Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 15 Dicembre 2024
La newsletter Charlie questo mese arriverà ancora domenica prossima, 22 dicembre, per poi mettersi in vacanza due settimane e tornare il 12 gennaio per chi deciderà di riceverla ancora abbonandosi al Post (e per chi è già abbonato, naturalmente!).
domenica 15 Dicembre 2024
Il Post introduce un nuovo podcast quotidiano da lunedì, dedicato alle notizie del giorno: si chiama “Orazio” ed è scritto e condotto da Matteo Caccia, responsabile del progetto podcast del Post e autore e conduttore di un programma radiofonico su Radio24 .
” sarà un podcast che andrà in giro a cercare storie da raccontare, e da mettere insieme per guardare alle notizie di ogni giorno con una prospettiva diversa. O con tre prospettive diverse. Dipenderà dai giorni. Sarà un podcast che proverà a mettere in relazione cose lontane nello spazio o nel tempo, per provare a capire qualcosa di più di quello che sentiamo e leggiamo ogni giorno, e di cui spesso ci dimentichiamo il giorno dopo”.
domenica 15 Dicembre 2024
L’accordo per la vendita del settimanale Observer da parte dell’editore Guardian Media (che possiede soprattutto il quotidiano Guardian, di cui l’ Observer è una sorta di edizione domenicale) continua a ricevere critiche e proteste nel Regno Unito, soprattutto da parte di giornalisti ed ex giornalisti delle due testate. Sono state criticate soprattutto le comunicazioni dei responsabili del gruppo, apparentemente contraddittorie e lacunose rispetto alla ricerca di possibili alternative alla vendita alla società Tortoise Media. I giornalisti hanno scioperato di nuovo giovedì e venerdì.
domenica 15 Dicembre 2024
È stata annunciata la chiusura della testata Redattore Sociale, che come agenzia di stampa e sito web si occupava dal 2001 di argomenti legati all’impegno sociale e al volontariato, soprattutto. Redattore Sociale era stato creato dall’associazione non profit Comunità di Capodarco. Tutti i giornalisti e dipendenti saranno licenziati, e la redazione ha pubblicato un comunicato indignato.
“Redattore Sociale chiude senza aver tentato nessuna strada alternativa.
Da due anni, nonostante le sollecitazioni della redazione, l’editore non ha cercato nessun’altra soluzione per tenere in piedi un progetto che considerava ormai concluso. Poco importa che quel progetto in questi anni abbia raccontato per primo il disagio, economico e sociale, sempre crescenti nel nostro Paese. Che abbia dato voce agli emarginati, ai disoccupati, ai lavoratori poveri e a tutte quelle categorie di persone che, nella convinzione dei giornalisti di Redattore sociale, erano i primi a dover essere ascoltati, rilanciati e protetti.
Ecco, oggi i disoccupati siamo noi giornalisti di Redattore Sociale che, senza un lavoro, rischiamo di precipitare nelle stesse condizioni di disagio delle persone che abbiamo raccontato tante volte. Noi che ci troviamo a dover pagare le scelte di un editore che ci vede solo come un costo aziendale”.
domenica 15 Dicembre 2024
La trasmissione televisiva Report ha ricevuto due significative critiche giornalistiche in pochi giorni. Report, in onda da molti anni sulla Rai, gode di una grande popolarità ma nel tempo ha anche accumulato scetticismi e delusioni per i modi non sempre eticamente corretti di condurre le proprie inchieste e per l’impressione che queste siano guidate da tesi preconcette e costruite di conseguenza. Martedì il critico televisivo del Corriere della Sera Aldo Grasso ha criticato la puntata più recente in un articolo intitolato “Gli audio rubati di Report non sono giornalismo di inchiesta” (il titolo sul sito parla di “servizi spazzatura”).
“Non è la prima volta che «Report» di Sigfrido Ranucci (descritto molto vicino ai 5 stelle) s’incanaglisce con questi audio rubati («audio esclusivi venuti in possesso di Report!»), con queste interviste con la telecamera nascosta, con questi fastidiosi pedinamenti stradali, con questa spazzatura spacciata per giornalismo d’inchiesta (Rai3). Se mai «Report» azzeccasse qualche volta un servizio, verrebbe comunque macchiato per sempre da queste cialtronate”.
Il giorno prima era stata Guia Soncini, nella sua rubrica sul sito Linkiesta, a descrivere con altrettanto sprezzo le pratiche di Report .
“C’è un momento, nella parte di “Report” incredibilmente dedicata alla sangiulianeide, in cui appare l’avvocato di Sangiuliano. È un signore che secondo il sito del suo studio è iscritto all’Ordine degli avvocati da cinquantun anni, quindi qualcosina del mondo ha fatto in tempo a capirla. Eppure pensa di poter concedere un’intervista a “Report” come avesse a che fare con dei gentiluomini, di avere a che fare con dei giornalisti (cioè gente che ha chiaro il concetto di “off the record”), di non mettere in conto che ci sarà un’altra telecamera, nascosta in qualche zainetto, pronta a riprenderlo quando dice quel che non ritiene possa andare in onda.
Abbiamo un problema col giornalismo, con questo mestiere slabbrato in cui chi va in guerra viene definito con la stessa parola usata per chi intervista gli attori? Forse sì, forse questi bucanieri che scambiano la maleducazione per schienadrittismo sono il problema, e un ulteriore problema è la nostra pigrizia nel non trovare nuovo lessico per definirli”.
domenica 15 Dicembre 2024
Luca Sofri, peraltro direttore del Post, ha messo in fila una serie di riflessioni sul rapporto tra informazione e democrazia, a partire dalla decisione della Corte costituzionale romena di annullare le elezioni presidenziali ritenendole viziate da un eccesso di disinformazione.
domenica 15 Dicembre 2024
Il Corriere della Sera ha pubblicato martedì un’intervista di una pagina con la presidente della Fondazione Guido Carli: la fondazione investe spesso in inserzioni pubblicitarie sul Corriere della Sera stesso (ancora il mese scorso) e l’editore del Corriere Urbano Cairo fa parte della giuria che assegna il premio annuale della fondazione.
Sabato Repubblica ha pubblicato un articolo che celebrava un progetto del brand Cartier, brand che aveva comprato con una sua pubblicità l’ultima pagina del giornale, sempre sabato. Sempre su Repubblica il comune veneto di Cavallino Treporti – che ha acquistato una pagina pubblicitaria martedì – gode di una visibilità superiore alla media attraverso frequenti articoli.
domenica 15 Dicembre 2024
Una storia molto americana ha incuriosito il mondo dell’informazione di quel paese nelle scorse settimane: la notizia dell’acquisto del sito complottista e filotrumpiano Infowars da parte dello storico giornale satirico The Onion, riassunta così sul Post.
“Infowars era in vendita perché il suo proprietario e fondatore – Jones, appunto – aveva dichiarato bancarotta nel 2022 dopo che gli era stato ordinato di pagare quasi 1,5 miliardi di dollari di risarcimenti alle famiglie delle vittime della sparatoria alla scuola elementare Sandy Hook. Le famiglie lo avevano citato in giudizio per diffamazione dopo che Jones aveva per anni definito la sparatoria una bufala finalizzata a ridurre la circolazione delle armi da fuoco negli Stati Uniti, portando peraltro molte persone a minacciare e infastidire le famiglie delle vittime per anni. L’intenzione di The Onion è trasformare Infowars in un sito «molto divertente e molto scemo» con posizioni tendenzialmente progressiste, allontanandolo quindi molto dai suoi storici contenuti”.
Ma questa settimana un giudice ha annullato l’acquisto, sostenendo che l’asta non si sarebbe svolta nei modi più efficaci per ottenere la massima offerta possibile. Quindi si dovrà probabilmente rifare tutto.
domenica 15 Dicembre 2024
Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti italiano ha approvato un nuovo “codice deontologico” che sarà in vigore dal giugno 2025. Il codice deontologico è una lista di regole che dovrebbero essere accettate e condivise tra gli iscritti all’Ordine e tra chi esercita la professione giornalistica: ne esiste già uno in vigore dal 2016 ma l’Ordine ha ritenuto che dovesse essere aggiornato. Diciamo “regole che dovrebbero essere accettate” perché la loro violazione è oggi piuttosto frequente e abituale, e l’Ordine mette poco o nessun impegno nel farle rispettare.
Anche il nuovo codice ha preziose, benintenzionate e utili prescrizioni ma di cui sarà improbabile l’applicazione anche nelle maggiori testate. Per esempio le seguenti:
La/il giornalista esercita la sua attività in autonomia e indipendenza, pertanto rifiuta compensi, privilegi, favori e incarichi che possano condizionare la sua attività;
La/il giornalista rettifica, anche in assenza di specifica richiesta, con tempestività e appropriato rilievo, le informazioni che, dopo la loro diffusione, si siano rivelate inesatte o errate.
