Nutrire la bestia
Una nave trasporta gli animali di uno zoo. Un ciclone nel Golfo del Bengala l’affonda. Si salva un ragazzo di nome Piscine, “piscina” in francese. Sulla scialuppa c’è solo lui, una zebra, una iena e (spoiler!) una tigre.
Piscine sopravvive grazie alla pericolosa convivenza con un animale che potrebbe divorarlo, ma che Piscine con destrezza e notti insonni riesce a evitare. Ed è Piscine stesso a tenere in vita il felino, agguantando per lui tonni e pesci volanti.
Il film di Ang Lee, regista di “I segreti di Brokeback Mountain”, esce tra una decina di giorni in Italia. E io mi trovo proprio a mezz’ora da quella Pondicherry nel sud dell’India da dove salpa lo zoo di “Vita di Pi” (che appunto non è il pi greco).
Penso a quel ragazzo del romanzo di Yann Martel che convive con la tigre. A quanto sia facile non rendersi conto che siamo spesso noi a tenere vivo l’animale che vorrebbe sbranarci (le preoccupazioni, le tensioni, la lotta, le frustrazioni, l’insoddisfazione).
Ci fa sentire vivi. Nutrire la fiera che ci vuole morti, ci aiuta a sopravvivere.