domenica 13 Febbraio 2022
I fronti di contesa maggiori in tutto il mondo sono due, ricordiamo: uno è quello che riguarda l’uso dei contenuti dei siti di news da parte di Google sui suoi motori di ricerca e servizi; l’altro è quello dell’essersi Google impadronito (al pari di Facebook) di una quota prevalente degli investimenti pubblicitari, sottraendoli così alle aziende giornalistiche e alle loro concessionarie di pubblicità. E controllandone funzionamenti e meccanismi a proprio favore.
Sulla prima questione il combattimento è stato per ora risolto grazie alla scelta di Google di pagare i maggiori gruppi editoriali mondiali (ma anche molti minori) per la loro rinuncia a pretese maggiori: soprattutto attraverso il progetto Showcase.
La seconda questione ha a sua volta due fronti aperti: uno è quello generale del potere sproporzionato di Google nel convogliare verso di sé investimenti e ricavi, su cui gli editori in molti paesi stanno aprendo confronti legali in nome soprattutto di violazioni della concorrenza; l’altro è il coltello dalla parte del manico che Google ha nel controllo dei dati degli utenti attraverso il potere e la diffusione del suo browser Chrome, e delle tecnologie relative ai cookie che raccolgono quei dati. Su queste tecnologie Chrome sta introducendo limitazioni che spaventano molto i business online basati sulla pubblicità e anche molte aziende giornalistiche.
Nei giorni scorsi sono successe due cose nuove, aggregate insieme in questo articolo del sito PressGazette: un consorzio di editori di giornali europei ha annunciato di voler denunciare Google alla Commissione Europea per pratiche contro la libera concorrenza, e Google ha acconsentito a sottoporre all’approvazione dell’autorità britannica sulla concorrenza le novità che introdurrà sui cookie.
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