La/il giornalista assicura ai cittadini il diritto di ricevere un’informazione sempre distinta dal messaggio pubblicitario attraverso chiare indicazioni;
La/il giornalista: a) rispetta il diritto alla presunzione di non colpevolezza; b) in caso di assoluzione o proscioglimento, non appena informato, ne dà notizia con appropriato rilievo e adeguata tempestività; c) osserva la massima cautela nel diffondere nomi e immagini di persone accusate di reati minori o condannate a pene lievi, salvo i casi di particolare rilevanza sociale; d) si adopera affinché risultino chiare le differenze tra documentazione e rappresentazione, tra cronaca e commento, tra indagato, imputato e condannato, tra pubblico ministero e giudice, tra accusa e difesa, tra carattere non definitivo e definitivo dei provvedimenti giudiziari, inquadrandoli nell’evoluzione delle fasi procedimentali e dei gradi di giudizio; e) garantisce adeguato spazio alle parti coinvolte in inchieste giudiziarie e processi.
La/il giornalista verifica l’attendibilità e l’autorevolezza delle fonti prima di diffondere notizie su temi ambientali, scientifici e sanitari, evitando di suscitare timori o speranze infondate e correggendo le notizie rivelatesi non veritiere;
Le/i titolari di un trattamento pensionistico per attività giornalistica, a qualunque titolo maturato, non possono essere nuovamente impiegati dal medesimo datore di lavoro, anche con forme di lavoro autonomo, ed inserite/i nel ciclo produttivo in identiche condizioni e/o per l’espletamento delle stesse funzioni che svolgevano in virtù del precedente rapporto, neppure per il tramite di service esterni, fatta salva la fattispecie della prestazione occasionale.
La/il giornalista che si renda responsabile di violazioni del presente Codice è sottoposta/o a procedimento disciplinare. Il procedimento disciplinare è avviato d’ufficio oppure su segnalazione di qualsiasi persona fisica o giuridica.
domenica 15 Dicembre 2024
Al Washington Post le cose continuano a essere agitate, mentre si attende la nomina del nuovo direttore (dopo le dimissioni della precedente direttrice era stato annunciato un processo non immediato di ricerca del suo successore). Questa settimana si è dimessa Matea Gold, managing editor del giornale (qui la chiameremmo vicedirettrice o direttrice della redazione) che era data come una delle candidate alla direzione: lei invece andrà a lavorare nientemeno che per il New York Times, contraddicendo una consuetudine di fedeltà e concorrenza tra i due giornali e confermando come l’attaccamento al Washington Post sia stato indebolito dalle tensioni di questi mesi al giornale.
La scelta di Gold è stata accolta con grande frustrazione all’interno della redazione, frustrazione aumentata dalla decisione del direttore pro tempore di non darne notizia ai lettori: è infatti pratica nei giornali americani di informare sulle notizie che riguardano i giornali stessi, e di far sapere ai lettori se ci sono cambiamenti nel giornale che leggono. Ma questa volta la direzione ha appunto deciso che i giornali non devono parlare di se stessi, e ha rifiutato di pubblicare un articolo su Gold e sulla sua uscita: cosa che parte della redazione ha ritenuto un ulteriore sgarbo.
domenica 15 Dicembre 2024
Negli Stati Uniti continuano ad apparire nuove indulgenze e gentilezze (e contributi economici) nei confronti del presidente Trump da parte di editori e dirigenti dei media che ne erano stati un tempo maggiormente critici o meno ammiratori. Marc Benioff, proprietario del settimanale Time, ha celebrato la copertina sulla “Persona dell’anno” di cui abbiamo detto sopra definendo Trump “una grande promessa per l’America”; l’editore del Los Angeles Times Patrick Soon-Shiong prosegue la sua contestata strategia di riposizionamento del quotidiano verso posizioni meno progressiste; sia Meta che Amazon hanno annunciato un contributo di un milione di dollari al fondo per l’insediamento di Donald Trump.
domenica 15 Dicembre 2024
Il gruppo editoriale GEDI si è accordato per la vendita della Provincia Pavese, storico quotidiano di Pavia. La cessione della Provincia Pavese lascia a GEDI ancora soltanto la proprietà di un piccolo quotidiano locale di Ivrea, avvicinando al completamento la dismissione di tutto il patrimonio di testate cittadine costruito nell’ex gruppo Espresso prima della cessione alla famiglia Agnelli-Elkann e della trasformazione in GEDI. L’ultima cessione era stata quella del quotidiano genovese Secolo XIX.
Le trattative per la vendita della Provincia Pavese erano state rivelate all’inizio dell’anno, tra grandi preoccupazioni da parte della redazione. A comprare il giornale sarà la società SAE, costituita qualche anno fa proprio per acquistare alcune testate locali di GEDI: oggi possiede il Tirreno di Livorno, la Gazzetta di Modena, la Gazzetta di Reggio, la Nuova Ferrara e la Nuova Sardegna di Sassari. La sua gestione è stata piuttosto contestata in particolare al Tirreno e alla Gazzetta di Reggio.
domenica 15 Dicembre 2024
Due settimane fa il sito Business Insider aveva ricordato ai propri lettori le complicate condizioni finanziarie di BuzzFeed – uno dei maggiori successi dell’informazione digitale nello scorso decennio, da tempo in crisi – e un suo grosso debito che si avvicinava alla scadenza. Questa settimana BuzzFeed ha annunciato che venderà una sua proprietà di successo – la serie su YouTube “Hot Ones” – e questo le permetterà di affrontare il debito in questione.
domenica 15 Dicembre 2024
Sono stati pubblicati i dati ADS* di diffusione dei quotidiani nel mese di ottobre 2024.
Tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa.
Corriere della Sera 158.956 (-8%)
Repubblica 83.897 (-11%)
Stampa 58.976 (-15%)
Sole 24 Ore 51.100 (-8%)
Resto del Carlino 47.059 (-12%)
Messaggero 41.912 (-11%)
Gazzettino 31.381 (-10%)
Nazione 31.159 (-12%)
Dolomiten 27.277 (-5%)
Giornale 25.493 (-12%)
Fatto 25.476 (-39%)
Messaggero Veneto 22.491 (-11%)
Unione Sarda 21.032 (-9%)
Verità 19.889 (-14%)
Eco di Bergamo 19.808 (-12%)
Secolo XIX 19.155 (-11%)
Altri giornali nazionali:
Libero 17.677 (-11%)
Avvenire 14.293 (-6%)
Manifesto 13.071 (-1%)
ItaliaOggi 5.717 (-25%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).
Le tendenze somigliano a quelle dei mesi passati, e la perdita annuale media delle prime dieci testate è aumentata di uno 0,1% fino al 10,3%: la si può usare grossolanamente per valutare i risultati di ciascuna relativamente alle altre (più in generale, ricordiamo che naturalmente un declino annuo del 10% è una grossa crisi, ma una crisi nota e longeva). In questo senso il Corriere della Sera continua ad andare meglio di tutti tra le testate maggiori (assieme al Sole 24 Ore), ma questo mese ha il suo calo percentuale annuo più alto degli ultimi due anni, che si avvicina a quelli medi.
Continuano ad andare peggio della media i quotidiani del gruppo GEDI – Stampa e Repubblica – e quelli del gruppo Riffeser (Nazione e Resto del Carlino: il terzo, il Giorno, perde il 14%), mentre ricordiamo che è poco coerente il grande calo annuo del Fatto e lo sarà fino a fine anno, per via di una variazione del prezzo di copertina che ha escluso da questo conteggio – perché a prezzo troppo scontato – una quota degli abbonamenti digitali. Nel frattempo comunque il Giornale ha superato di poche copie il Fatto.
Se guardiamo i soli abbonamenti alle edizioni digitali – che dovrebbero essere “la direzione del futuro”, non essendolo ancora del presente – l’ordine delle testate è questo (sono qui esclusi gli abbonamenti venduti a meno del 30% del prezzo ufficiale, che per molte testate raggiungono numeri equivalenti o persino maggiori: il Corriere ne dichiara più di 47mila – avendone aggiunti più di 10mila negli ultimi quattro mesi – , il Sole 24 Ore più di 33mila, il Fatto più di 26mila, come detto sopra, Repubblica quasi 16mila). Tra parentesi gli abbonamenti guadagnati o persi questo mese, e poi la variazione percentuale rispetto a un anno fa.
Corriere della Sera 45.183 (-81) +4,9%
Sole 24 Ore 22.197 (+64) -1,3%
Repubblica 21.466 (-161) -6,7%
Manifesto 6.981 (-244) +8,3%
Stampa 6.680 (-74) -25%
Fatto 6.328 (+48) -67,9%
Gazzettino 5.651 (+68) -6,9%
Messaggero 5.387 (+59) -7,5%
I dati mensili sono molto alterni per ogni testata, crescono o calano ogni mese, suggerendo una grande volatilità degli abbonamenti di durata mensile, spesso comprati in prova e poi non confermati. Ma come si vede i progressi annuali non sono rassicuranti per nessuno salvo che per il Manifesto e per il Corriere della Sera (che però non compensa lontanamente le perdite delle copie cartacee). Il dato del Fatto, come già detto, è imparagonabile ancora per un paio di mesi.
