E quindi cosa leggo quest’estate?
Dare e ricevere consigli è sempre una delizia, ed è così facile farlo quando si tratta di libri. Spesso è un modo per chiacchierare e rinsaldare (col rischio di smagliarlo) un legame, sempre è un gioco narcisista di prove e specchi riflessi: il piacere dell’attesa di chi li chiede (indovinerà i miei gusti? mi conosce veramente? e quindi cosa gli piace, che tipo è?) – e la lusinga di chi li dà (e quindi che tipo è, cosa gli piacerà? l’avrò capito e gli suggerirò il libro giusto?; io sì che ne so di queste cose).
Per prepararmi alle vacanze ho tormentato gli amici chiedendo cosa stessero leggendo, cosa si sarebbero portati in spiaggia, qual era il libro di quest’anno da non perdere. E oltre a riempire la mia valigia e il mio kindle ho pensato anche ai vostri, e chiesto ai colleghi del Post cosa consiglierebbero a un lettore del Post da redattori del Post: qualcuno mi ha presa sul serio segnalando qualcosa di cui è esperto e di cui prevalentemente scrive, qualcun altro ha condiviso un libro per il piacere che gli ha dato, altri hanno aperto la loro valigia per mostrare cosa si porteranno. Alla fine ognuno ha scelto un criterio diverso e il formato che preferisce, chi tre paragrafi e chi tre righe; e c’è anche un libro che ritorna due volte, che dovrò proprio infilare da qualche parte insieme a qualcuno di quelli che leggerò nei vostri commenti.
Ludovica Lugli
Ci sono due tipi di persone tra quelle che chiedono un consiglio su un libro da leggere durante le vacanze estive: quelli che vorrebbero leggere un libro corto (ci sono mille altre cose da fare, sia al mare che in montagna) e quelli che vorrebbero leggere un tomazzo (solo sotto l’ombrellone c’è abbastanza tempo per dedicarsi a quei libri inaffrontabili al ritmo di dieci pagine prima di spegnere la luce).
Exit West, Mohsin Hamid, Einaudi
Ai primi consiglio Exit West, 152 pagine. I protagonisti di questo romanzo sono Nadia e Saeed, due giovani che si conoscono in una mai nominata città mediorientale (siriana, immaginiamo) poco prima all’inizio di una guerra civile, si innamorano e finiscono per diventare migranti. Solo che nel loro mondo i migranti si spostano attraverso porte magiche che inaspettatamente conducono da un paese all’altro. Per chi vorrebbe leggere un romanzo che parla delle migrazioni a cui stiamo assistendo: fa per voi. Per chi ha voglia di leggere una storia d’amore: fa per voi. In sole 152 pagine ed è un gran bel libro.
Un’alternativa fantascientifica per chi l’ha già letto: The Power di Naomi Alderman, che esce a settembre in italiano come Ragazze elettriche.
Il transito di Venere, Shirley Hazzard, Einaudi
A chi invece vuole leggere 427 pagine molto dense consiglio Il transito di Venere, cioè il libro che sto leggendo e che mi porterò in valigia. È un romanzo uscito nel 1980 e la sua autrice, benché molto legata all’Italia, non è tanto nota qui da noi. È uno di quegli scrittori a cui si arriva per il consiglio di un amico, o perché per qualche ragione si legge la notizia della sua morte: con Hazzard potrebbe esservi capitato di recente, è morta lo scorso 12 dicembre. Il transito di Venere inizia alla fine degli anni Cinquanta, nella campagna inglese. Ci sono due giovani sorelle australiane, entrambe molto belle ma diverse. Ci sono uomini innamorati di loro. C’è la tensione di ciò che succederà negli anni successivi, che pesa come l’attesa di un astronomo che aspetta di osservare un raro fenomeno celeste.
Un’alternativa ottocentesca per chi l’ha già letto: Le donne di troppo di George Gissing.
