChatGPT summaries — that can contain factual information but often contains nonsense, in a context where there’s zero consequences for bullshitting to begin with and then bullshitting even more. Consumers hardly ever realize it, but they hold traditional news media to vastly higher standards of accurate and ethical behavior than practically every other information source they encounter, even when they’ve started relying on those other information sources instead of the news media. It’s good consumers hold journalism to high standards. The problem here is that the bar is getting lowered, not raised, for everything else”.

Dove l’alternativa, come si capisce, non è quindi tra “giornali” e “new media”, ma tra giornalismo e “stronzate”: contenitori e contenuti non corrispondono esattamente in queste due distinzioni.

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