Tornando alle vendite individuali complessive – carta e digitale – tra gli altri quotidiani locali le perdite maggiori rispetto a un anno fa sono questo mese della Sicilia (-16%) e del Piccolo di Trieste (-14%).
( Avvenire, Manifesto, Libero, Dolomiten e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti, i quali costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti)
*Come ogni mese, quelli che selezioniamo e aggreghiamo, tra le varie voci, sono i dati più significativi e più paragonabili, piuttosto che la generica “diffusione” totale: quindi escludiamo i dati sulle copie distribuite gratuitamente, su quelle vendute a un prezzo scontato oltre il 70% e su quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera). Il dato è così meno “dopato” e più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (anche se questi dati possono comunque comprendere le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte).
Quanto invece al risultato totale della “diffusione”, ricordiamo che è un dato (fornito anche questo dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di questi numeri di diversa natura dà delle cifre complessive di valore un po’ grossolano, e usate soprattutto come promozione presso gli inserzionisti pubblicitari, mostrate nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il sito Prima Comunicazione, e che trovate qui.
domenica 15 Dicembre 2024
Il settimanale americano Time ha annunciato come a ogni fine anno la sua scelta di “Persona dell’anno”: da molto tempo la rivista è in un declino di autorevolezza e rilevanza, ma questo rito le fa ricevere sempre molte attenzioni, come tutte le trovate di comunicazione basate su liste, classifiche, vittorie.
Con l’occasione, però, Time ha anche presentato un primo esperimento innovativo nell’uso dei software di “intelligenza artificiale” per offrire ai lettori online contenuti e servizi accessori al semplice articolo: “la nostra speranza è di ridefinire cosa significa interagire col giornalismo”, ha spiegato con una certa enfasi il chief operating officer di Time, Mark Howard. Il software associato alle pagine di Time permette di ottenere riassunti di varia misura dell’articolo, traduzioni in molte lingue e conversazioni scritte e audio con l’AI intorno agli argomenti dell’articolo.
domenica 15 Dicembre 2024
Il sito americano 404 Media, che si occupa di tecnologia e internet, ha pubblicato un articolo di uno dei suoi fondatori, Jason Koebler (404 Media è stato creato un anno fa da tre giornalisti provenienti dal sito Motherboard dopo la sua chiusura), dedicato a spiegare una pratica contemporanea dell’informazione giornalistica: la ricerca di informazioni negli account sui social network di improvvisi protagonisti dell’attualità fino ad allora sconosciuti. Koebler ne ha scritto a proposito dell’uomo accusato di avere ucciso un importante dirigente d’azienda a Manhattan due settimane fa.
“Il rituale è questo. Hai un nome. Cerchi di incrociare i dettagli diffusi dalle autorità con quello che trovi online. Hai individuato il “Luigi Mangione” giusto? Allora cominci a googlare e a fare degli screenshot dei suoi account prima che vengano cancellati. Aveva un account su Twitter? Su Instagram? Su Facebook? Su Substack? Aveva pubblicato qualcosa sulla tragedia/fatto? Quali erano i suoi hobby e opinioni? Chi seguiva? Cosa pubblicava? I suoi post corrispondevano all’idea di una persona che potesse fare una cosa come questa? Che posizioni politiche ha? È gay o etero o trans o religioso o ricco o povero? Sembra mentalmente sofferente? C’è un manifesto?
Poi cerchi di trovare qualcuno che lo conosceva? Puoi contattare la sua famiglia? I suoi amici? Un collega, o un ex collega? E qualcuno che andava con lui all’università e non lo sente da un decennio? Un vicino? Già qualcosa.
Poi arriva una ricerca di secondo livello basata su quello che hai trovato nella raccolta iniziale. Smetti di cercare il suo nome e cominci a cercare i nomi utente che hai trovato negli altri suoi account. Cerchi l’indirizzo di posta. Guardi il suo account su Goodreads. Che informazioni raccoglieva? Cosa ci dice di lui?
Poi scrivi un articolo. “Cosa sappiamo di [sparatore]”. O “[Sparatore] ascoltava podcast controversi”. O qualunque cosa. L’algoritmo di Google News lo mostra, oppure no. Viene promosso su Reddit, oppure no. Viene retwittato, oppure no. Il tuo caporedattore è contento, perché hai trovato qualcosa. Hai “fatto notizia”. Hai “arricchito la conversazione”.
Lunedì sera NBC News ha pubblicato un pezzo intitolato: “«Il massimo dell’ironia»: il presunto omicida giocava a un videogioco di killer, ricorda un amico”. L’articolo è su tutti i miei feed dei social, perché è rappresentativo del tipo di ricerca che ho descritto. È un articolo pessimo la cui ragione principale di esistere è il suo contenere uno scampolo di “nuove” “informazioni”, solo che in questo caso l'”informazione” è che Luigi Mangione ha giocato al videogioco Among Us quando era all’università.
L’articolo di Koebler prosegue spiegando che il gioco Among Us è stato scaricato da 500 milioni di persone e che soprattutto durante la pandemia è stato popolarissimo. E raccontando che lui stesso ha fatto questo tipo di ricerche su Mangione, salvo rendersi conto a un certo punto che questo tipo di ricerche finisce per raccogliere informazioni infinite di cui è difficile stabilire la rilevanza e l’utilità. “Mi sono chiesto cosa troverebbe online chi cercasse informazioni su di me”, scrive Koebler: cose che non si ricorda nemmeno di avere scritto, o di avere fatto, tantissime persone che lo hanno conosciuto pronte a citare impressioni passeggere, informazioni ed esperienze del tutto occasionali e fuorvianti nella comprensione di chi sia.
“E ho pensato, lasciamo perdere, è tutto una enorme distrazione. Ho sprecato la giornata e adesso ce l’ho con me stesso. La sola cosa che posso provare a scrivere è un meta-articolo su come tutti corrano a cercare qualunque cosa qualcuno abbia fatto online, e come questo sia spesso una cosa inutile”.
domenica 15 Dicembre 2024
Pochi giorni fa, intanto, i massimi rappresentanti delle categorie dei magistrati, avvocati e giornalisti milanesi avevano firmato un documento “in materia di informazione giudiziaria”, che stabilisce una serie di criteri – molto soggetti a interpretazione e adattamenti, inevitabilmente – per la diffusione e pubblicazione di documenti non coperti da segreto, e per richiederli al Tribunale e alla Procura di Milano.
“Il documento individua innanzitutto i criteri per la diffusione di informazioni sui procedimenti penali, sempre nel rispetto della presunzione di innocenza. L’interesse pubblico alla divulgazione è connesso alle esigenze del procedimento penale o alla particolare gravità del fatto reato. Casi emblematici sono la necessità di individuare gli autori del reato, la sussistenza di motivi di sicurezza, la prevenzione di turbative dell’ordine pubblico o di commissione di altri reati. Si enfatizza che tali comunicazioni devono essere imparziali, essenziali e sobrie. Non sono indicate, a meno che non sia necessario, le persone coinvolte, mentre l’indagato/imputato ha in diritto di non essere indicato come colpevole. La Procura può fornire chiarimenti alla stampa per correggere eventuali imprecisioni nelle notizie”.
domenica 15 Dicembre 2024
Il parlamento italiano ha approvato una nuova legge che limita la pubblicazione integrale di uno specifico tipo di documenti giudiziari quando le inchieste sono ancora in una fase iniziale. La ragione attribuita alle nuove norme è la difesa della privacy e della presunzione di innocenza delle persone, per limitare la frequente consuetudine da parte dei media di esporre con sproporzione le accuse e le informazioni private nei confronti di persone indagate, rispetto alla fondatezza delle accuse ancora da dimostrare.
Alcuni giornali e alcuni procuratori contestavano da tempo il progetto di legge, entrambi sostenendo che l’informazione sulle inchieste debba essere libera da limitazioni: ma è vero che in entrambi gli ambiti ci sono degli interessi in questo senso. Tra i giornali sono interessi commerciali: i documenti sulle inchieste generano attenzioni e visibilità e permettono di produrre contenuti attraenti con poco sforzo. Tra i magistrati sono interessi professionali, perché la pubblicazione delle accuse – tutte da dimostrare e in assenza delle ragioni delle difese – rafforza la loro credibilità.
Alcune delle proteste sono particolarmente fragili: limitazioni del genere di quelle introdotte erano già presenti pochi anni fa, e limitazioni anche maggiori sono presenti e condivise in diversi stati europei.
domenica 15 Dicembre 2024
Come raccontiamo sotto, la rivista americana Time ha presentato un esperimento di uso delle cosiddette “intelligenze artificiali” per aggiungere contenuti alle sue pagine web e per creare una nuova “esperienza interattiva”. L’esperimento non è stato descritto soltanto come uso delle AI, ma anche come tentativo di ripensare la forma dell’articolo di testo, che – malgrado oltre trent’anni di trasformazioni digitali di tutto – continua a essere il formato prevalente della produzione giornalistica.
