La Fase Due del post-Charlie Hebdo
Che cosa rispondere a un uomo che vi dice che preferisce obbedire a Dio che agli uomini, e che, di conseguenza, è sicuro di meritare il cielo scannandovi? Sono di solito gli imbroglioni a guidare i fanatici e a mettere il pugnale nelle loro mani.
Il fanatismo sta alla superstizione come il delirio sta alla febbre e come la rabbia sta alla collera. La religione, lungi dall’essere un cibo salutare per i fanatici, si trasforma in un veleno per i loro cervelli.
Una volta che il fanatismo ha incancrenito un cervello, la malattia è quasi incurabile.
I mussulmani accusano di superstizione tutte le società cristiane, e ne sono accusati. Chi giudicherà questo grande processo? Sarà la ragione? Ma ogni setta pretende d’avere la ragione dalla propria parte. Sarà dunque la forza che deciderà, in attesa che la ragione penetri in un numero abbastanza grande di teste da disarmare la forza.
Non c’è altro rimedio a questa malattia epidemica che lo spirito filosofico, il quale, diffuso di luogo in luogo, finirà con l’addolcire i costumi degli uomini, e col prevenire gli accessi del male.
Questi cinque paragrafi sono opera di Voltaire, e sono tratti dal suo Dizionario Filosofico.
Mi sembra giusto attingere dal faro dell’Illuminismo per capire cosa ne avrebbe scritto oggi, nel suo status update di Facebook, visto che è stata Parigi, capitale dell’Illuminismo, e un valore illuminista come la libertà d’espressione, e di offesa, ad essere stati il bersaglio simbolico degli assassinii presso la redazione di Charlie Hebdo.
La conclusione del grande filosofo è che la conoscenza porta la serenità che la passione superstiziosa non può fornire all’uomo. E soprattutto che le regole di una società che si basa sulla ragione portano a meno violenza.
Su questo punto però, gli risponderebbe oggi Noam Chomsky elencando alcuni dati. È vero, dice Chomsky, che la peggior strage su suolo europeo in tempi recenti è stata condotta da un fanatico religioso: non un mussulmano, però, ma un cristiano estremista ultra-sionista islamofobo, quell’Andreas Breivik che nel luglio di 4 anni fa massacrò 77 persone, di cui gran parte adolescenti.
Ma per quanto riguarda il massacro di giornalisti in Occidente, dice Chomsky, bisogna andare a cercare tra grandi democrazie figlie dell’Illuminismo e rappresentate dai paesi Nato, compresi gli Stati Uniti, che il 24 aprile del 1999 ordinarono un attacco missilistico per massacrare 16 giornalisti della redazione della TV di Stato serba (RTV). Faceva parte, dissero i portavoce Nato, e fecero eco i giornalisti occidentali, dello sforzo bellico per eliminare il presidente Slobodan Milosevic. “La TV serba,” dichiarò un portavoce del Pentagono, “è parte della macchina assassina di Slobodan Milosevic tanto quanto il suo esercito.” Nessuno, in quel caso, sottolinea Chomsky, indossò o sventagliò scritte che dicevano: “Siamo la RTV.”
Memoria selettiva. Due pesi e due misure, forse. Fatto sta che siamo entrati in quella che Anand Giridharadas sul New York Times definisce la Fase Due del post-Charlie Hebdo. Nella Prima Fase l’Occidente ha scoperto un senso di unitarietà, rappresentata da quell’unica immagine, quel “Je Suis Charlie Hebdo.” Il narcisismo individualista social delle fotine sorridenti o ammiccanti si è riposato per qualche giorno, sostituito dal simbolo unificante di quel cartello nero. Si è capito qual era il valore occidentale che Loro odiavano di più, e ci si è barricati di fronte a quel valore, a difenderlo senza se e senza ma.
Ma solo dopo pochi giorni sono cominciate le prime crepe, scrive Giridharadas, non tutti erano d’accordo con l’idea di pubblicare quelle vignette di nuovo, alcuni davano la colpa al fattore economico, alla povertà dei banlieu, Slavoj Zizek teorizzava che gli assassini odiavano se stessi, giudicavano se stessi con una mente Occidentale e per questo hanno deciso di scatenare il caos. E intanto Papa Francesco si metteva a parlare di mamme e di pugilato. Così, piano piano, questo fronte comune si sfaldava.
Ma non è proprio questo ciò che ci contraddistingue? Non è questo che fa di Noi, Noi, e di Loro, Loro? Ovvero, questa monolitica difesa di un’unica idea è esattamente quello che fa di un fanatico un fanatico, e di una religione un Potere, come ci ricorda appunto Voltaire parlando dei grandi Vecchi della montagna che manipolano i fanatismi a loro vantaggio.
Lo spirito dell’Illuminismo fa sì che esista la possibilità di convivenza di idee contrapposte. È quello che ricorda anche Ian McEwan in un post su Facebook, dove scrive che la libertà che consente a Charlie Hebdo di pubblicare quel che vuole è la stessa che garantisce libertà di culto ai musulmani in Francia. La libertà d’espressione, dice lo scrittore inglese, è ciò che protegge la religione, non il suo nemico. Il prezzo da pagare è che bisogna convivere con la libertà di critica, di offesa satirica. Fa parte del conteso Occidentale. Mentre a Riyadh, ci ricorda McEwan, se ti scoprono con una Bibbia in valigia rischi la pena di morte.
Sarà solo una questione di ignoranza, come sostiene Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere? Sarà perché davvero c’è più analfabetismo, meno studio della scienza e della filosofia, nel mondo arabo? Gli risponde, in questo gioco di botte e risposte immaginari sulla più importante questione intellettuale del momento, l’ayatollah Khamenei che scrive una lettera aperta ai giovani occidentali (evitando di indirizzarsi agli adulti) e invitandoli a leggere il Corano. Siete voi, sottintende, ad essere ignoranti di quel che noi siamo e di ciò in cui crediamo. Non arrivate a conclusioni affrettate, non fidatevi dei media, dice l’Ayatollah, non giudicate, leggete il nostro libro sacro. E chissà perché una notizia così interessante, e comunque una notizia come la lettera di un ayatollah ai giovani europei, in Italia è stata ripresa brevemente solo da un quotidiano, da un blog e da “La voce della Russia” e “radio Cina internazionale”…
Dopo circa mezz’ora, ci ricorda il genio sardonico di E.M. Cioran, non è possibile osservare la disperazione altrui senza impazienza. Ed è così che dalla Fase Uno dello sdegno, il lutto, la rabbia e la solidarietà, si è passati a una Fase Due più consona al nostro carattere, e in realtà più rispettoso di quella diversità di cui Charlie Hebdo, con i suoi creativi e liberatori eccessi, fa parte: scontrarsi su opinioni diverse.
È sempre Cioran ad aver scritto, 30 anni fa, non 3 giorni fa, che “le religioni, come le ideologie da cui hanno ereditato i loro vizi, si riducono a crociate contro lo humour”. Litigare e non essere d’accordo su come affrontare queste crociate è ciò che siamo.