La livella per l’accessibilità secondo Apple
Oggi è l’International Day of Persons with Disabilities, un momento creato con la risoluzione 47/3 dall’Assemblea generale dell’Onu nel 1992 e che ha l’obiettivo di promuovere i diritti e il benessere delle persone con disabilità in tutti gli ambiti della società.
Il tema di cui mi occupo per lavoro, è quello della tecnologia, dell’informatica in particolare. Soprattutto l’informatica di rete (con internet) e l’informatica post-PC (con tablet e smartphone) sono potenzialmente strumenti capaci di cambiare in maniera radicale la vita e il benessere delle persone con disabilità. Già in passato avevo avuto l’occasione di scrivere di questo argomento facendo un servizio di cronaca per Il Sole 24 Ore. Avevo scritto: “L’attenzione per i temi legati all’accessibilità, cioè per la possibilità di fare in modo che chi ha un handicap permanente e transitorio possa lo stesso avere una qualità della vita adeguato, è uno degli obiettivi di Apple”.
L’accessibilità non è sexy
A distanza di un anno, nuovamente in concomitanza con la giornata internazionale delle persone disabili, posso ritornare sull’argomento dal punto di vista della cronaca perché Apple ha messo online un sito web che illustra le funzionalità per l’accessibilità dei suoi prodotti. Come mi aveva spiegato Sarah Herrlinger, responsabile delle politiche per la Global Accessibility dell’azienda californiana, Apple cerca di sensibilizzare il pubblico sull’esistenza stessa di queste funzioni. Ma è difficile. Anche perché nei giornali di solito l’argomento viene trattato con gentilezza ma notevole distacco, visto che sono considerati molto più sexy (cioè attira-click e quindi buoni per la pubblicità) gli onnipresenti gossip su nuovi apparecchi, telefonini futuristici e “bombe” del mercato tech che poi si rivelano spesso e volentieri solo dei piccoli petardi.
Invece, il tema dell’accessibilità è reale, le disabilità esistono e la tecnologia ha senso se riesce a migliorare la vita di tutti: «Apple – mi aveva detto Herrlinger – ha iniziato a inserire funzionalità per l’accessibilità nei suoi prodotti a partire dal 1985, cinque anni prima che in America venisse creata la legge al riguardo». Il tema dell’accessibilità è un tema che rientra in parte nel tema della diversità (l’inclusione di persone che non corrispondono a uno stereotipo tipico, ma che hanno genere, capacità e inclinazioni differenti) ma va molto più in profondità su uno dei temi che è più difficile da affrontare nella nostra cultura. Parlare di disabilità è quasi un tabù (perlomeno, fuori dalla riserva indiana dedicata a questo tipo di cose) e nonostante gli sforzi normativi e culturali rimane purtroppo un argomento comunque secondario.
L’uomo vitruviano
Senza contare che la prodigiosa accelerazione delle tecnologie, che negli anni aumenta di velocità oltre che di volume di novità, prende a bersaglio sempre più spesso un individuo “normale”, un campione di capacità. Cosa vuol dire? Me ne rendo conto sulla mia pelle persino io: sono decisamente nella mezza età e come tale ci vedo e ci sento peggio che non a vent’anni; ho meno destrezza, riflessi più lenti. E i nuovi apparecchi, i nuovi schermi, le nuove cuffie, gli occhiali smart, la realtà virtuale e aumentata, tutto diventa sempre più difficile da usare e gestire non perché debba esserlo, ma perché è progettato per un individuo ideale “onnipotente” mentre io scivolo lentamente fuori da questa norma. E questo mi mette a disagio.
Se questo capita a me, che sono fortunato e non ho mai avuto bisogno di occhiali, aiuti per l’udito o per la mobilità, come deve sentirsi chi invece ha difficoltà o addirittura gli è impedito di sentire, vedere, parlare, muoversi, coordinarsi? Dentro la nostra testa siamo comunque tutte persone, non ci sono individui di serie A e di serie B, non importa quali siano le nostre capacità fisiche e cognitive. La tecnologia in questo senso potrebbe essere non tanto la bacchetta magica ma certamente un aiuto, una livella che aiuta a rimuovere gli ostacoli e mettere tutti sullo stesso piano. Eppure, spesso diventa un ostacolo ulteriore. Una barriera che, quando si invecchia, si alza comunque per tutti, in modo parziale o completo, perché rende difficile fare le cose più semplici che però richiedono buona vista per gli schermi, capacità motorie e di coordinamento per tasti e superfici touch, capacità di sentire e parlare per smart speaker e cuffie intelligenti, e via dicendo.
