Pizza masala o delle mazzette indiane
“To travel is to discover that everyone
is wrong about other countries”
Aldous Huxley
Scopro tra gli scaffali del supermercato Nilgiri a Madras questa miscela di spezie: pizza masala. Nome adatto ad un argomento che per me qui in India è ineludibile, ovvero la somiglianza tra italiani e indiani.
Due settimane fa al Festival della Letteratura di Jaipur ho chiesto al moderatore di un dibattito se potevo citare Salman Rushdie, in risposta proprio a una domanda su questo tema. Il pubblico e il moderatore hanno teso il collo in avanti inarcando le sopracciglia (citare Rushdie può scatenare in pochi minuti turbe di migliaia di fondamentalisti islamici alle porte del Festival, com’è accaduto l’anno scorso). E niente, l’ho fatto: ” ‘Gli indiani,’ dice Rushdie, ‘sono degli italiani senza il vino.’ Tutto qui, tranquilli”. Sollevati dalla scarsa polemicità della frase, molti facevano su e giù con la testa compiaciuti e divertiti.
Ma c’è poco da star tranquilli. Non è un complimento per nessuno.
Ieri la scrittrice-celebrità Shobha De ha scritto un editoriale sul tema per il Times of India dal titolo “Berlusconi must be an Indian” (Berlusconi dev’essere indiano).
Dice Shobha De, in India crediamo nella reincarnazione, “e Silvio Berlusconi, l’ex Primo Ministro Italiano, dev’essere stato un indiano in molti dei suoi precedenti avatar.” E spiega il perché: qui in India le bustarelle sono parte talmente integrante della vita, inizi quando sei all’asilo e finisci, nonno, a pagare una mancietta al funzionario per farti dare l’assegno della pensione senza ritardi burocratici. Dire che le tangenti sono parte della vita quotidiana è tautologico.
Ma è qui che molti indiani si sbagliano. Chi meglio di un business-man italiano in India può capirlo? Proprio ieri ne parlavo infatti con un caro amico, un imprenditore veneto di sinistra che sta facendo buoni investimenti a Bombay. Mi telefona dal lungo mare di quell’antica città per parlarmi proprio di questo.
“Mi viene da ridere a sentir parlare gli indiani di tangenti e di come ci capiamo su questo punto. Il loro sistema di tangenti è ridicolo in confronto all’Italia. Qui in India dai la mazzetta per aprire il locale. E tutto è a posto. In Italia, dai la mazzetta, apri il locale e te lo possono chiudere lo stesso il giorno dopo. Noi abbiamo il peggio dei due sistemi, siamo un ibrido inefficace. Qui in India è garantito che ti chiedano una percentuale per tante operazioni burocratiche. All’Agenzia delle entrate indiane è in media il 15 per cento della cifra in ballo. In Italia devi avere gli agganci solo per sapere chi corrompere. Se lo fai con la persona sbagliata, ti arrestano. È tutto così imprevedibile che rende le operazioni più semplici un pericolo. Qui c’è il massimo della corruzione e una burocrazia corrotta che si adatta abbastanza scientificamente al sistema. Noi invece abbiamo il peggior scenario possibile: massimo della corruzione e burocrazia spesso semplicemente stupida. Stiamo peggio noi.”