Gli Oscar sono un grande programmatelevisivo
Come succede con il Superbowl, la cerimonia degli Academy Awards si spalma dal pomeriggio alla notte, per una decina di ore, a cominciare da un’infinito red carpet. Dopo lo sport, la domenica degli Oscar è il più grande ascolto televisivo dell’anno. Un grande programma tv che incrocia due industrie, piccolo e grande schermo, che esportano in tutto il mondo.
21st Century Fox (Rupert Murdoch) ha avuto il maggior numero di nominations (24) ma non va benissimo nel suo ramo tv. Invece Time Warner e Warner Bros, con meno nominations (11) hanno però portato a casa il successo American Sniper e si godono con HBO il primato delle serie tv. La “piccola” AMC, più celebre per Breaking Bad, Mad Men e The Walking Dead, ha realizzato Boyhood. Gli incroci negli studios di produzioni tv e e cinematografiche sono ormai frutto di una inestricabile connessione.
Noi pensiamo al cinema ma ci dimentichiamo che è un evento televisivo live, senza il quale gli Oscar non starebbero in piedi. Una verità tautologica che spiega perché il conduttore è importante. Con Ellen DeGeneres lo scorso anno si è arrivati ai 43 milioni di telespettatori domestici. Quest’anno la scelta di far presentare la serata a Neal Patrick Harris rende più difficile la scalata degli ascolti ma è più Hollywood classica e celebra cinema e tv insieme. Harris ha attraversato i due schermi anche se i suoi 13,5 milioni di followers su Twitter non sono i 39 milioni di Ellen (dedicato a chi crede, ahi ahi, nel primato e nell’amorosa corrispondenza di tv e uccellino).
All’ascolto di quest’anno si dice potrebbe mancare una fetta importante di pubblico, quello afroamericano. È sempre successo così quando nessun attore nero è stato incluso nelle nominations (come nel 2011). ABC, la rete che produce lo show degli Oscar ha provato nei giorni scorsi a promuovere la serata nelle sue “serie black”, Scandal e How to get away with murder. L’errore, giaà si dice, potrebbe essere quello di non avere affiancato ad Harris proprio la star di Scandal, Kerry Washington. La chimica degli ascolti è studiata nei laboratori di Hollywood nei dettagli. Ad esempio si calcola che la media del percorso impiegato dai vincitori per salire sul palco sia di 40 secondi e per questo i favoriti sono piazzati il più possibile davanti. E che, contrariamente a quello che si pensa, i numeri di attrazione teatrale (monologhi, balletti, canzoni) fanno più ascolto dei ringraziamenti commossi alla moglie, al marito, eccettera, dopo la vittoria.
La visione di film e serie tv si è omologata, spegnendo gradualmente le sale che resistono solo per i blockbusters. Vediamo tutto, troppo sui computers e nulla è più magico. Consumiamo puntate di serie e opere cinematografiche con una bulimia che non lascia sedimenti nella memoria. È la grande confusione sotto il cielo che ha chiuso i libri, con l’alibi che i racconti in video sarebbero la letteratura della contemporaneità. Gli Oscar sono esattamente al culmine di questa confusione, sono la messa cantata del cinema officiata dalla televisione. Per dire del primato conquistato dal piccolo schermo.
Boyhood, il film che più mi è piaciuto, è lo sviluppo di un’idea televisiva, prodotta da Granada Television. Ogni sette anni Michael Apted è andato a trovare 14 cittadini inglesi di diverse classi sociali cha avevano, nel primo episodio, 7 anni. Nell’ultimo l’età dei protagonisti era 56 ed era il 2013. Due di loro non ci sono più. L’idea di raccontare la vita, seguendo il corso del tempo reale, è propria della televisione. Il fatto che sia diventata un film spiega tutto.
PS Neal Patrick Harris ha condotto in modo perfetto. Non avra’ fatto sganasciare dalle risate ma ha rotto quella stucchevole tradizione degli standing comedians che fanno finta di trattare male i famosi seduti in sala.
Patricia Arquette ha scatenato un’ovazione quando ha chesto “equal pay for women” e non credo dicesse solo per chi lavora nell’industria cinematografica.
Tra i documentari ha vinto Citizenfour, la storia di Snowden, che va in onda su HBO.
Pianti, applausi, tutti in piedi per la vittoria di Glory, la canzone ( bella ) di Selma.
Altro momento di delirio in sala con lo “Stay weird, stay different” del vincitore della sceneggiatura adattata da un libro, Graham Moore. A 16 anni, ha detto, voleva suicidarsi.
Vince Birdman, migliore film, e mi dispiace per Richard Linklater, regista straordinario di Boyhood e non solo.