***
Stefano Vizio
Miles. L’autobiografia (Miles Davis con Quincy Troupe), Miles Davis, minimum fax
È vecchio, essendo l’autobiografia di Miles Davis, che è morto nel 1991, ed è molto conosciuto e letto tra gli appassionati di jazz. Ma varrebbe la pena estendere l’insieme di quelli che lo conoscono e lo hanno letto anche agli appassionati di musica in generale. Perché è scritto bene (dal poeta e giornalista Quincy Troupe), e si fa leggere in un attimo, nonostante le oltre 500 pagine. Racconta una vita matta e incredibile, ed è piena di aneddoti e storie non solo su Davis ma su tutti quelli che con Davis ci hanno avuto a che fare: e quindi praticamente chiunque abbia contato qualcosa nel jazz del Novecento, da Charlie Parker a John Coltrane a Herbie Hancock. Ma anche su Jimi Hendrix, su Prince, perfino su Ronald Reagan. Ce n’è anche per quelli a cui non interessano scale modali e tempi dispari: tipo la parte che racconta la sua relazione con Juliette Greco, fatta di lunghe passeggiate sulla Senna, nonostante non potessero parlare perché lui non sapeva il francese e lei l’inglese. Si imparano un sacco di cose sullo show business e sull’industria discografica americani, sul razzismo subito per decenni anche da chi apparteneva alle élite afroamericane, e ovviamente sul jazz. Ci sono passaggi che vanno presi con le molle, che a lui piaceva parecchio raccontarle grosse, e in molti pezzi è una storia del genere vista da una prospettiva distorta ed egocentrica: ma il bello è anche questo.
Il libro del mare, o come andare a pesca di uno squalo gigante con un piccolo gommone sul vasto mare, Morten A. Stroknes, Iperborea
Questo consiglio è per chi ha amato Moby Dick, e in particolare per quelli a cui – come me – le infinite digressioni sull’anatomia dei capodogli o sui metodi di lavorazione dello spermaceti piacciono tanto quanto le parti d’azione. Il libro del mare segue la stessa traccia: racconta di due amici che si mettono a cacciare lo squalo della Groenlandia (googlatelo, è un pesce notevole), ma sono arrivato a due terzi e non si è ancora visto manco da lontano. Le cose belle sono altre, e cioè le mille storie di mare che oscillano dall’interessante allo stupefacente, sulla famiglia di R. L. Stevenson che progettò tutti i fari della Scozia e guardava male le ambizioni letterarie della pecora nera di famiglia, sui leggendari e spaventosi mostri marini norvegesi, sulle tecniche di caccia mefistofeliche dei calamari giganti e sulle audaci esplorazioni ottocentesche nei mari del Nord. Se potete, leggetelo in spiaggia: è ancora più divertente, anche se certe descrizioni vi faranno venire un po’ di talassofobia.
***
Giulia Siviero
Memorie di ragazza, Annie Ernaux, L’Orma editore
La cosa più stupefacente che è riuscita a fare Ernaux, già vincitrice nel 2016 del Premio Strega europeo, è l’aver reinventato le possibilità dell’autobiografia. Lungo il racconto ci si immerge e si riaffiora di continuo. Si è con lei mentre decide di raccontare quell’estate della sua vita, l’estate del ’58 in cui per l’Altro, mai nominato, si è privata di qualsiasi volontà personale, mentre cerca di ricordare la lei che è stata, e mentre lo diventa, di nuovo. Racconta “la vergogna dell’orgoglio di essere stata un oggetto del desiderio”, e lo fa con la consapevolezza di una donna che dieci anni dopo, vivendo il Sessantotto, sa che tutto avrebbe avuto un senso differente.
Gli argonauti, Maggie Nelson, il Saggiatore
Maggie Nelson sceglie di sposare l’artista transgender Harry Dodge, nato uomo in un corpo femminile, e di diventare madre grazie alla fecondazione assistita. Il libro è una specie di seduta di autocoscienza, in cui l’autrice parla di sé, della propria relazione, della maternità, ed è a metà tra un memoir e un saggio filosofico che si richiama ad autori che vanno dallo psicoanalista e pediatra D. W. Winnicott alla pornostar e performer Annie Sprinkle. Decisamente più impegnativo di un romanzo, più vivo e appassionante di un’opera teoretica
***
Marco Surace
Sete, Jo Nesbø, Einaudi
«Non li leggi i giornali? – domandò il collega biondo dalla voce acuta – No, preferiscono cose che contengano notizie, – rispose lui».
Niente a che vedere con le fake news: è l’ultimo crime di Nesbø, che si può leggere benissimo senza aver letto i precedenti (ma poi vi verrà voglia, siete avvisati). Vale la pena perché è avvincente che arrivato a metà devi finirlo a costo di passare la notte sveglio, perché c’è un cattivo veramente cattivo e un buono che non è poi così buono, e fa un sacco di cose sbagliate.
E poi perché ci sono frasi così: «Se vuoi essere ricordato come un buon re hai due possibilità. Essere il re dei bei tempi, avere la fortuna di sedere sul trono in anni di buoni raccolti. Oppure essere il re che guida il Paese fuori dai tempi di crisi. E se non sono tempi di crisi puoi fingere, provocare una guerra e dimostrare al Paese in quale profonda crisi precipiterebbe se non entrasse in guerra. Può anche essere una guerra piccola, l’importante è vincerla».
