L’abbicidì della sicurezza
Ovvero cos’è in realtà il momento sublime del volo
C’è un momento speciale che gli amanti del volo definiscono “sublime”. È un’illuminazione, un momento perfetto che, come sempre in questi casi, cambia da persona a persona. Può durare un attimo, fra la veglia e il sonno a novemila metri di quota sopra la Siberia, lungo l’aerovia che collega l’Europa all’Asia; oppure può essere una sensazione appena intuita alla mattina, subito dopo le Azzorre, mentre si procede verso il cuore dell’Oceano Atlantico; o magari è quel fugace primo apparire dell’aurora boreale, incontrata quasi per caso non sopra ma accanto all’aereo, mentre sta sfiorando i cieli dell’artico.
Il momento sublime dei grandi volatori, di quelli cioè che spendono la loro vita girando il mondo al di sopra delle nuvole per lavoro e per piacere (i due sentimenti, in questo caso, non possono che coincidere), è un momento di profonda consapevolezza. Si scopre all’improvviso, infatti, che l’aereo non è più una macchina. È diventato invece un guscio che protegge il viaggiatore, un involucro prezioso e sicuro; come una casa, ma molto vicina alle stelle, che sono la vera casa spirituale degli uomini.
Gli aerei sui quali voliamo oggi, anche se non si è appassionati o non si frequentano troppo spesso i riti del “jet-set”, la società che vive sopra le nuvole, sono delle macchine meravigliose. Anzi, sono delle macchine estremamente complesse: la più grande fra queste grandi navi del cielo è stato a lungo il Boeing 747, il “jumbo” battezzato nel 1969 ed entrato in servizio nel 1971.
(Leggi L’epica del Boeing 747)
Il gigante è composto da sei milioni di pezzi e 275 chilometri di cavi elettrici: si tratta del manufatto più complesso mai creato dall’uomo. Richiede una dedizione sia in fase di progettazione che di produzione e assemblaggio sconosciuta a qualsiasi altro prodotto commerciale in vendita sul nostro pianeta. Gli ingegneri aerospaziali lo definiscono “una gioia assoluta” e gli operai specializzati della Boeing, che crearono dal niente il primo prototipo volante, sono ricordati ancora oggi, a quarant’anni di distanza, come “gli incredibili”.
La manutenzione di questi colossi, che arrivano ad avere una lunghezza di 72 metri e un’apertura alare di 79, è complessa ed estremamente costosa. Talmente costosa che, se gli aerei non debbono essere utilizzati per un lungo periodo di tempo, conviene immagazzinarli in uno dei loro grandi cimiteri degli elefanti: aeroporti sperduti nel deserto del Nevada, dove il clima secchissimo impedisce la corrosione o il deterioramento. Perché queste macchine sublimi da 200 milioni di dollari sono in perdita sempre, tranne quando sono in volo con passeggeri paganti a bordo.
È una legge economica che sta alla base di tante rivoluzioni avvenute nel settore aereo. Il tempo di “turn around”, cioè quella ora o poco più necessaria a far defluire i passeggeri dal velivolo, procedere alla sua pulizia, rifornimento e approvvigionamento, oltre che ai necessari controlli di integrità e funzionalità, e poi a far salire a bordo un nuovo contingente di passeggeri, è una metrica fondamentale. Fa la differenza, nel corto e medio raggio, tra una tratta percorsa in più o una percorsa in meno ogni giorno. In capo alla settimana, e poi al mese, l’effetto si cumula e la differenza diventa di centinaia di migliaia di euro. Dopo un anno, una cattiva efficienza nella gestione dell’aereo, cioè la sua eccessiva permanenza a terra, fa la differenza tra aver ripagato il velivolo oppure no, tra una voce che diventa un attivo o che rimane una passività. Lo hanno imparato molto bene le compagnie aeree “classiche” (gli americani le chiamano “legacy”, eredità di un tempo andato) quando hanno dovuto resistere alla deregulation prima e all’avanzata delle compagnie low-cost dopo. Il tutto senza mai compromettere la sicurezza e l’efficienza degli aeromobili.
(Leggi Il mondo senza la Pan Am)
Sono quattro le fasi con le quali ci si assicura che un velivolo sia sempre in perfetta efficienza e che possa condurre al meglio i trenta e più anni di vita operativa per i quali è stato costruito. Il primo livello di controlli viene svolto ogni 500 ore di volo; è il più semplice, e viene indicato dai tecnici semplicemente con una lettera dell’alfabeto: “A”. Viene fatto di notte, sulla pista dell’aeroporto, ed è una variante un po’ più complessa dei controlli visivi fatti dal personale di terra dopo ogni atterraggio e prima di ogni decollo.
