“Non so chi sei”, il sesso che facciamo
Domenica, alla tipica serata con le amiche, una di loro ci raccontava delle complicazioni di una storia iniziata su Tinder, dove la gratificazione di sesso e vanità era già sfilacciata dai primi litigi da coppia normale – orari, aspettative, briciole di rancore. «Vabbè ma se non ti piace mollalo e torna su Tinder», «Sì ma lì ci sono dei cafoni…», «Io non l’ho mai provato e non penso mi lascerò mai con A., e quindi penso che non lo proverò mai», «Vabbè magari insieme per fare le cose in coppia», e così via. L’atmosfera e le chiacchiere di queste serate – cambi il posto, l’amica, il bicchiere di vino – sono normali nella vita di qualsiasi trentenne che conosco e sono le stesse che ho trovato in Non so chi sei, il fumetto dell’illustratrice Cristina Portolano pubblicato a ottobre da Rizzoli Lizard.
La protagonista è una ragazza uscita dalla classica storia importante che racconta i suoi incontri su Tinder, e di come tutti quegli incontri l’avessero un po’ divertita, un po’ annoiata, un po’ delusa, del padre che la giudicava male, degli amici un po’ incuriositi e un po’ preoccupati che le consigliavano di trovarsi un fidanzato. Soprattutto di lei che rispondeva di non fare niente di male procurandosi un po’ di piacere, che era «l’unica cosa che ci resta». Sono duecento pagine illustrate, solo in rosa e in nero, i due colori preferiti dell’autrice, che ho finito in un’ora e ho poi risfogliato più volte, compiacendomene ogni volta un po’ di più e finendo per consigliarlo a molti, tra cui voi.
Realismo e franchezza sono in tutto il libro, in tutti i dettagli: nel modo in cui sono raffigurate le città e chi ci vive – gli orecchini a cerchio della ragazza napoletana e la maglietta a righe di quella di Bologna; nei dialoghi, ne ho avuto più di uno identico, e immagino anche voi; nella rappresentazione del sesso e dei corpi, pieni di peli e grasse pieghe. Il mondo dei fumetti non racconta il sesso in modo ridicolmente irrealistico come quello del cinema (due minuti di sospiri sotto lenzuola che coprono il giusto, e poi un risveglio già truccate e in reggiseno), ma lo rappresenta comunque raramente per quello che è, rendendolo – con risultati meravigliosi – deformato, rarefatto, estetizzato, espanso in perversioni e caricato di seduzione. Non sono un’esperta di fumetti, ma non ricordo scene così semplici e così realistiche, eccitanti e normali insieme.
Portolano mi racconta di essersi ispirata al fumettista americano Robert Crumb e al suo Sex Obsessions, per «raccontare in maniera onesta le ossessioni di questa protagonista, in maniera vera». Le chiedo se in Italia c’è qualcosa di simile, ci pensa un po’, scorre la sua libreria, «Sara Pavan – mi risponde – nei primi anni Duemila, ma ora i suoi fumetti sono rarissimi. In Italia il tabù di rappresentare il sesso si sta indebolendo ma finora l’hanno fatto quasi solo uomini, in modo diverso. Ho letto soprattutto americani, Phoebe Gloeckner per esempio, con Diario di una ragazzina».
Non so chi sei è stato paragonato più di una volta al saggio Future Sex della statunitense Emily Witt, che è un’indagine e una riflessione sui nuovi mondi e modi di fare e considerare il sesso. Il primo capitolo è dedicato a Tinder e alle altre app di incontri. Una scena del fumetto di Portolano in particolare mi ha fatto ricordare un passo di Witt: quando spiega che gli uomini usano Tinder in modo molto diretto – «sono qui per cercare qualcuno con cui fare sesso, perché girarci intorno?» – mentre le donne hanno un approccio più sfumato. Secondo lei è un peso educativo, un senso di colpa moralistico che ci portiamo dietro: non siamo ancora abbastanza libere e oneste nell’approcciarci alla nostra ricerca del piacere.
Anche la protagonista di Non so chi sei scarta gli uomini troppo diretti ma solo perché li considera «scostumati». «Mi sembra che il tuo modo di vedere sia radicalmente diverso da quello di Witt – dico a Portolano, che ha letto Future Sex ed è consapevole dei paragoni – mi sembra che la tua protagonista li rifiuti per la loro mancanza di buone maniere. Per Witt quello delle app di incontri è un mondo a parte, più pragmatico; per te è un mondo parallelo a quello reale, è uno strumento per arrivare al mondo reale dove valgono le stesse regole». «È così, non penso siano due mondi separati, è soltanto uno strumento in più», dice. Portolano ci tiene a spiegarmi che il suo libro, che non è strettamente autobiografico ma solo ispirato a un periodo della sua vita, non nasce come quello di Witt per indagare il mondo di Tinder ma al contrario, lei ha deciso a posteriori di raccontarlo. «La molla mi è scattata leggendo Love Addict di Koren Shadmi, che è un fumettista israeliano che vive a New York. Lui racconta di un uomo che usa Tinder: si lascia da una storia importante, ha una serie di appuntamenti superficiali e poi incontra l’amore della sua vita fuori da Tinder, ed è un finale paternalistico. Il fumetto non mi è piaciuto e ho pensato “ora lo faccio io un fumetto che metta un punto in questa situazione, perché qua non c’è”».
Ci è riuscita, io penso, soprattutto perché Non so chi sei non è un libro a tema, ma un racconto onesto, non autobiografico e non esaustivo, di perversioni, sentimenti, desideri e zone grigie, e mondi da attraversare per un po’, per chi ha voglia di cercare.
Per chi è a Milano verrà presentato sabato 13 gennaio in Santeria alle 18.