L’isola dei famosi: dal buio di Manhattan
L’isola di Manhattan è spaccata in due. Upper East Side e Upper West stanno bene (il nord). Dalla quarantesima strada fino a tutta downtown (il sud) è nero pece.
Senza corrente a cui è appiccicata tutta la nostra vita (non solo luce e quindi tv, connessioni varie, frigorifero, gas, riscaldamento ma da ieri anche senza acqua per chi come noi abita al decimo piano). Ferme la consegna posta e la raccolta della spazzatura, nella metà dell’isola bladerunnerizzata. Il deli coreano sotto casa resiste impavido aperto 24 ore e mi assicura che tutto quello che vende è fresco mentre il supemercato una strada sotto è chiuso.
Nulla di drammatico. Si sopravvive, passando più tempo nell’altra parte della città, quella illuminata. Certo non facciamo salti di gioia. Intorno a me, nel palazzo, nelle strade vedo solo gente paziente che attende il ritorno della città delle mille luci. Io ho più un’abitudine a prendermela con qualcuno, in questi casi. Il sindaco, la corporation che ci dà la luce, ecc. Il sindaco, soprattutto, che bulleggia ogni cinque minuti in televisione e ha detto a Obama di stare a casa che lui ha troppo da fare e intralcerebbe i lavori in corso. Al contrario del governatore del New Jersey, Chris Christie che, probabilmente per altri calcoli politici futuri, ha detto che Obama fa bene ad andare nelle zone colpite.
Gli americani in genere convivono audacemente con i disastri naturali e New York ha capito in un recente passato di non essere inattaccabile.
Due, quattro, cinque giorni al buio ancora, non si sa. Sta cambiando anche il corso della campagna elettorale e si discute se sia un bene o un male per il presidente in carica che, nella illuminatissima Casa Bianca, segue la catastrofe meglio del sindaco Bloomberg.
Non scherzo.
Ha stupito moltissimi con cui ho parlato qua a New York come non fossero state approntate difese fisiche superiori alle centrali elettriche e agli ingressi delle metropolitane. E, soprattutto, non si vedono piani di riserva.
Vedo poi che anche i sondaggisti brancolano nel buio dando versioni diverse di questa emergenza. Obama potrebbe godere di questa disattenzione dalle campagne e attenzione sulla catastrofe. Ma non è detto perché Romney viaggia con il vento che soffia alle sue spalle con modalità più confortevoli di Sandy (importanti endorsement di giornali favorevoli a Obama nel 2008).
La televisione generalista ha allungato le ore di news, conservando nei palinsesti molte delle serie che la tengono in piedi. L’altra, quella allnews, vive il suo classico momento di massima esposizione e vampireggia il disastro.
Questa era una settimana fondamentale per tante cose. Vi risparmio quelle private. Mio figlio, a casa da scuola, senza più una vita iperconnessa, mi appare incredulo. Materiali per riflettere. In questa notte lunga 24 ore in cui l’isola dei famosi ha perso, per sempre, il suo “eccezionalismo”. O, forse, con quello che si avvia ad essere il blackout più lungo della storia delle metropoli moderne, lo ha ancora una volta riaffermato.