Il precedente impegno proclamato in questo senso era stato quello del sito Semafor, che tuttora compone i suoi articoli secondo una specie di scaletta particolare, ma si tratta sempre di un testo con un inizio e una fine.
Il fatto è che l’articolo di testo continuo è assai tenace nelle nostre consuetudini o nelle sue efficacie, e i tentativi di proporre altri formati di informazione, anche online, finora hanno trovato spazio solo come video e podcast, ovvero quello che già avevano inventato la tv e la radio. E le proposte come quella di Time nascono dalla volontà di usare uno strumento nuovo ma non da una reale domanda del pubblico: ricordate che il nostro desiderio fosse di parlare o chattare con gli articoli, fino all’anno scorso?
A minacciare l’articolo oggi non è tanto un’abitudine nuova e inedita di informarsi ma la tendenza a informarsi meno e più superficialmente: la conoscenza della realtà da parte delle persone passa sempre di più per elementi minimi e atomizzati. Leggiamo i titoli, leggiamo le anteprime sui social network e su Google News, guardiamo video e “storie” di pochi secondi. Il dannato futuro del giornalismo passa anche da quello che i giornali decideranno di fare rispetto a questo: adeguarsi o opporre resistenza. Ognuna delle due scelte ha buone ragioni: e forse avrà senso seguirle tutte e due, se si vuole parlare a più persone possibile.
Fine di questo prologo.
domenica 8 Dicembre 2024
La newsletter Charlie questo mese arriverà ancora fino al 22 dicembre, per poi mettersi in vacanza due settimane e tornare il 12 gennaio per chi deciderà di riceverla ancora abbonandosi al Post (e per chi è già abbonato, naturalmente!)
domenica 8 Dicembre 2024
All’investimento in diverse pagine pubblicitarie sul Corriere della Sera da parte della società Urban Vision – l’ultima il giorno prima – è seguita un’ammirata intervista al suo amministratore delegato pubblicata sull’edizione di martedì del giornale (Urban Vision vende spazi di pubblicità nelle città, soprattutto su cantieri e ponteggi, moderne “affissioni”).
domenica 8 Dicembre 2024
Il Los Angeles Times è il secondo quotidiano “locale” degli Stati Uniti per diffusione, dopo il New York Post, e dichiara di avere circa mezzo milione di abbonati digitali. È poi il più grande giornale della costa Ovest, e quindi le sue vicende sono piuttosto rilevanti per il sistema dell’informazione tradizionale americana, malgrado sia un giornale poco presente al pubblico internazionale.
Adesso è in un periodo critico, in cui alle più condivise difficoltà di sostenibilità economica si sono aggiunte delle grosse tensioni generate dalle scelte del già discusso editore Patrick Soon-Shiong (parlammo di lui qui una prima volta tre anni fa) di spingere il giornale verso maggiori indulgenze nei confronti di Donald Trump e dei suoi elettori. Prima c’è stato un rifiuto di pubblicare un endorsement a favore di Kamala Harris (come avrebbe fatto pochi giorni dopo Jeff Bezos col Washington Post) e poi una serie di interventi assai espliciti e rivendicati per spostare le posizioni del Los Angeles Times. Questa settimana ha quindi lasciato, protestando, uno dei columnist (come gli americani chiamano gli autori di rubriche fisse, columns) più importanti del giornale, e la redazione si è indignata per il progetto dell’editore di affidare a un’intelligenza artificiale una valutazione del grado di “partigianeria” (bias) negli articoli del suo stesso giornale.
domenica 8 Dicembre 2024
La newsletter Mediastorm, curata da Lelio Simi, ha messo in una grafica i dati del sistema di rilevazione Audipress (che raccoglie dati sugli effettivi lettori dei quotidiani, rispetto ad ADS che si occupa del numero di copie diffuse) per valutare qual è la provenienza del giornale che le persone leggono (il dato più vistoso, prevedibilmente, è quello dei lettori della Gazzetta dello Sport che l’hanno “trovata in altro luogo”, si immagina al bar).
“Dopo l’infografica dello scorso mese con i dati di Audipress relativi alla provenienza delle copie dei lettori (pagate vs non pagate) nel giorno medio per il complesso di 48 testate quotidiane italiane, questo mese ho realizzato questa chart relativa alle prime 10 testate quotidiane per numero di lettori (nazionali, sportivi e locali) dove vengono visualizzate tutte le diverse voci rilevate Audipress in merito alla provenienza delle copie”.
domenica 8 Dicembre 2024
Il New York Times ha deciso un cambio di sede per due suoi giornalisti che ha implicazioni per l’Italia: il quotidiano più importante del mondo sposterà infatti dopo sette anni il suo corrispondente Jason Horowitz da Roma a Madrid, e farà arrivare a Roma da Tokyo Motoko Rich, 54 anni, che è al New York Times da vent’anni dopo essere stata al Financial Times e al Wall Street Journal.
domenica 8 Dicembre 2024
Una giornalista della Radio Svizzera Italiana è stata licenziata, e l’azienda sta venendo molto criticata perché l’ipotesi – diffusa dal sito Ticinonline – è che le sia stato contestato un tweet critico nei confronti della “destra” (dai toni assai misurati, peraltro).
“Il pensiero della destra (non solo in Italia) attecchisce perché non è elaborato. È semplice, è di pancia, fa credere alla gente di essere nel giusto e di non avere pregiudizi. Concima, insomma, l’ignoranza. Sta alle singole persone scegliere se evolvere, emanciparsi, oppure no”.
In assenza di spiegazioni da parte dell’azienda, un’altra ipotesi – non più accettabile – è stata fatta dal sindacalista Matteo Poretti e avrebbe a che fare con la denuncia di molestie da parte della giornalista licenziata, Paola Nurnberg.
La questione dell’autonomia dei giornalisti nell’esprimere opinioni sui propri account personali sui social network è stata assai discussa negli anni scorsi: da una parte ci sono legittime ragioni di espressione e di vita estranea al contesto del lavoro, dall’altra l’ineludibile relazione che il pubblico percepisce tra i giornalisti e le testate per cui lavorano.
domenica 8 Dicembre 2024
Domenica scorsa intorno alle 20 è arrivata nelle redazioni la notizia delle dimissioni dell’amministratore delegato dell’azienda automobilistica Stellantis: notizia importante sia per il rilievo dell’azienda sia per le complicate vicende commerciali, politiche e familiari che l’hanno riguardata in questo ultimo anno in particolare. Tutti i maggiori quotidiani le hanno infatti dedicato molto spazio nelle edizioni di lunedì, con un supplemento di lavoro serale nelle redazioni (anche se si può immaginare che nei quotidiani GEDI, appartenenti alla stessa società di Stellantis, la notizia sia arrivata più tempestivamente) che ha permesso a quasi tutte le testate nazionali di adattare le prime pagine. Ha fatto eccezione il quotidiano Domani, che chiude sempre molto presto la sera, dove la notizia mancava.
E ha fatto eccezione più vistosa, per una notizia così importante nel mondo dell’economia e delle imprese italiane, il principale quotidiano dedicato a questi settori, il Sole 24 Ore: che ha scelto di seguirla con completezza sul proprio sito da subito, domenica sera, ma non è intervenuto sull’edizione cartacea e neanche su quella digitale del quotidiano, i cui lettori – acquirenti in edicola o abbonati – non l’hanno trovata. Il Sole 24 Ore del lunedì, infatti, viene costruito durante la settimana precedente e chiuso già il venerdì sera, per ragioni di contenimento dei costi del lavoro nel weekend. A volte il giornale viene tenuto “aperto” ancora la domenica quando ci sono eventi importanti ma previsti. Intervenire invece domenica scorsa sull’edizione di carta – già stampata – avrebbe implicato sensibili costi di ristampa e di lavoro straordinario. E il giornale ha deciso – dando priorità alla copertura sul sito e sull’app – di non modificare nemmeno l’edizione digitale del quotidiano, che ha 55mila abbonati, intervento che avrebbe reso comunque necessaria la mobilitazione di una quota di lavoratori “poligrafici”, non avendo la redazione accesso autonomo all’impaginazione finale del giornale, per ragioni sia sindacali che di competenza tecnica.
domenica 8 Dicembre 2024
Il gruppo Guardian Media ha annunciato venerdì di essersi accordato con la società Tortoise per la vendita dell’ Observer. I giornalisti del Guardian e dell’ Observer avevano scioperato mercoledì e giovedì, come annunciato, comunicando che lo avrebbero fatto ancora per due giorni la settimana prossima, per protestare contro i progetti di vendita dello storico settimanale britannico che da quarant’anni è diventato l’edizione domenicale del quotidiano Guardian. Lo sciopero, come è consuetudine nel Regno Unito e anche negli Stati Uniti, non aveva impedito l’uscita del giornale, che aveva avvisato i lettori che le edizioni cartacee e online avrebbero potuto avere dei contenuti meno attuali e degli articoli non firmati.
