Da Ruggero Orlando a You Tube
Entro la fine del mese dovrebbe essere chiusa (da Roma-Viale Mazzini-CdA RAI) la storica sede RAI di New York (con altre). Ottimizzazioni, tagli, nuove strategie. Non so dei primi due, se non che sono coinvolti tanti che conosco, alcuni alla RAI da vent’anni e più, che nessuno si sognerebbe di lasciare a casa se la loro residenza fosse a Roma e dintorni. Non ho idea di come si muoveranno sindacati italiani, unions americane e, a cascata, studi e stuoli di avvocati contrapposti.
Mi interessa dire delle “strategie” passate, di come si è arrivati a questa amputazione, in una fase in cui Mediaset ha avviato uno sbarco delle sue proposte televisive sul mio broadcaster di New York, specchiando l’offerta depauperata di Rai International. Tralascio dunque considerazioni di altra natura sulla sede di New York (stipendi, esuberi) che non mi riguardano e dico due cose sui prodotti, i contenuti.
La RAI a New York nacque più di mezzo secolo fa per fare news, per raccontare agli italiani quello che accadeva nel mondo. Ancora oggi, entrando nella sede di New York, ti accoglie una gigantografia di Ruggero Orlando, la nostra America identitaria e primitiva, che fa ciao con la manina. Ogni corrispondenza di Orlando (e Carlo Mazzarella e Antonello Marescalchi) erano piccoli racconti che ci arrivavano da un mondo che conoscevamo attraverso di lui/loro e poco altro (giornali, radio molto meno). Le serie televisive doppiate erano allora spesso inattuali e favolistiche (non come Homeland oggi).
Poi, con un bel salto temporale, è arrivata quella cosa che conosciamo perché ci rimbalziamo sopra ogni giorno, la rete. Ed è cambiato (o finito a seconda dei punti di vista) il mestiere di corrispondente estero. Seduto sui circuiti televisivi convenzionati o piratati da YouTube, chi lavora fuori dall’Italia confeziona pezzetti che si potrebbero tranquillamente cucire nella sartoria romana di Saxa Rubra, sede dei TG.
Qui le colpe sarebbero individuabili ma non serve provare a capire perché succede (poco interesse per gli esteri, pochi soldi per i viaggi, poca sensibilità a proposte che non siano quelle già amplificate dai siti di Repubblica e Corriere). Il risultato è stato lo svuotamento progressivo del senso profondo di una presenza dei TG in terre straniere. È che i telegiornali italiani sono contenitori costruiti con le miserabili bilancine dettate dalla politica.
L’unico TG che fa un racconto diverso, non a strappi, a patchwork, è quello che prova a fare Mentana. Una narrazione (sì, scusate la parola) centrata sullo storyteller, il conduttore unico. Come fanno in America, con più mezzi. Per cui ogni giorno ritrovi sempre lui/lei, conduttore unico non occasionale lettore, che ti accompagna all’ora canonica nel racconto della giornata. La differenza tra Mentana e l’America c’è ed è che gli esteri pesano e quindi i collegamenti sono con inviati sul posto (quasi mai stanziali) che girano grandissima parte delle cose di cui riferiscono, senza fare giornalismo-You Tube.
Questo per dire che la chiusura della sede RAI di New York o passa attraverso un “riformat” dei TG o semplicemente è una cosa che può far bene alle casse (ma è da vedere) ma non al telespettatore.