venerdì 20 Novembre 2020
Nei giorni scorsi si è molto parlato, tra i giornalisti e i collaboratori dei quotidiani, dell’abbandono di Repubblica da parte di Bernardo Valli, uno dei più stimati e importanti reporter e inviati italiani di sempre. Il Manifesto aveva riferito pubblicamente per primo di una lettera di Valli diretta a Repubblica, i cui contenuti sono stati interpretati da diversi siti di news a partire da alcune deduzioni (in alcuni casi inventando dei virgolettati di Valli): Valli ha comunque 90 anni, ma scriveva ancora sul giornale e sull’Espresso, e la decisione avrebbe potuto essere stata legata solo a questo.
Le deduzioni però non riguardano solo Valli ma più in generale un tema molto presente nelle discussioni recenti sul giornalismo italiano: ovvero dove stia andando Repubblica. È noto infatti il dissenso di Valli rispetto ad alcune posizioni (in particolare favorevoli all’attuale governo israeliano) assunte dal direttore di Repubblica Molinari, e si raccontano aneddoti di irriguardosi interventi del direttore su un articolo di Valli. Insomma, il suo abbandono – benché più discreto di quelli che lo hanno preceduto – è con buona certezza un altro pezzo della storia del progressivo stravolgimento recente di Repubblica (che domenica scorsa il fondatore Eugenio Scalfari ha provato a minimizzare scrivendo che quello che conta ora per Repubblica è avere un editore con le spalle economicamente larghe). L’ulteriore palese conferma della delicatezza del caso Valli è l’indifferenza con cui invece Repubblica – che lo aveva appena celebrato, un attimo prima che arrivasse il nuovo direttore – ha deciso di ignorare l’abbandono di uno dei giornalisti che l’hanno fatta e costruita come Valli. Indifferenza segnalata ieri da Adriano Sofri sul Foglio.
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