Comunicando l’accordo, l’azienda editrice del Guardian ha annunciando un proprio ingresso con una quota in Tortoise, sostenendo che questo garantirà il mantenimento di un legame con il futuro dell’ Observer.
domenica 8 Dicembre 2024
Il combinato disposto tra la scadenza del contratto dell’attuale direttore Fabio Tamburini e il recente cambiamento della dirigenza di Confindustria – che del giornale è proprietaria – rendono prossimi dei probabili cambiamenti alla direzione del giornale e dell’azienda editrice. E quindi da qualche settimana stanno circolando voci e nomi (due mesi fa il Giornale aveva annunciato con certezza una nomina che si era rivelata senza fondamento). Questa settimana un articolo del Foglio ne ha messe in fila un altro po’ – inquadrandole in un presunto progetto di posizionamento più vicino all’attuale governo -, dall’ipotesi che il nuovo amministratore delegato sia Luigi Gubitosi, manager assai noto che fu anche direttore generale della Rai, a quella che il nuovo direttore sia Osvaldo De Paolini, 73enne vicedirettore del Giornale (già al Sole 24 Ore nel secolo scorso): “Con De Paolini arriverebbe, e sono tutte voci interne al Sole 24 Ore, Claudio Antonelli, della Verità. De Paolini è il collegamento tra Milano e Roma ed è stato per anni vicinissimo a Caltagirone, editore del Messaggero, l’imprenditore che per primo ha intercettato il fenomeno Meloni. Ci ha scommesso e oggi il governo si ricorda di quella scommessa”.
domenica 8 Dicembre 2024
A un evento organizzato dal New York Times, l’editore del Washington Post (e proprietario di Amazon) Jeff Bezos è tornato pubblicamente per la prima volta sul suo intervento per bloccare un endorsement a favore di Kamala Harris sul Washington Post, alla vigilia delle elezioni. Era stato un caso – e lo resterà a lungo – per l’improvvisa ingerenza di un editore che aveva finora lasciato completa autonomia al giornale, e per le catastrofiche conseguenze: si era parlato di 250mila abbonamenti cancellati, e c’erano state diffuse critiche e polemiche.
Bezos è stato in realtà costretto a parlarne da una domanda del suo intervistatore sul palco, mercoledì, e lo ha fatto evidentemente malvolentieri, rispondendo laconicamente e limitandosi a sostenere che la decisione fosse giusta e che le conseguenze negative fossero state previste: “non si possono fare scelte sbagliate solo perché si teme una brutta figura”.
domenica 8 Dicembre 2024
Il tribunale di Cagliari ha accolto le richieste dell’accusa e ha condannato in primo grado i maggiori imputati per il fallimento di Epolis, un’azienda editoriale fallita nel 2011 che aveva creato un ambizioso progetto di informazione con diverse testate locali in Sardegna. Il principale condannato è Nicola Grauso, imprenditore noto soprattutto per essere stato l’editore del quotidiano cagliaritano Unione Sarda nonché il creatore del precocissimo progetto digitale della testata negli anni Novanta del secolo scorso.
Il fallimento di Epolis aveva lasciato senza lavoro, e con sostanziosi arretrati non pagati, decine di giornalisti e di dipendenti dell’azienda.
“A otto anni dal rinvio a giudizio formalizzato dal Gup del Tribunale di Cagliari, Giovanni Massidda, si è chiuso il dibattimento nato da una delle inchieste per bancarotta più complesse mai fatte in Sardegna, sfociata in oltre quaranta capi di imputazione nei confronti di vari indagati accusati di aver provocato il fallimento della società Epolis e della concessionaria pubblicitaria Publiepolis.
Le altre condanne sono 4 anni per Sara Cipollini, 4 anni anche per Michela Veronica Crescenti, 3 anni e 9 mesi per Alessandro Valentino, 3 anni e mezzo per John Gaethe Visendi. Altri vari reati sono stati dichiarati prescritti o assolti nei confronti degli altri imputati Vincenzo Greco (estinta per morte del reo), Rosanna e Rosalba Chielli, Claudio Noziglia e Anna Abbatecola”.
domenica 8 Dicembre 2024
«Per il Cattolicesimo l’invidia è uno dei sette peccati capitali. Nel giornalismo è una virtù, per quanto raramente espressa»: inizia così l’introduzione alla “Jealousy List 2024” del settimanale Bloomberg Businessweek, spiegata come “gli articoli che abbiamo ammirato di più quest’anno” e che sono stati pubblicati da qualcun altro.
Il giornalismo non produce mai niente di originale, salvo quando inventa e allora non è più giornalismo: per sua definizione si occupa infatti di raccontare e descrivere la realtà che esiste, i fatti avvenuti, le ragioni che li spiegano. Cose che esistono. Lo fa attingendo ai fatti recenti ma ha anche sempre bisogno di riferirsi a tutto il lavoro venuto prima per descriverne il contesto, la storia, i precedenti, i dettagli: lavoro fatto di altro giornalismo o di indagini, ricostruzioni e analisi che producono informazione.
La consuetudine prevede che non tutto questo patrimonio di riferimenti e conoscenza sia sempre citato con le sue fonti, per ovvie ragioni di semplificazione e di chiarezza, e che la loro esistenza sia data per implicita. Mentre avviene in misure diverse, per norma o per correttezza, che i giornali citino esplicitamente il lavoro più recente o più unico di altre testate intorno agli argomenti di cui scrivono: spesso invece hanno ritrosie competitive, per suggerire un proprio inesistente primato o per più sbrigative ragioni.
Ma il lavoro giornalistico fatto da altre testate è ovviamente capace di grandi qualità e importanze, ed è quindi prezioso quando un giornale lo racconta e lo promuove come tale – ovvero come fatto da altre testate – offrendo ai propri lettori anche quel servizio. Per questo è ammirevole il consuntivo annuale di Businessweek, esposto spiritosamente – ma con fondatezza – come “lista dell’invidia” di decine e decine di articoli altrui: perché quell’invidia la trasforma in un servizio ai propri lettori, piuttosto che in un’omissione, oltre che in un rispettoso omaggio ai propri concorrenti e al loro lavoro migliore.
Fine di questo prologo.
domenica 1 Dicembre 2024
La rassegna stampa del Post, I giornali spiegati bene, che completa il lavoro di informazione di questa newsletter, sarà il prossimo weekend a Peccioli in Toscana, sia sabato che domenica, con Luca Sofri, Francesco Costa e Luca Misculin.
domenica 1 Dicembre 2024
La settimana scorsa i giornalisti dell’ agenzia di stampa Askanews hanno accettato un piano di prepensionamenti deciso dall’azienda per attenuare le proprie difficoltà economiche.
Askanews è un’agenzia di stampa italiana del gruppo A.Be.Te., di proprietà di Luigi Abete, imprenditore ed ex presidente di Confindustria e della Banca Nazionale del Lavoro (e che possiede anche la maggioranza del settimanale Internazionale). Come ogni agenzia di stampa, attraverso propri giornalisti e collaborazioni con altre agenzie di stampa all’estero (e con un piccolo giornale italo americano chiamato La voce di New York), Askanews trova e confeziona notizie, foto e video, fornendoli poi a pagamento ai suoi clienti, tra i quali ci sono il gruppo editoriale RCS, Mediaset, i quotidiani del gruppo Monrif e la rete delle ambasciate italiane all’estero. Askanews ha anche un sito accessibile su cui pubblica una piccola parte delle sue notizie.
Askanews nacque nel 2014 dalla fusione di due precedenti agenzie: ASCA (Agenzia di stampa cattolica associata), di proprietà di Abete dal 1986, e APCOM, che era stata fondata nel 2001 da Lucia Annunziata, ed era diventata una delle agenzie di stampa più importanti d’Italia tra il 2003 e il 2006, sotto la gestione del presidente di Telecom Marco Tronchetti Provera. Ma nel 2006, con il cambio della dirigenza e delle priorità di Telecom, cominciò il declino dell’agenzia, dovuto anche alla generale crisi dell’editoria giornalistica, alla perdita di ruolo delle agenzie di stampa e alla diminuzione dei contratti pubblici.
Le difficoltà continuarono anche dopo la vendita al gruppo A.Be.Te. e quando nel 2014 APCOM e ASCA furono unite in A skanews, con una redazione di un centinaio di giornalisti, seconda solo a quella di Ansa . Ma sin dai primi mesi dall’apertura della nuova agenzia, la proprietà usufruì spesso di ammortizzatori sociali per risparmiare sul lavoro giornalistico.
Le condizioni dei giornalisti di A skanews sono peggiorate ancora di più negli ultimi cinque anni. All’inizio del 2019 il gruppo A.Be.Te chiese al tribunale di Roma di avviare la procedura di concordato preventivo, che permette a una società che rischia il fallimento di sviluppare un piano di rientro dai debiti, mentre per un tempo determinato i creditori non possono presentare ingiunzioni di pagamento. Il regime concordatario iniziò per A skanews solo nel 2021, quando, dopo una lunga trattativa, l’azienda e il comitato di redazione si accordarono per evitare nuovi licenziamenti, ma con la conversione dei contratti di tutti i giornalisti in contratti part time. Una decina di dipendenti si è licenziata da allora.