***
Norma Rosso
Il bar delle grandi speranze, J.R. Moehringer, Piemme
Oltre al resto, questo libro racconta come ci si avvicina a un mestiere, tra insicurezze e rivelazioni. Il mestiere in questione è il giornalista e tra le prime pagine del libro c’è una parte in cui la cugina spiega al protagonista la valenza rivelatrice del giornale che si sceglie di leggere. Nel farlo dice «Gli operai leggevano il Daily News. Le casalinghe, Newsday. I pazzi, il Post».
***
Giacomo Papi
Il libro del mare, o come andare a pesca di uno squalo gigante con un piccolo gommone sul vasto mare, Morten A. Stroknes, Iperborea
È un libro che per pagine e pagine naviga intorno alle coste del «capolavoro», ma che poi si perde e sfilaccia, e che infine ritorna meraviglioso e ossessivo come aveva promesso per tutta la prima metà. Mi ha fatto venire in mente quando, nella sua intervista a Hitchcock, François Truffaut teorizza, a proposito di Vertigo, la speciale bellezza dei capolavori mancati, di quelle opere, cioè, che l’imperfezione rende ancora più reali e potenti. Il libro del mare è la storia – vera – dell’ossessione di due amici che navigano su un gommone al largo delle isole Lofoten, in Norvegia, progettando di pescare, armati di 400 metri di lenza, uno squalo della Groenlandia, una bestia antica misteriosa che può vivere fino a 400 anni (ne sono stati pescati esemplari nati prima della Rivoluzione francese) e che ha quasi sempre gli occhi infestati da vermi fosforescenti. La loro caccia allo squalo, come in Melville – deve esserci qualcosa nel mare che favorisce la maniacalità – è l’avventura intorno a cui Strøksnes cuce altri cento straordinari racconti, sulla spaventosa industria della pesca alle balene, sui calamari giganti, le mappe antiche e l’inquinamento attuale, spalancando digressioni sulle relazioni segrete tra la massa del cielo e quella dell’acqua, nel presupposto che, date le quantità presenti sul nostro pianeta, quella che chiamiamo Terra dovrebbe in realtà chiamarsi Mare.
(Sempre sul mare, sul nostro, consiglio anche a chi non l’avesse ancora letto Breviario mediterraneo di Pedrag Matvejevic, che è morto quest’anno)
***
Emanuele Menietti
Sotto i nostri piedi, Alessandro Amato, Codice
Alessandro Amato è un geologo e sismologo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, oltre a essere un bravo divulgatore. In Sotto i nostri piedi racconta tutto quello che dovreste sapere sui terremoti: la loro storia, come si formano e perché ce ne sono così tanti in Italia. Non è il solito saggio super didattico e noioso: Amato racconta esperienze vissute in prima persona, per esempio nei terremoti nel Centro Italia, con uno stile leggero e coinvolgente. Si imparano un sacco di cose su come si è evoluta la sismologia dai tempi degli antichi greci a oggi, e soprattutto su quanto ci sia ancora da scoprire intorno ai terremoti (compreso lo spinoso tema della loro “previsione”, poche illusioni). Ci troverete curiosità che vorrete subito raccontare a qualcun altro e, soprattutto, sarete preparati a capire se la notizia appena arrivata di un terremoto da qualche parte sia davvero preoccupante, o ingigantita dai giornali.
Flatlandia: Racconto fantastico a più dimensioni, Edwin A. Abbott, Adelphi
È uno di quei romanzi che si leggono in fretta, per il gusto di farsi sorprendere da chi l’ha scritto e per le intuizioni che ha avuto. È la storia di un quadrato che vive in un mondo bidimensionale, un gigantesco foglio di carta dove – inevitabilmente – sono tutti sullo stesso livello. E c’è dentro un po’ di tutto, dall’utopia alla satira della società vittoriana, e perfino un po’ di teologia (a sprazzi). Fu scritto da Edwin Abbott Abbott nella seconda metà dell’Ottocento, non ebbe un gran successo, poi complice la teoria della relatività di Einstein ebbe migliori fortune nel Novecento, tanto da essere consigliato qui ora come lettura per l’estate, naturalmente.
