Buon compleanno Manzoni
Il doodle di Google dedicato all’anniversario della nascita di Manzoni mi ha fatto venire in mente che
“I promessi sposi” era considerato il libro più piratato dell’intera storia editoriale italiana.
Tra la prima edizione autorizzata del 1825 ed il 1860, erano state stampate più di cento edizioni diverse, di cui solo una decina autorizzate dall’autore. E Internet non c’era.
Per un po’ Manzoni subì: immagino che, come per tutti gli autori, la diffusione anche illegale fosse allora come oggi un buon volano per vendite e notorietà. Poi diede corso ad una delle cause italiane più affascinanti in tema di copyright.
Manzoni vs Felice Le Monnier: questi era in allora un vero e proprio pirata i cui “server”, (rectius le rotative), stavano a Firenze.
La maggioranza delle copie pirata veniva in realtà editata nel Regno di Napoli, ma Le Monnier ebbe l’ardire di stampare abusivamente il tomo del Manzoni proprio a Firenze, nel 1845, poco dopo che l’autore non solo aveva “risciacquato i panni” in Arno, ma si era fatto editore di se stesso, indebitandosi per pubblicare quell’edizione riveduta e corretta che avrebbe nella seconda metà del ‘900 generato tormenti e patimenti sui banchi della scuola italiana.
La causa arrivò fino in “cassazione”. Fu vinta da Manzoni, ma fu una vittoria travagliata.
Ad un certo punto Le Monnier schierò per il ricorso il Prof.Girolamo Boccardo (uno in allora famoso: avvocato, economista e poi Senatore del Regno d’Italia) e questi scrisse un velenoso saggio (pubblicato ovviamente da Le Monnier) titolato “Della proprietà letteraria. Parere di Girolamo Boccardo sopra una questione legale insorta tra il signor conte Alessandro Manzoni e il signor Felice Le Monnier”. Commette l’errore il Boccardo di criticare la nuova versione del libro, definendola inutile.
Manzoni si incazza. Liquida i suoi avvocati, impugna la penna (arma temibile nelle sue mani) e scrive una lunga lettera direttamente al Prof. Boccardo, disquisendo del concetto di proprietà intellettuale.
Ora: anche oggi, quando parlano di diritto d’autore gli Autori, gli avvocati debbon tacere, tanto che si dia ragione a Vincenzo Latronico quanto che si condivida l’argomentar di Matteo Bordone .
La questione era complicata perché nel 1840, a cavallo tra le varie edizioni del romanzo, era entrata in vigore in alcuni stati della penisola una nuova legge sul diritto d’autore. Boccardo, astutamente, sostiene che se di “proprietà” si parla per le opere dell’ingegno, allora tale diritto esiste solo in forza di legge e non per natura. Dunque le edizioni prima del 1840, cioè quelle precedenti alla legge, non erano protette e bene aveva fatto Le Monnier a condividere il pregevole romanzo nella prima versione.
Ancora oggi sul concetto di “proprietà” si basa la comunicazione terroristica delle case di produzione e degli editori nella lotta alla pirateria. Il mondo in rete è diviso, per i titolari delle opere, tra proprietari e ladri.
Ebbene Manzoni, che pur difende il suo diritto d’Autore, definisce il concetto di proprietà in relazione alle opere come concetto “intruso ed importuno”.
E afferma
“Se d’un fondo di mille tornature, un vicino n’usurpa una, il proprietario la può rivendicare, come farebbe del fondo intero: se d’un poema di mille ottave uno ne ristampa anche molte, in un articolo di giornale, o in un libro, e, se occorre, col fine di criticarle; a nessuno, nemmeno all’autore criticato, viene in mente di fargli carico d’aver violata una proprietà”
Che dire: buon compleanno Manzoni.