In questi anni inoltre la sede dell’agenzia è stata spostata dal centro di Roma alla periferia della città, in un edificio che ha molti meno posti dei giornalisti ancora attivi in redazione. Per questo i giornalisti di A skanews raccontano di lavorare soprattutto da casa, con il proprio computer e la propria rete internet, e di aziendale hanno solo il telefono.
Nonostante la fine del concordato sia imminente, il gruppo A.Be.Te ha recentemente presentato un ulteriore piano per attenuare la propria crisi, che prevedeva 17 persone in meno, ma l’ha ritirato dopo uno sciopero della redazione. Una trattativa fra il Cdr e la proprietà – con forti tensioni – ha portato quindi al piano dei dieci prepensionamenti, dopo i quali i giornalisti di askanews diventeranno poco più di 50.
Il Cdr di A skanews si è detto molto preoccupato per il futuro dell’azienda, scrivendo in un comunicato che «questo piano di prepensionamenti è l’ultima chiamata per un’azienda che non ha saputo inventarsi nulla per sopravvivere e crescere e ora deve rivedere profondamente il suo modello di gestione per valorizzare finalmente il prodotto giornalistico».
domenica 1 Dicembre 2024
Sempre il Comitato di redazione di Repubblica è intervenuto con un comunicato pubblicato sul quotidiano contro quello che ha chiamato “un inqualificabile attacco al nostro giornale a causa di alcuni articoli da noi pubblicati e a lui sgraditi”, da parte del presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, che già in passato aveva espresso il suo disprezzo per il giornale.
A margine della questione e delle ragioni di Repubblica, è interessante anche la conclusione del comunicato, che con una contraddizione in termini sintetizza una frequente comunicazione retorica delle aziende giornalistiche (celebrata anche in un famoso film), quella di dirsi contro i poteri ma implicando di essere il più forte tra i poteri: “Lo abbiamo scritto più volte in questi anni: i potenti passano, il giornalismo resta”.
domenica 1 Dicembre 2024
La solita manciata di esempi di articoli dedicati agli inserzionisti pubblicitari sui due maggiori quotidiani italiani. Il brand di gioielli Van Cleef & Arpels ha ottenuto un articolo su Repubblica di sabato, dopo avere acquistato diverse pagine pubblicitarie nei giorni precedenti (le ultime del giornale, più costose). Era successa la stessa cosa sul Corriere della Sera la settimana prima.
Invece sul Corriere stesso l’azienda Fontana Milano 1915, che compra spesso pagine pubblicitarie sul giornale, ne ha acquistate ben quattro sull’edizione di venerdì e altrettante su quella di domenica, ed era stata celebrata in un articolo il sabato precedente. Mentre il CEO di Philip Morris Italia è stato intervistato sul Corriere di oggi, domenica, dopo che la sua azienda aveva acquistato una pagina di pubblicità sabato.
domenica 1 Dicembre 2024
In un incontro al Senato tra politici e grandi editori di giornali, giovedì, alcuni di questi hanno chiesto maggiore sostegno pubblico al business dei giornali in crisi e incentivi a maggiori concentrazioni nei grandi gruppi. Andrea Riffeser, presidente della federazione degli editori (e proprietario del gruppo che pubblica tra gli altri i quotidiani Nazione, Giorno e Resto del Carlino), ha chiesto – lo ha riferito un articolo del Corriere della Sera – di “rivedere i limiti di tiratura Agcom del 20% sulla concentrazione dei giornali”, riprendendo una proposta di Urbano Cairo, editore del Corriere della Sera stesso. Ovvero quella di consentire agli editori di possedere quote del mercato dell’informazione maggiori di quelle previste dall’attuale legge per garantire il pluralismo dell’informazione e proteggere il sistema democratico. Secondo Riffeser invece «se un gruppo editoriale arriva al 30-35% non muore mica la democrazia».
domenica 1 Dicembre 2024
Il garante per la privacy ha pubblicato una comunicazione allarmata sui rischi dell’accordo annunciato due mesi fa tra il gruppo GEDI e la società OpenAI che si occupa di intelligenza artificiale. Secondo il garante dare a OpenAI l’accesso e la libertà di utilizzo dei contenuti delle testate di GEDI (Repubblica e Stampa sono le due principali) – come GEDI intende fare in cambio di un compenso economico – “potrebbe verosimilmente violare le disposizioni di cui agli artt. 9, 10, 13, 14 e del Capo III del Regolamento”. GEDI ha risposto che i contenuti oggetto dell’accordo sono contenuti giornalistici pubblici e la loro cessione non implicherebbe ulteriori rivelazioni di dati sensibili.
La questione è un elemento di un dibattito internazionale che – tra molte sfumature – ha finora opposto due scelte diverse da parte delle aziende giornalistiche: quelle che hanno accolto le offerte economiche e di promozione da parte di OpenAI per cedere i propri contenuti e quelle che hanno scelto finora di opporsi, anche molto vivacemente (il New York Times ha una grossa causa in corso con OpenAI a proposito dell’utilizzo non autorizzato dei suoi contenuti).
domenica 1 Dicembre 2024
Per completare i resoconti che pubblichiamo ogni mese intorno ai dati di diffusione dei quotidiani italiani di carta, questa settimana ci occupiamo con maggiore attenzione dei quotidiani locali: ovvero quelli che hanno una distribuzione limitata al massimo a poche regioni. Tra questi ci sono casi molto diversi tra loro: testate locali ma di città molto grandi e assai più piccole, giornali che servono numeri diversi di province, o anche più regioni.
Ricordiamo che quello che consideriamo è il dato più significativo e più paragonabile, piuttosto che la generica “diffusione” totale: quindi escludiamo i dati sulle copie distribuite gratuitamente, su quelle vendute a un prezzo scontato oltre il 70% e su quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera). Il dato è così più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (anche se questi dati possono comunque comprendere le copie acquistate in offerta con altre testate con accordi specifici, e che ADS non indica come distinte).
Di seguito i primi venti giornali locali in Italia per diffusione media quotidiana a settembre, con la differenza rispetto a un anno prima tra parentesi:
Resto del Carlino (Bologna): 47.917 (-12,6%)
Messaggero (Roma): 43.031 (-10,5%)
Gazzettino (Venezia): 32.138 (-8,5%)
La Nazione (Firenze): 31.888 (-13,4%)
Dolomiten (Bolzano): 27.105 (-7,3%)
Messaggero Veneto (Udine): 22.934 (-10,9%)
Unione Sarda (Cagliari): 21.807 (-8,4%)
Eco di Bergamo: 19.703 (-10,9%)
Secolo XIX (Genova): 19.320 (-13,8%)
Giornale di Brescia: 18.397 (-8,9%)
Nuova Sardegna (Sassari): 17.605 (-9,6%)
Gazzetta di Parma: 16.712 (-6,7%)
Adige (Trento): 16.124 (-11,2%)
Tirreno (Livorno): 16.076 (-14,9%)
Mattino (Napoli): 15.882 (-5,9%)
Arena (Verona): 15.635 (-11,2%)
Giornale di Vicenza: 14.743 (-9,2%)
QN-Il Giorno (Milano): 14.163 (-12,7%)
Libertà (Piacenza): 12.883 (-5,1%)
Piccolo (Trieste): 10.552 (-15,8%)
Gazzetta di Mantova: 10.217 (-12,0%)
Il calo delle copie vendute dai quotidiani locali è aumentato rispetto ai mesi passati: la perdita annuale media delle prime dieci testate locali a giugno 2024 era del 7%, mentre a settembre è stata del 9,6%. E’ comunque un dato leggermente migliore di quello delle testate nazionali, la cui perdita annuale media è attorno al 10%.
Le perdite del Tirreno, quotidiano di Livorno, continuano a essere peggiori della media, ma sono migliorate rispetto ai mesi precedenti, mentre non si è visto nessun miglioramento nel drastico calo della Provincia, il giornale di Como, Lecco e Sondrio che questo mese ha registrato una perdita annuale media del 34,8%.
La Gazzetta del Mezzogiorno di Bari è l’unica testata locale a mostrare una crescita annuale (+15%), anche se in modo più contenuto rispetto al mese scorso. Nonostante la crisi che il quotidiano di Bari sta affrontando negli ultimi anni, il calo di vendite si è fermato a giugno, cioè da quando la Gazzetta del Mezzogiorno e la Gazzetta dello Sport sono vendute assieme al prezzo di una.
Si è fermata invece la crescita del Tempo di Roma, che questo mese ha perso quasi il 3% delle copie vendute rispetto all’anno scorso.
Se guardiamo i soli abbonamenti alle edizioni digitali, l’ordine delle prime dieci testate è questo (sono qui esclusi gli abbonamenti venduti a meno del 30% del prezzo ufficiale, che per alcune testate raggiungono numeri equivalenti o persino maggiori: l’ Eco di Bergamo ne dichiara quasi 6mila, mentre la Provincia più di 2mila). Anche per le testate locali i progressi sono molto limitati.
