Andare ai concerti, dopo i 60 anni
Bruce Springsteen (64 anni) è quello che tiene meglio. I Rolling Stones, visti l’anno scorso al Madison Square Garden, erano da ascolto radiofonico e basta (Mick Jagger, 70 anni, bisnonno annunciato nel 2014).
Le rockstar, passati i 60 anni, sgambettano sui palchi, si pittano le capigliature e pubblicano biografie. Molte sono di maniera, spesso autocelebrative. Graham Nash (71 anni) ha pubblicato la sua. E mi sono ricordato di uno degli ultimi concerti che ho visto, Crosby Stills e Nash insieme, due o tre anni fa: e la noia, nemmeno nostalgica, che mi aveva assalito. Ma non sono loro, le rockstar, ad essere modernariato. Ci sarà sempre un casinò di Las Vegas che accoglierà un loro spettacolo fino all’ultimo giorno. Penso a chi si specchia in loro e paga il biglietto, facendo confusione tra la propria biografia e quella dei famosi, immortali per definizione.
Tra le biografie, è appena uscita quella di Donald Fagen (Eminent Hipsters, edizioni Viking) ex degli Steely Dan. Steely Dan, il nome del gruppo, è una citazione da William Burroughs, il nome di un vibratore nel “Pranzo Nudo”.
Fagen ha fatto più rumore di altri, in questi giorni. Perché ha detto cose che in molti, credo, hanno pensato il giorno dopo avere messo quel sei davanti allo zero.
C’è un’età in cui dire basta ai concerti rock? A parte cantare in coro e alzare l’accendino, dico proprio un’età in cui non andarci più?
Donald Fagen (65 anni) scrive di un suo concerto dello scorso anno in cui il pubblico era così “geriatrico” che dice “di essere stato tentato ad un certo punto di mettersi ad estrarre i numeri del bingo”. Ma questo pubblico, “in piedi, dimenandosi, ballava rock’n’roll tutto il tempo”.
E allora la conclusione di Fagen è: “questo è quello che io faccio ormai. Assistenza agli anziani”.