Tamerlano contro Harry Potter a Boston
Oggi scrivo in quanto ex studente straniero negli Stati Uniti, ex bagnino di un’università americana ed ex borsista straniero in un’altra. Proprio come Dzhokhar Tsarnaev. Notando questi suoi dettagli biografici, ho cercato d’immedesimarmi in quelli che vedo come degli “studenti stranieri” che hanno cucinato chiodi ed esplosivo uccidendo un bambino di 8 anni, due donne giovani, mutilando e ferendo altri passanti alla maratona di Boston. Volevo capire.
Il problema è che i fratelli Tsarnaev sono un ibrido, una sorta di mostruosa chimera che adesso preoccupa non poco l’anti-terrorismo americano. Le sparatorie sono finite, il cattivo è stato preso, applausi, sventolio di stelle e strisce. Ma c’è qualcosa che non quadra.
Perché il folle Dzhokhar (pronunciato come il Joker di Batman, se nessuno se ne fosse accorto) e il fratello Tamerlan (proprio come il feroce e crudele conquistatore musulmano dell’Asia centrale che bruciava il Corano e si dichiarava più grande di Dio) sono figli di quel terrorismo fatto in casa con le pentole a pressione e con tanta rabbia testosteronica e voglia di gloria, mescolata a un’infarinatura jihadista masticata con tutta probabilità prevalentemente su Internet.
Tamerlan, s’è scoperto, aveva postato anche un video dell’Iman australiano Feiz Mohammed che predica contro Harry Potter. Gli esperti dicono che si tratta di nichilismo (accusa che già anche André Gluksmann aveva rivolto, sbagliando, a Eta e Al Qaeda). Ma siamo anche lontani dalla filosofia dell’ideologo che ha ispirato Osama Bin Laden, l’egiziano Sayyidd Qutb.
Siamo invece di fronte a un terrorismo dettato da una vita insoddisfatta. E con tutta probabilità con il sempre sottovalutato shock culturale di cui sembra più vittima Tamerlan che non il fratello minore, catturato nella notte e visto emergere sanguinante da sotto un telo di un battello, come la tigre di “Life of Pi”, o piuttosto come il ragazzo che fugge da quella tigre.
Ma Dzhokhar è entrambi, di nuovo un ibrido, non davvero americanizzato, ma nemmeno ceceno (nessuno dei due fratelli ha mai vissuto in Cecenia), disadattato, ma almeno con qualche amico con cui andare alle feste e fumare (tutto documentato da Twitter).
Ora si segue la pista cecena, la pista jihadista, quelle tre F dello shock culturale, la reazione che ha chi non si adatta all’humus sociale che lo circonda: Filter, Flight, Fight. Filtrare la realtà con i codici culturali di appartenenza (“Qui in America non hanno più valori” Tamerlan dixit). Fuggire dalla realtà che non si capisce (“Non ho neanche un amico americano” diceva sempre Tamerlan). E infine Fight, combatterla. Bombe. Pallottole. Strage.
I due fratelli erano come piromani che tornano a guardare l’incendio appiccato. Non abili terroristi con una serie di missioni da compiere fino alla morte. Questo è quello che preoccupa l’anti-terrorismo. Perché una cosa è riuscire a infiltrare i piani jihadisti post 11 settembre arrestando 204 residenti americani (di cui 3/4 erano cittadini U.S.A). Un’altra è trovare la macchina a raggi X dell’anima per bloccare ogni ventenne (età media dei complottisti arrestati dal 2001: 27) pieno di rabbia, voglia di vendetta per qualche umiliazione personale (Tamerlan non era riuscito a entrare nella squadra di boxe olimpionica americana), senso di umiliazione, desiderio di dimostrare la propria mascolinità e di prende parte a una battaglia epica con sete di gloria.
Qui la bomba emulativa che sta per esplodere potrebbe essere molto più pericolosa.