Il caos della politica, le manovre e il generale
Quando Matteo Renzi ha aperto la crisi di governo, ho mandato un messaggio a un amico, del tipo: solo tu mi puoi spiegare questa mossa così assurda. Ora, l’amico in questione ha un ruolo manageriale in una multinazionale, ma in passato è stato in Forza Italia, e all’epoca era noto per la sua capacità di dialogo con gli avversari, insomma era considerato un buon conoscitore dell’universo politico, nonché un gentile diplomatico, e allora l’amico mi ha risposto: è molto chiaro! Conte stava antipatico a parte del Pd e a una minoranza dei Cinque stelle, e Renzi ha fatto da testa d’ariete. Al mio amico, Conte non piaceva, né all’inizio né durante il suo secondo mandato, e a quanto mi ricordo, però, nemmeno Renzi gli andava bene. A questo punto, dato per buona la spiegazione del mio amico, mi sono detto andiamo all’origine e cioè: la suddetta testa d’ariete, per così dire, a me, stava simpatica? Si è subito manifestato un problema su cui vorrei ragionare, perché non so, mi sto convincendo che si tratta di un problema collettivo, non di un deficit personale, anzi qualcosa di strutturale nella democrazia. Il problema è questo: nella mia mente c’era il caos.