***
Pietro Cabrio
Sotto una stella crudele — Una vita a Praga 1941-1968, Heda Margolius Kovály, Adelphi
Sono passati 44 anni da quando Sotto una stella crudele fu scritto e pubblicato per la prima volta: nessuno dovrebbe far passare altro tempo prima di leggerlo, ora che Adelphi lo ha pubblicato in Italia. È la desolante autobiografia di Heda Margolius Kovaly, traduttrice e illustratrice di origini ebraiche sopravvissuta ad Auschwitz, poi alla marcia dei deportati verso Bergen-Belsen e poi a mesi trascorsi da “irregolare” per le strade di Praga, dove anche gli amici più stretti si rifiutarono di aiutarla per paura di essere scoperti e giustiziati dai nazisti. Nei campi di concentramento perse tutta la sua famiglia tranne il marito, Rudolf Margolius, che a guerra finita divenne membro del Partito Comunista cecoslovacco e poi vice ministro del commercio estero. Ma la prestigiosa carica governativa che permise alla coppia di sistemarsi e far crescere un figlio ne segnò anche la fine. Presto arrivò il processo farsa a Rudolf Slansky, importante dirigente del Partito Comunista locale che su ordine di Stalin venne processato, condannato a morte e impiccato in quanto “cospiratore”. Per gli stessi identici motivi altri otto membri influenti del Partito Comunista cecoslovacco subirono la stessa sorte, tutti e otto accomunati da origini ebraiche. Uno di questi fu Margolius, che da innocente venne condannato, giustiziato e sepolto in segreto dopo un anno di prigionia lontano dalla famiglia.
A Praga, Heda divenne per molti la moglie di un cospiratore e fra le angherie subite da conoscenti e vicini di casa, il Partito le tolse il lavoro, l’abitazione e tutti i suoi averi. Le venne assegnato un nuovo alloggio, una catapecchia gelida e sudicia che la fece ammalare gravemente insieme al figlio. La loro vita si stabilizzò a metà degli anni Cinquanta con la salita al potere in Unione Sovietica di Nikita Chruscev, il quale favorì dei tentativi di riconciliazione tra il regime e la popolazione cecoslovacca creando però una situazione grottesca in cui degli impacciati funzionari di partito cercarono di rimediare in qualche modo (e no, non si poteva) alle ingiustizie degli anni passati senza però ammettere nulla. Heda riuscì a curarsi e a rimettersi in sesto un’altra volta ma le speranze portate dalla Primavera di Praga respinte dai carri armati sovietici che occuparono la città la convinsero a lasciare per sempre la Cecoslovacchia per trasferirsi negli Stati Uniti, dove lavorò come bibliotecaria ad Harvard e dove nel 1973 pubblicò Sotto una stella crudele.
***
Alessandro Lusitani
Racconto di un naufrago, Gabriel García Márquez, Mondadori
Storia vera del marinaio Luis Alejandro Velasco, così come lui l’ha raccontata a un giovane Gabriel García Márquez: nel 1955 Velasco rimane dieci giorni, solo, in mare aperto, unico superstite di un cacciatorpediniere affondato sotto il peso di lavastoviglie e frigoriferi americani. Da leggere in giornata (ecco, non se state viaggiando in nave; proprio come non rivedreste “Lost” prima di un volo intercontinentale), la disavventura di un tizio che non ne voleva sapere di morire.
Come diventare se stessi, David Lipsky, Minimum Fax
Il libro bello da cui hanno tratto il film brutto The End of the Tour – Un viaggio con David Foster Wallace. David Foster Wallace è al termine del tour promozionale di Infinite Jest, ed è già nell’Olimpo della scrittura americana; David Lipsky è un giornalista di Rolling Stone che deve scrivere un pezzo su di lui. È quasi la sbobinatura di un nastro che registra una conversazione colta ma accessibile intorno a postmodernismo, dipendenze, musica pop, junk food. Un pezzetto di David Foster Wallace che gli è sopravvissuto.
***
Gabriele Gargantini
L’avocatt in bicicletta, Gianni Brera, Booktime
Perché è quello che racconta meglio il ciclismo dei primi che si sono messi su una bici e si sono messi a fare gare su chi arrivasse primo, “per rabbia e per amore”, ma anche per tirare su qualche soldo. L’ha scritto Gianni Brera – e almeno un libro di Brera dovrebbero leggerlo tutti – ma a raccontare la sua storia è Eberardo Pavesi, che iniziò a pedalare sulle bici pesantissime e le strade pessime di inizio Novecento e arrivò a fare il direttore sportivo di Coppi e Bartali.
L’originale miscellanea di Schott, Ben Schott, Sonzogno
È uno di quei libri che chi me l’ha prestato spera sia in prestito e io che l’ho ricevuto in prestito spero che diventi regalo. È inutile perché pieno di cose inutili, ma bellissime. È fatto per aprirlo, leggere cose a caso e dimenticarle quasi tutte subito dopo.
Le illustrazioni – ovviamente – sono copertine del New Yorker