Transparent, la serie tv dell’anno
Avevo visto il numero zero donato gratis da Amazon circa un mese fa. Avevo scritto “bellissimo”.
Confermo. Con qualche parola in più.
Amazon come Netflix ha centrato una serie che potrebbe farne un altro polo della visione che si sta spostando fuori dalla televisione. Certamente meno generalista di House of Cards ma ficcata dentro quella cosa che chiamiamo famiglia e che è un incrocio di relazioni più interessante in questa fase, che qualcuno già battezza come quella “di un nuovo ritorno al privato”.
La scena finale della decima puntata illumina una confusione di ruoli, identità sessuali come mai si era vista in televisione. Dopo un funerale ebraico. A tavola, alla fine di una serie di colpi di scena, il dramma si apre alla commedia. Si, perché la serie, dieci episodi di 30 minuti, è classificata come “dark comedy”. Me la sono bevuta in due giorni, da quando è stata messa online da Amazon per i suoi clienti di Amazon Prime, venerdì sera. Fino a poco tempo fa con 79 dollari all’anno si pagava il servizio celere delle merci acquistate e una porta aperta su un magazzino video simile a tanti altri sul mercato. Ma ora siamo arrivati alle serie originali, il salto che ha fatto la fortuna di Netflix.
Siamo a Los Angeles, dentro una famiglia in cui il padre, divorziato, settantenne (un meraviglioso Jeffrey Tambor) si veste da donna e decide di uscire fuori e comunicare la novità ai tre figli, adulti. Lui è professore universitario, la casa è bella, il figlio maschio musicista di successo, le due figlie, una sposata con bambine, l’altra che ricorda Hannah di Girls. Tutti con degli ego ipertrofici (e quindi buoni per la tv). Ma con un filo che li riannoda tutti ogni volta che sembrano sul punto di essere separati per sempre. È amore, affetto, accettazione dell’altro. Quello che vediamo è un microcosmo che pare uscito da Raymond Carver, rivisitato da una mano più affettuosa, più complice, meno gelida e, ovviamente, più contemporanea. La nostra famiglia di Transparent (autrice Jill Soloway) non è più quella dei bozzetti di Woody Allen che hanno capitalizzato Altman.
Come è successo con Girls, ci sono serie tv che arrivano esattamente quando se ne sente il bisogno. E allora perdoniamo cose (stereotipi, faccette) che in altri casi ci fanno spegnere l’aggeggio che stiamo guardando. E proprio a Girls dice di dovere molto Jill Soloway.
Nota biografica, il padre della stessa ideatrice di Transparent si dichiarò transgender.
Dimenticavo, molte storie di sesso. Anche dello stesso sesso. E una battuta da incorniciare della moglie divorziata dell’anziano protagonista trans che gli dice, con tenerezza “e così il nostro è stato un matrimonio gay, prima che diventasse di moda”. E i due si abbracciano, scoppiando a ridere.