Capisco dunque la frustrazione di Apple e la difficoltà di far passare non un messaggio di marketing ma anche una semplice comunicazione di servizio: nelle nostre soluzioni abbiamo messo queste modalità di uso che possono aiutare. Ho avuto in un paio di occasioni l’opportunità di confrontarmi con Sarah Herrlinger e altri programmatori e dirigenti dell’azienda, e ho visto il nuovo sito che adesso l’azienda ha messo online per spiegare le funzioni di accessibilità dei suoi prodotti.
Essendo il “giornalista esperto” di Apple sono, per molti amici e famigliari, l’esperto di fatto delle tecnologie dell’azienda (non è vero: mi occupo di economia e strategie aziendali) e vengo chiamato abbastanza spesso per aiutare questo o quel conoscente o parente a configurare i suoi dispositivi con la mela. Sempre più spesso in situazioni in cui, con l’avanzare degli anni, serve saper fare qualcosa in più che renda lo strumento più accessibile. Il ripasso offerto dal sito interno di Apple è una miniera, al riguardo.
Le funzioni di accessibilità
Non se ne parla mai, proviamo a farlo qui. Apple ha organizzato tutto in quattro sezioni: Visione, Mobilità, Udito e Cognitivo. La struttura fornisce consigli e informazioni su decine di funzionalità azionabili con una configurazione particolare su Mac, iPhone e iPad, e che permettono di portare la personalizzazione del dispositivo a un livello completamente nuovo. In più su Apple Support adesso ci sono una decina di video che mostrano come si attivano le nuove funzionalità di accessibilità (fanno parte di un blocco di video “how to” del canale Apple Support) tra cui: l’uso della funzione “lente di ingrandimento” che permette di usare rapidamente videocamera e schermo come una lente di ingrandimento (io ci leggo le etichette e le scadenze del cibo), “back to tap” che aggiunge un nuovo click con doppio tap sul retro del telefono e che permette di attivare qualsiasi tipo di azione del telefono; modalità di interfaccia per Voice Control, i sistema di controllo vocale di tutti gli apparecchi Apple per chi ha disabilità motorie. In uno di questi video viene mostrato come si fa a fare un selfie con voice control e non potete credere quale forma di empowerment per una persona bloccata dal punto di vista motorio questo voglia dire.
Ho conosciuto anche Dave Steele, il “poeta cieco”, che è diventato un simbolo tra le persone non vedenti (è stato colpito da retinite pigmentosa nel 2014 e ha perso anche il lavoro oltre alla vista). Steele ha indicato alcune delle funzionalità introdotte dai nuovi telefoni (e tablet) di Apple dotati di sensore Lidar, una specie di radar basato su frequenze oltre lo spettro del visibile che viene usato anche dalle auto a guida autonoma per individuare ostacoli ravvicinati. Il Lidar, unito ai software per l’accessibilità di Apple e a una buona iniezione di machine learning permette alle persone non vedenti o parzialmente vedenti di utilizzare il telefono per inquadrare una scena e identificare la presenza di persone e la loro distanza, venendone informate da Siri, cioè nelle loro orecchie grazie alle cuffie. «Il rilevamento delle persone e tutte le altre nuove funzioni di accessibilità su iPhone 12 Pro – ha detto Steele – sono un punto di svolta per le persone come me nella comunità dei non vedenti. Intervengono per davvero su quelle cose che la maggior parte delle persone dà per scontate, come le distanze sociali e la navigazione in luoghi normalmente difficili, e che invece per noi sono costante fonte d’ansia».
Il sito di Apple
Per concludere, le risorse messe in pista nella nuova versione del sito di Apple sono utili: intanto perché sono organizzate come detto per temi (vista, udito, mobilità e cognizione) e poi perché sono declinate per singola funzione (ad es: riconoscimento suoni, ascolto dal vivo, avvisi sensoriali) con indicazioni di quali siano gli apparecchi su cui funzionino. Analizzandole si capisce che Apple considera l’accesso alle tecnologie non una questione di compliance, di rispetto delle normative, ma una cosa vera, che fa parte del suo Dna.