domenica 9 Giugno 2024

British invasion

Il Washington Post è diventato in questi mesi il grande quotidiano internazionale più “attenzionato” – come dicono le questure – del mondo, per via di una storia sintetizzabile in: “grande e ammirato quotidiano americano, con una storia da cinema, viene salvato dal declino dal padrone di Amazon, risorge e torna protagonista per un breve periodo, ma poi va in nuova crisi economica e di lettori”. Quindi da alcuni mesi hanno fatto notizia gli sviluppi di questa crisi e le ipotesi su come sarà affrontata: la notizia di questa settimana però è la più grossa, si è dimessa la direttrice Sally Buzbee, di fatto spinta da un intervento energico dell’amministratore delegato Will Lewis su tutta la progettazione del giornale. Al posto di Buzbee il ruolo sarà tenuto fino alle elezioni presidenziali da Matt Murray, prima che si insedi il nuovo direttore Rob Winnett. Contemporaneamente Lewis ha comunicato – con considerazioni drastiche sullo stato economico del giornale e sulle necessità di rimediare – una nuova impostazione del giornale che preveda “una terza redazione” (accanto a quella delle news e a quella delle opinioni) dedicata a produrre contenuti più leggeri, di servizio, o che funzionino sui social network. E che sarà diretta da Murray.

Le storie e i commenti intorno a questa decisione sono tanti.
1. Giovedì il New York Times ha scritto – con maggiore sicurezza rispetto alle voci di cui scrivemmo due settimane fa – che le dimissioni di Buzbee abbiano avuto a che fare anche con la pubblicazione sul Washington Post di un articolo sul coinvolgimento di Lewis nelle nuove cause legali britanniche relative allo scandalo delle violazioni di privacy dei tabloid. Articolo alla cui pubblicazione Lewis si era detto contrario. E venerdì David Folkenflik ha scritto sul sito del network radiofonico NPR che Lewis gli aveva offerto qualche mese fa un’intervista in anteprima se avesse rinunciato a scrivere un articolo sulle vicende britanniche di Lewis stesso.
2. Molti osservatori, e persone della redazione stessa, hanno criticato la scelta di Lewis di promuovere due persone di sua fiducia – Murray e Winnett avevano lavorato con lui al Wall Street Journal e al Daily Telegraph – nei ruoli più importanti, invece che privilegiare capacità professionali, ricerche più estese, e il mantenimento di una diversità nei ruoli dirigenziali: Murray e Winnett sono maschi e bianchi.
Sabato Lewis ha scritto alla redazione con toni meno perentori e più costruttivi chiedendo fiducia e dicendosi disponibile a maggiori confronti e collaborazioni.
3. Sta crescendo la quota britannica nei ruoli maggiori delle grandi testate americane, e in particolare al Washington Post: Lewis è londinese ed è inglese anche Winnett, che finora era direttore del quotidiano di Londra Daily Telegraph. A capo di CNN c’è Mark Thompson, la direttrice del Wall Street Journal è Emma Tucker e quello di Bloomberg News è John Micklethwait, londinesi tutti e tre.
Sia l’articolo di NPR sopra citato che una serie di tweet di Emily Bell – giornalista britannica ed esperta analista del mondo dei media – hanno segnalato i rischi che certi sbrigativi approcci britannici all’etica giornalistica potrebbero portare nelle testate americane.

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