Il livello “B” è invece più sofisticato: avviene ogni tre mesi in media, anche se dipende dal tipo di aereo e da quanti cicli (cioè quanti atterraggi e decolli, la vera unità di misura dell’invecchiamento di un aeroplano) sono trascorsi dall’ultimo controllo. Anche questo però viene svolto senza richiedere il blocco dell’aereo per più di una notte.
Le cose si fanno più complesse per il livello “C”, cioè il controllo che avviene in media ogni anno-anno e mezzo e che prevede un periodo di “riposo” obbligatorio per l’aereo, che viene portato all’interno di una struttura apposita e sottoposto a check, controlli, verifiche, smontaggi molto ampi. Il lavoro che viene svolto è nettamente superiore a qualsiasi revisione per automobili e pullman, ma non è ancora niente rispetto al quarto livello, il famigerato “D Check”, indicato nei manuali per la manutenzione dei singoli modelli di aereo anche come “Heavy Maintenance visit”. In questo caso, che ricorre ogni 5-6 anni di vita dell’aereo, l’aereo viene in pratica smontato e rimontato completamente. Il lavoro richiede uno o due mesi di tempo, e costa molto ai proprietari. Ma è obbligatorio per tutti, senza sconti o eccezioni.
Esistono intere discipline scientifiche nate e sviluppatesi attorno allo studio e alle applicazioni pratiche della manutenzione degli aerei e delle loro componenti.
Ad esempio, uno dei settori più importanti dell’aereo sono i suoi motori, che vengono realizzati in pratica da tre grandi produttori mondiali: Pratt & Whitney, General Electric e Rolls-Royce. Curare la loro manutenzione vuol dire comprendere i problemi di fisica della parte più delicata: gli enormi cuscinetti a sfera che permettono la rotazione dei compressori e delle alette del motore lungo l’asse centrale. Per questo è nata la tribologia, la scienza che studia l’attrito, l’usura e la lubrificazione di superfici che vengono strusciate l’una contro l’altra. Oppure, insieme all’avionica (l’elettronica aeronautica) adesso assume un crescente ruolo la meccatronica, la scienza che studia l’interazione fra meccanica, elettronica e informatica. Cioè le componenti fondamentali per realizzare un aeroplano.
Ogni giorno, grazie al lavoro svolto dai 26mila aerei di linea attualmente in uso nelle 240 compagnie aeree di 140 stati (i membri della IATA, l’associazione internazionale del trasporto aereo), volano otto milioni di persone: ogni ora ci sono più di 300mila uomini e donne sospesi fra i quattromila e i diecimila metri di quota; alla fine di ogni anno hanno volato più di 3 miliardi di passeggeri in totale. L’industria del trasporto aereo civile è l’unica che, da cinquant’anni a questa parte, continua inesorabilmente a crescere, nonostante le crisi e i rovesci economici e finanziari.
La sicurezza costruita attorno a questo gigantesco sistema di trasporto e di logistica, il più grande e complesso mai concepito dall’uomo fino ad oggi, poggia anche sulla complessa matrice di gestione delle vie dei cieli. La rete delle torri di controllo, dei centri di smistamento del traffico aereo, le invisibili strade del cielo seguite dai piloti e monitorate dagli occhi elettronici dei radar di tutto il mondo.
L’illuminazione, il momento di sublime consapevolezza del viaggiatore dei cieli che dicevo al principio è questo: aprire gli occhi a diecimila metri di quota, comodamente sdraiato nel suo sedile accanto al finestrino, e vedere nella propria mente tutta questa complessità; volare oggi non ha più il rischio dei vecchi aerei a pale, delle cabine non pressurizzate, delle tratte a bassa quota in balìa degli elementi, delle rotte che traversavano quella notte nemica raccontata con sublime lirismo da Antoine de Saint-Exupéry in Volo di notte – Corriere del sud. Volare oggi, in un’epoca di macchine straordinarie e di ancor più straordinari sistemi e modelli costruiti attorno alla meccanica, vuol dire capire profondamente il viaggio in aereo, quanto questa esperienza sia complessa, ricca e sicura. E quanto sia assolutamente unica e irripetibile.