Tra parentesi gli abbonamenti guadagnati o persi questo mese.
Gazzettino: 5.583 (-43)
Il Messaggero: 5.328 (-132)
Adige: 4.175 (-342)
Dolomiten: 2.528 (-21)
Giornale di Brescia: 2.411 (-104)
Nuova Sardegna: 2.010 (-31)
Arena: 2.001 (+18)
Giornale di Vicenza: 1.918 (+9)
Messaggero Veneto: 1.889 (+11)
Secolo XIX: 1723 (+91)
Unione Sarda: 1.665 (-88)
Alto Adige: 1.558 (-3)
Dolomiten è il giornale che in Italia riceve più contributi pubblici diretti, i quali costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti.
Nel caso dei giornali locali però, gli abbonamenti digitali rappresentano – con la sola eccezione dell’ Adige – una percentuale molto più piccola delle copie vendute rispetto ai giornali nazionali. Per esempio gli abbonamenti digitali del Gazzettino, il giornale locale con il maggior numero di abbonamenti, rappresentano il 17% di tutte le copie vendute, mentre per il Corriere della sera questa percentuale sale quasi fino al 28%.
domenica 1 Dicembre 2024
Oliver Darcy, ex giornalista di CNN che prima dell’estate ha creato una propria newsletter sui media molto seguita nelle redazioni statunitensi, ha raccontato una sua conversazione telefonica con l’editore del Los Angeles Times, Patrick Soon-Shiong. Soon-Shiong era stato molto criticato alla fine di ottobre per la sua decisione di non pubblicare un endorsement del giornale a favore di Kamala Harris, prima che una simile decisione presa dall’editore del Washington Post mettesse la sua in secondo piano. In entrambi i casi le critiche hanno alluso a un’intenzione degli editori di attenuare l’aggressività polemica dei loro giornali nei confronti di Donald Trump, e Darcy ha chiamato Soon-Shiong per chiedergli conto di un’altra scelta che sembra andare in questo senso, ovvero l’ipotesi di promuovere nella redazione che cura gli editoriali del Los Angeles Times Scott Jennings, un discusso sostenitore di Donald Trump, di comprovata faziosità e accusato da Darcy di “disonestà”. Ma dopo una conversazione animata tra Darcy e Soon-Shiong, rivelatrice di un’insofferenza di quest’ultimo per le critiche suddette, la telefonata è stata chiusa bruscamente e con irritazione.
domenica 1 Dicembre 2024
Due settimane fa abbiamo riferito che l’editore SAE aveva deciso di trasferire a Sassari 35 poligrafici del quotidiano il Tirreno, per ragioni di riduzioni dei costi (SAE possiede a Sassari un altro quotidiano, La Nuova Sardegna). I poligrafici sono una categoria che ha subito molto la crisi del settore giornalistico, ma il loro lavoro è raramente spiegato nelle notizie che li riguardano. E oggi più che una professione precisa è una forma contrattuale che viene assegnata a ruoli anche molto diversi tra loro all’interno dei giornali.
Prima del digitale erano inquadrati con un un contratto da poligrafico tutti coloro che non svolgevano un’attività giornalistica all’interno della redazione. I poligrafici però erano soprattutto coloro che permettevano di “tradurre in piombo” il giornale, cioè di impaginarlo e farlo stampare, stabilendo la disposizione dei testi, delle foto e dei titoli su ogni pagina: si trattava di un lavoro che richiedeva delle precise conoscenze tecniche. Ma con l’introduzione delle banche dati fotografiche e dei software di impaginazione digitale le redazioni sono diventate più autonome.
Oggi i poligrafici svolgono compiti diversi tra loro e anche variabili a seconda dei giornali. In alcune redazioni sono inquadrati con contratti da poligrafici i dipendenti che lavorano nell’ufficio di diffusione, dove è gestita la distribuzione dei giornali, mentre altri sono impiegati amministrativi o che lavorano in segreteria di redazione. Altri ancora lavorano nell’area di preparazione del giornale, dove i poligrafici svolgono il lavoro che è loro più tradizionalmente associato: si occupano di elaborare graficamente gli articoli dei giornalisti, disporre le immagini, i titoli, le didascalie e le pubblicità, preparare il “timone” – cioè la scansione delle pagine del giornale – e inviare al centro stampa il PDF del quotidiano quando è pronto. I poligrafici che lavorano in una redazione spesso si occupano di più giornali del medesimo gruppo editoriale: per esempio, i poligrafici protagonisti ora delle notizie sul Tirreno sono quelli che si occupano anche della Nuova Ferrara, della Gazzetta di Modena e della Gazzetta di Reggio .
In altre redazioni invece si richiede ai poligrafici di svolgere mansioni aggiuntive che a volte si avvicinano molto al lavoro e alle competenze giornalistiche, come la creazione di infografiche o il lavoro di ricerca e documentazione al servizio dei giornalisti, oppure più pratiche come il trasferimento dei contenuti dal giornale cartaceo al sito web, la gestione dei necrologi o persino il servizio al centralino. In alcuni casi queste mansioni sono state assegnate con la perdita di importanza di quelle più tradizionali di alcuni dipendenti, per riconvertirli.
A volte i poligrafici lavorano fuori dalle redazioni, nei centri stampa predisposti dai grandi gruppi editoriali per preparare graficamente e stampare tutte le proprie testate.
Oltre alle nuove tecnologie che hanno reso necessario un numero sempre minore di poligrafici, la quasi scomparsa del ruolo originario è dovuto anche al suo alto costo contrattuale, dato che per decenni i poligrafici sono stati una categoria molto sindacalizzata e decisiva, che ha ottenuto quindi contratti più vantaggiosi rispetto ai grafici (che nelle redazioni oggi svolgono mansioni molto simili). Per questo oggi nei giornali si tende a inquadrare piuttosto con un contratto da grafico chi abbia quelle competenze e funzioni.
domenica 1 Dicembre 2024
GEDI vorrebbe chiudere l’edizione locale di Repubblica di Parma, che è un’edizione solo online creata nel 2008 e che oggi è gestita da un giornalista con alcuni collaboratori. Il progetto ebbe due aspetti importanti, uno locale e uno generale: il primo fu di mettersi in competizione con il tradizionale quotidiano cittadino, la Gazzetta di Parma, che esiste da tre secoli, è controllata dall’Unione degli industriali locale e ha posizioni più conservatrici; il secondo fu di andare in una direzione rara per le grandi aziende giornalistiche italiane, ovvero di privilegiare il web rispetto alla carta.
Il progetto di chiusura è stato contestato dal Comitato di redazione di Repubblica – che ha alluso ai buoni risultati di progetti locali da parte del network Citynews e in scala minore del Corriere della Sera – e anche dal sindaco di Parma.
“Care colleghe e cari colleghi,
nei giorni scorsi in un incontro con azienda e direzione è stata paventata la chiusura della redazione di Repubblica Parma e il mancato rinnovo contrattuale del collega Francesco Nani, che vi lavora dal 2008 – cioè da quando è stata aperta – e che oggi è responsabile della pagina online.
Nel motivare questa ipotesi, da parte del management si è sconfessata la ratio della creazione della pagina stessa. Fatto decisamente curioso, se si pensa che in Italia esistono invece esperimenti di successo legati al network di siti di notizie locali; e se si pensa che il nostro principale concorrente sembra perseguire una logica opposta, con l’apertura di pagine dedicate alla cronaca da città minori.
I dati della raccolta pubblicitaria su Parma, per quanto ci consta, ammontano ad una cifra che ripaga i costi di gestione della pagina, che oltre a Nani si avvale della collaborazione di un fotografo a partita Iva e due collaboratrici che si dividono 600 euro lordi al mese.
La nostra preoccupazione è che una logica aziendale legata soltanto al contenimento dei costi colpisca oggi Parma e domani altri settori del giornale senza tenere conto dell’importanza e del valore dell’informazione di qualità, diffusa e radicata sul territorio. Come sottoscritto nell’ultimo piano di riorganizzazione siglato con azienda e direzione, le redazioni locali “rappresentano parte rilevante dell’identità di Repubblica e della sua vocazione di unico vero grande quotidiano diffuso sull’intero territorio nazionale”.
Nel 2017 la nostra redazione, con il Cdr di allora, pretese e ottenne il mantenimento in vita di Repubblica Parma e crediamo sia necessario anche stavolta far sentire la nostra voce. Ci viene chiesto un impegno giornalistico che spesso va al di là del normale orario di lavoro, e nessuno si è mai tirato indietro. Ci sono stati chiesti sacrifici collettivi come redazione, non ultimo il nuovo ed ennesimo piano di prepensionamenti, e anche in questo caso abbiamo risposto con il consueto senso di responsabilità e attaccamento alla nostra comunità.
Continuiamo quindi a chiedere un rilancio di Repubblica, sulle varie piattaforme, e degli investimenti seri, concreti, per fare e offrire più giornalismo di qualità, non di meno. La strada dei tagli e delle dismissioni finora perseguita, lo dimostrano i fatti, rischia di essere senza ritorno.
