La televisiun
Mi scrivono un’amica e un amico a proposito di quelle quattro righe su Landini che non erano su Landini. Potevano essere su Renzi, intervistato su Rai 3 da Fazio e due giorni dopo sulla stessa rete a Ballarò. I due amici mi dicono, diversamente, “basta con questa antiitalianità”. Due fanno già una folla, per i miei metri casalinghi. Provo a spiegarmi. Parlo di televisione. E della confusione tra il paese e l’elettrodomestico che ha amplificato la piazza in cui i pensionati si trovano a bere un caffè e a parlare di Landini e Renzi.
Sembra, a chi vive in Italia, ai miei due amici (e immagino a tanti altri) che trascorrere le serate (e le mattine e i pomeriggi, in casi estremi) ad ascoltare parole sulla “riforma del lavoro” (ma anche ho visto in settimana “sui puttan tour”) sia da paese normale. E che io, lontano da dieci anni, dal mio paese, non colgo la “drammaticità’” della fase.
Colgo, colgo amici miei. È che penso che la televisione dovrebbe fare altre cose, nella sua massima parte. Intrattenere, farci riflettere, visitando luoghi del mondo e “dell’anima” in cui non andiamo tutti i giorni.
Nel paese in cui vivo da dieci anni, il presidente, capo del governo comunica quotidianamente attraverso il capo ufficio stampa e concede poche, pochissime mirate interviste ogni anno. Per il resto c’è la filiera di tv allnews che riempiono la giornata dei pensionati e non. La televisione generalista fa altro. Le stesse news sono ridotte a poca cosa, perché l’informazione digitale le ha trasformate. I mezzibusti, i corrispondenti stanziali sono morti (se mai sono esistiti in America).
Non si tratta quindi solo dei talk show. Il corto circuito della politica con il tubo non più catodico è una storia tutta italiana. Ficcatevelo in testa, amici miei. Siete voi che lo fate strano.
PS:
«La televisiun la g’ha na forsa de leun
la televisiun la g’ha paura de nisun
la televisiun la t’endormenta cume un cuiun»
(Enzo Jannacci)