domenica 6 Marzo 2022
Le notizie e le analisi che citiamo qui intorno alle crisi delle economie giornalistiche si riferiscono naturalmente all’Italia, per prioritario interesse di noi che leggiamo in questa lingua, e molto ai paesi “dell’Occidente” a cui – per similitudini storiche, culturali, economiche – solitamente associamo e paragoniamo l’Italia: quello che succede in quei paesi è più interessante visto da qui, perché i contesti si somigliano. E ancora più in particolare sono interessanti il contesto americano e anche quello britannico in cui le sperimentazioni e i cambiamenti sono di solito più precoci.
Ma anche in paesi più “diversi” accadono cose peculiari notevoli e illuminanti, sia quando sono simili che quando sono diverse a quelle che vediamo qui. E in Giappone, ha raccontato un articolo del Post, ci sono sia quelle molto diverse che quelle molto simili.
“Con diversi anni di ritardo rispetto al resto del mondo, la crisi del business dei giornali è diventata attuale anche in Giappone, paese che continua ad avere i quotidiani con la più alta tiratura al mondo e un tasso di fedeltà dei lettori all’edizione cartacea molto alto. Yomiuri Shimbun e Asahi Shimbun restano i due quotidiani con maggiore diffusione al mondo con ampio distacco e nel 2021 le copie dei quotidiani vendute giornalmente erano oltre 33 milioni. I numeri e le proporzioni (319 copie ogni 1000 persone) sono ancora invidiabili: in Italia, che ha quasi la metà degli abitanti del Giappone, le vendite dei quotidiani certificate nel 2021 non arrivavano a 1 milione e 400 mila (circa 23 copie ogni 1000 persone).”
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