domenica 19 Giugno 2022
Le notizie per cui Facebook starebbe ritirando i suoi accordi che con varie scuse offrono grossi contributi economici ad alcune grosse aziende giornalistiche internazionali sono state molto discusse in queste settimane. Ne avete letto spesso qui, della questione, ma ci perdonerete se per chiarezza e per i nuovi arrivati facciamo un po’ un riassunto spiccio.
Da alcuni anni Facebook e Google propongono agli editori di giornali (soprattutto grandi, ma Google in misure più piccole anche a certi più piccoli) accordi che si risolvono sempre in “vi diamo dei soldi senza che voi dobbiate fare niente, o quasi niente”: la ragione è che si tratta di una scelta considerata – a seconda di chi ne parla – una via di mezzo tra “una manovra di pubbliche relazioni” e “una corruzione”. Google e Facebook hanno da un certo punto in poi temuto la capacità dei media di diffondere una narrazione (in parte fondata e in parte pretestuosa) per cui le piattaforme starebbero distruggendo la sostenibilità economica del giornalismo e la sua qualità: narrazione che è preoccupante sia per i suoi effetti sull’immagine delle piattaforme – indebolita da molte altre accuse in questi anni – sia per la capacità dei media di trasmetterla alle istituzioni legislative dei diversi paesi e ottenerne interventi contro le piattaforme stesse. Da qui la soluzione di andare dagli editori più grandi e potenti e offrire loro dei compensi che Google e Facebook potessero decidere e controllare, indebolendo così le campagne contro di loro.
La cosa ha funzionato solo in parte: è vero che gli editori più grandi sembrano avere attenuato le loro campagne sulla pretesa violazione del diritto d’autore, ma soltanto attenuato. E in diversi stati si sta diffondendo lo stesso la possibilità che nuove leggi costringano Google e Facebook a obbedire a nuove regole di compensazione economica per i giornali: è già successo in Australia, sta succedendo in Canada e Regno Unito, si fanno passi e se ne discute in altri paesi.
Intanto Facebook ha fatto alcune valutazioni da cui risulta che le news di fatto non gli servano: da una parte le risorse e l’attenzione si stanno spostando tutte verso il metaverso e verso la competizione con TikTok su contenuti di quel genere. Dall’altra i dati dicono che agli utenti di Facebook le news interessano molto meno. Il caso di Google è diverso perché i contenuti di informazione sono invece una parte più rilevante della sua offerta e del suo servizio. Così Facebook sta pensando di mollare i giornali, sia nella sua promozione dei loro contenuti attraverso i propri algoritmi, sia nei contributi economici.
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