Shisa kanko (指差喚呼)

Per il nostro dizionario tematico di giapponese questa volta ho trovato un termine particolare, che praticamente nessuno sa che esiste anche se quelli che hanno girato un minimo il Giappone e, in parte, l’Asia, indirettamente lo conoscono.

Il termine è shisa kanko (指差喚呼, letteralmente “indicare e chiamare”). In cosa consiste è presto detto. Se salite su un treno delle JR East a Tokyo, ad esempio, andate nella prima carrozza e guardate attraverso il vetro cosa fa il manovratore, vedrete prima di tutto che indossa una inappuntabile divisa con tanto di cappello e guanti bianchi, e poi che indica gli strumenti che ha davanti a sé e parla ad alta voce prima di azionarli. È folle? Beh, se lo fanno anche tutti gli altri conducenti, allora no, non è folle: ci deve essere un motivo.

Si tratta della tecnica “indica e parla”, cioè di un metodo per ridurre drasticamente gli errori puntando con la mano gli indicatori più importanti e chiamandoli ad alta voce. È l’equivalente di una checklist da cabina di pilotaggio di aeroplano, dove un pilota scorre un elenco di cose da fare e le chiede ad alta voce all’altro, che agisce e risponde di averle fatte. Il manovratore sui treni leggeri e le metropolitane è solo e quindi deve fare da solo: la “recita” serve per restare attento e non dare niente per scontato.

Il metodo è stato inventato in Giappone a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento per i macchinisti dei treni: anche se erano due a manovrare, era spesso difficile sentirsi a bordo delle locomotive a vapore, particolarmente rumorose ed esposte agli elementi, oltre ad avere una scarsa visibilità che obbligava uno dei due manovratori a sporgersi e riferire all’altro cosa vedeva sulla via. Così l’uno chiamava lo stato del segnalamento, indicando le velocità e gli altri valori, mentre l’altro rispondeva con lo stato della macchina. A queste urla pochi decenni dopo vennero aggiunte anche le azioni di puntamento, per indicare manometri e misuratori vari, soprattutto quando il manovratore rimase da solo.

Durante l’occupazione della Cina, i giapponesi costituirono nel 1906 la Compagnia Ferroviaria della Manciuria meridionale (in giapponese abbreviata come Mantetsu, 滿鐵, passata poi ai russi e infine ai cinesi), e introdussero anche là lo standard shisa kanko, che è piaciuto ed è stato adottato non solo nel resto della Cina, ma anche in altre parti dell’Asia, inclusa l’Indonesia dove mi dicono che viene praticato ovunque.

La principale differenza “regionale” nel metodo sta nel fatto che per i giapponesi è fermamente ritualizzato l’uso del solo dito indice, mentre in Cina e altrove adoperano indice e medio uniti. Ma la pratica, che in Giappone è molto sentita come fatto culturale e simbolico che rappresenta l’ordine e la precisione nell’esecuzione (diremmo “il gesto plastico”) è stata studiata e ripresa anche altrove al di fuori dell’Asia.

Ad esempio, la MTA della città di New York l’ha adottata a partire dal 1996, dopo una serie di incidenti in cui i treni della metropolitana aprivano le porte prima di essere fermi in banchina. Adesso, il conduttore prima di aprire le porte deve fermare il treno, vedere il pannello zebrato con il nome della fermata fuori dal finestrino dall’altro lato rispetto a dove si trova la posizione di guida, e deve indicarla con il dito (ma non serve che parli). Se non lo fa o se non la vede, non è autorizzato ad aprire le porte. Gli americani lo chiamano “point and acknowledge”.

Anche in Canada, a Toronto soprattutto, si utilizza una strategia simile, sia sui treni che sui tram, anche qui come soluzione per mitigare le cause di alcuni incidenti dovuti all’errore umano, cioè alla distrazione del conducente. Da noi, invece, non si fa.


Con questo piccolo dizionario tematico di giapponese voglio condividere non tanto una competenza linguistica, quanto una esplorazione intellettuale di un altro modo di pensare e rappresentare le idee con le parole. Non sono un parlante giapponese e quindi è possibile che ci siano micro e macro imprecisioni: se le notate e le segnalate le correggo volentieri e mi considero arricchito dal vostro aiuto.

Nota ulteriore per gli appassionati del genere, e gli impazienti: nella mia newsletter gratuita Mostly Weekly pubblico ogni domenica, fra le altre cose, anche un’altra parola giapponese nella sezione chiamata in modo appropriato “Yamatologica” di cui queste sono versioni ulteriori arricchite.

Antonio Dini

Giornalista e saggista, è nato a Firenze e ora vive a Milano. Scrive di tecnologia e ama volare, se deve anche in economica. Ha un blog dal 2002: Il Posto di Antonio