Ci auguriamo che anche la direzione da poco insediata si mostri attenta a questa sollecitazione, certi che già in partenza non voglia né possa avallare una scelta che anche all’esterno darebbe inequivocabilmente un messaggio negativo.
Buon lavoro
Il Cdr”
domenica 1 Dicembre 2024
Haaretz è un quotidiano israeliano con una storia e un ruolo unico, dentro a un paese già unico. Non è il giornale più letto nel paese, ma è quello con maggiore autorevolezza internazionale e nella sua storia ha sempre sostenuto posizioni progressiste e favorevoli a ipotesi di accordi con la popolazione palestinese e i suoi rappresentanti, pur difendendo sempre con fermezza l’esistenza di Israele e la sicurezza dei suoi abitanti. Nel contesto di quello che è successo nell’ultimo anno Haaretz si è opposto sempre più aggressivamente alle scelte del governo Netanyahu e la settimana scorsa il governo ha deciso ritorsioni commerciali contro il giornale. Un articolo del Post ha raccontato sabato sia Haaretz che il confronto attuale.
“Haaretz è stato l’unico importante giornale israeliano a raccontare gli effetti della guerra, le sofferenze dei civili e i crimini dell’esercito israeliano. Per questo da mesi è l’oggetto di una campagna di denigrazione e di attacchi da parte del governo del primo ministro Benjamin Netanyahu, di estrema destra, che negli scorsi giorni si è concretizzata in sanzioni dirette”.
domenica 1 Dicembre 2024
È piuttosto illuminante, rispetto alla lentezza del sistema dei giornali tradizionali italiani nell’adeguarsi ai cambiamenti ormai avvenuti e stabilizzati in molti altri paesi, che il capo degli editori italiani abbia detto questa settimana, siamo a novembre del 2024, che serve “avviare una transizione tra carta e digitale”.
In un contesto assai conservatore e ostile all’innovazione come è quello italiano in ogni settore, l’approccio delle grandi testate giornalistiche è stato per molti anni – e in buona parte è ancora – di considerare le proprie versioni online non come uno spazio nuovo e preminente dove trasferire e promuovere il proprio lavoro giornalistico ma come dei contenitori di ammassi di articoli sbrigativi e di informazioni più frivole e volatili destinate a un pubblico immaginato di bocca assai buona. E l’idea che la carta sia la destinazione più auspicabile del lavoro giornalistico rispetto al web continua a sopravvivere in molte redazioni e in molte teste.
Il risultato è stato da una parte l’alimentazione di un circolo vizioso per cui il pubblico dei siti web è stato abituato a una produzione di più bassa qualità, a linguaggi scandalistici e infantili, e a priorità di informazione assai distanti dai nobili obiettivi che il giornalismo proclama di avere. E dall’altra che quello scadimento di linguaggi e priorità ha finito per traboccare all’indietro nei giornali di carta, che ne sono stati contagiati, decidendo di adeguarsi e adottarli loro stessi. Un caso palese ed esemplare è questo titolo su un grande quotidiano, venerdì, costruito con la più tipica formulazione da clickbait (attirare la curiosità ed enfatizzare la notizia – “choc” -, ma omettendo di darla) anche in un contesto come un giornale di carta in cui non c’è niente da cliccare.
Fine di questo prologo.
domenica 24 Novembre 2024
La settimana scorsa abbiamo erroneamente attribuito la direzione del sito Lettera43 a Paolo Madron, che invece l’ha lasciata cinque mesi fa a Francesca Buonfiglioli, rimanendo editore della testata.
domenica 24 Novembre 2024
Il giornalista del Sole 24 Ore Simone Filippetti ha pubblicato il mese scorso sul suo blog una ricostruzione molto critica delle vicende finanziarie e societarie della rivista Millionaire, un mensile economico che ebbe un periodo di protagonismo e visibilità alla fine del secolo scorso, nel contesto dei successi della cultura legata ai risultati di borsa e alle carriere da “Wall Street”. L’attuale editore ha risposto contestando gran parte dell’articolo.
domenica 24 Novembre 2024
Chi visita le città degli Stati Uniti ha presenti i distributori di giornali tipici del peculiare sistema di acquisto dei quotidiani di carta in quel paese, che è sempre stato affidato in gran parte agli abbonamenti e in parte al ritiro presso i suddetti apparecchi, con una limitatissima presenza di rivendite dei giornali (o di edicole) rispetto alle consuetudini italiane. Con la crisi di diffusione dei giornali di carta, anche i distributori posizionati sui marciapiedi sono da tempo in declino, e l’amministrazione di New York ha approvato di semplificare i tempi della loro rimozione quando diventano inutilizzati e danneggiati.
domenica 24 Novembre 2024
Nella sua rubrica sul quotidiano Repubblica lo scrittore Michele Serra commenta spesso polemicamente alcune derive dei giornali italiani, riferendosi a volte implicitamente anche a Repubblica stessa. È successo di nuovo oggi, con una critica nei confronti dell’eccessiva attenzione alle sciocchezze passeggere che vengono pubblicate sui social network, e in particolare a un post su Instagram a cui diversi giornali – tra cui Repubblica – avevano dedicato articoli nei giorni precedenti.
“Possibile che un post scioccherello, invece di scomparire tra milioni di suoi simili, sollevi addirittura un dibattito, con intervento dei partiti e rimbalzo immediato nei siti dei giornali nazionali?
Più in generale: la costante promozione a “caso”, sui media, della ciancia social, è oramai irreversibile o si può fare ancora qualcosa per evitare che ogni scortesia o fesseria o grossolanità, di destra e di sinistra, diventi immeritatamente un titolo di giornale?”.
domenica 24 Novembre 2024
Un paio dei quotidiani esempi di sovrapposizioni tra contenuti “redazionali” e pubblicitari sul Corriere della Sera in questi ultimi giorni: l’azienda di gioielli Van Cleef & Arpels ha comprato una pagina pubblicitaria venerdì e ottenuto un articolo di una pagina sabato. La Fondazione Guido Carli promuove i suoi convegni con frequenti inserzioni a pagamento, come giovedì, e riceve frequentemente, come sabato, articoli sui convegni suddetti.
domenica 24 Novembre 2024
Jennifer Rubin, opinionista del Washington Post, ha scritto una celebrazione di ProPublica, autorevole e ormai longevo sito famoso soprattutto per le sue inchieste giornalistiche, per i suoi reportage sul campo e per la sua natura di non profit. Secondo Rubin ProPublica è un esempio di conservazione delle priorità del giornalismo tradizionale capace di garantirsi il sostegno dei lettori attraverso un abbonamento.
A margine, è interessante – visto da qui – come il Washington Post ospiti un articolo di commento che è un elogio delle qualità di una testata concorrente e un auspicio che siano imitate.
“Posso solo sperare, per il bene della nostra democrazia, che ProPublica crei delle emulazioni e generi competizione che sproni le aziende for-profit a diventare una migliore versione di sé stesse”.
domenica 24 Novembre 2024
I giornalisti dell’agenzia di stampa Askanews hanno approvato un piano di prepensionamenti deciso dall’azienda per attenuare la propria crisi, ma con un comunicato molto severo nei confronti della gestione economica ed editoriale:
“L’assemblea dei giornalisti di Askanews approva con senso di responsabilità l’accordo sui prepensionamenti, in quanto fondamentale per evitare, ancora una volta, il dissesto dell’azienda. Tuttavia denuncia la totale assenza di garanzie e impegni per il futuro da parte aziendale, a fronte di un ennesimo consistente sacrificio della redazione.
I giornalisti di Askanews da 12 anni non lavorano a stipendio pieno e negli ultimi quattro anni di procedura concordataria hanno tenuto in piedi l’azienda e contribuito a rimborsare i creditori, a differenza delle altre articolazioni aziendali, riducendosi volontariamente i salari con un part-time generalizzato. Nel frattempo, le condizioni di lavoro sono peggiorate, nell’assenza totale di investimenti, con sedi e dotazioni informatiche inadeguate.
Parallelamente, e pur in presenza di concordato, sono cresciute fortemente le spese aziendali per consulenze e partite Iva, mentre tra i redattori, ormai da anni, compaiono figure che non ci risulta abbiano mai lavorato un giorno per Askanews.
L’azienda continua a non assumersi alcun impegno a contenere l’aumento delle spese, nonostante la redazione abbia scioperato contro il progetto di pesantissimi tagli al costo del lavoro giornalistico che era stato avanzato come unica soluzione per rimettere in sesto in bilancio aziendale. Solo grazie alla protesta dei giornalisti e all’intervento deciso del Governo il disegno aziendale è stato ridimensionato alla portata attuale.
Questo piano di prepensionamenti è l’ultima chiamata per un’azienda che non ha saputo inventarsi nulla per sopravvivere e crescere e ora deve rivedere profondamente il suo modello di gestione per valorizzare finalmente il prodotto giornalistico.
Tuteleremo con ogni mezzo il nostro lavoro e la nostra professionalità. A cominciare dalla conferma dello stato di agitazione già proclamato”.