I Santoro americani
Things change (but not so fast). Potrei aprire e chiudere così, con una citazione aggiustata, questo post su quelli famosi che in America sono andati via dai grandi networks e stanno provando a fare da soli la televisione.
Ho visto, ascoltato il bilancio fatto da Santoro della sua esperienza da Fabio Fazio. Ha ragione Santoro quando dice che il suo ” risultato è strepitoso”, partendo da zero. Si è diffusa invece, mi pare, in Italia la percezione di un quasi fallimento. Questo perché gli strumenti di misurazione non solo dell’ascolto ma del gradimento e del riflesso sul consumo sono rimasti a epoche lontane. Se fosse così in America, autentici fenomeni culturali sulla bocca di tutti ( da Jon Stewart alle serie di AMC ) sarebbero già chiusi. Perché non fanno ascolti oceanici, non accompagnano all’appisolamento centinaia di migliaia di analfabeti digitali che insieme fanno quei numeri che consentono alle televisioni generaliste italiane di gridare ai miracoli, alla salvezza della baracca, quando avvengono (ti voglio bene mamma ma ci sei anche tu). Ma parliamo di consumatori residuali.
Lanciato questo grido in lode dei pochi ma buoni (per la pubblicità) rimane comunque un problema di numeri applicati alla demografia e di peso, orientamento nella conversazione pubblica. Come vanno allora Oprah, Glenn Beck e (ma sì) pure Keith Olbermann, tre che hanno lasciato pubblici di riferimento grandissimi, grandicelli e un poco meno grandi, nell’ordine.
Intanto vanno in onda su tre cose completamente diverse. Cominciamo da Oprah. Rimane la numero uno della televisione americana e lo sarebbe anche se si materializzasse una volta all’anno in una ospitata. Nessuno come Oprah ha saputo legare e mettere in comunicazione tra loro, in venticinque anni di daily show, pubblici diversi partendo da uno svantaggio culturale scavato nella storia americana e nella sua, di ragazza afroamericana del Mississippi, vittima di violenze sessuali domestiche. Poi, un anno fa, ha fondato la sua rete televisiva, OWN, come dice l’acronimo (Oprah Winfrey Network), roba mia. OWN si può vedere in chiaro sul cable senza dovere pagare quei 10 dollari in più al mese che costano, ad esempio, HBO o RAI Italia. OWN va in onda al posto di Discovery Health, partner di Oprah nel business, ma gli ascolti non sono stati entusiasmanti, poco più di quanto raccoglieva il vecchio canale ( 297.000 spettatori in prime time nei primi quattro mesi ). L’impegno reale di Oprah nella nuova impresa sta partendo però in questi giorni, dopo una lunga vacanza (di lavoro). Prima si era limitata al lancio del canale. Riparliamone tra tre anni per un bilancio, ha detto Oprah.
Glenn Beck è stato una voce influente nell’orizzonte conservatore, fino a convocare una riuscita, grande manifestazione a Washington nell’agosto 2010. Ha portato a casa FOXNews ascolti impensabili (2 milioni alle cinque del pomeriggio) ma ha anche allontanato molta pubblicità ( nonostante fosse il primo, solo 39 advertisers contro i 59 di MSNBC e i 100 di CNN nella stessa ora ). Lasciata FOX dove era diventato potente ma ingovernabile ha fondato il suo Internet network, GBTV a cui si accede sottoscrivendo un abbonamento. A casa sua, l’apocalittico, cospirazionista Beck ha stretto un’alleanza con la Major League Baseball per lo streaming e con Clear Channel, suo partner alla radio. Perché questa è la differenza con gli altri fuggiaschi dalle reti generaliste, che Beck è prima di tutto un ascoltato conduttore radiofonico. Uno di quei manovratori di talk shows che in America sono più influenti degli stessi colleghi televisivi ( e questa è una storia ancora tutta da raccontare ). Prima ancora di partire Beck aveva già raccolto 230mila abbonamenti. Un bello zoccolo di partenza per una rete che sta ora allargandosi a shows diversi, a cominciare dai reality.
Keith Olbermann è un caso ancora diverso. Non si è lanciato in imprese proprietarie, dopo essere andato in rotta di collisione con tutti i networks per cui ha lavorato, pur raccogliendo ascolti considerevoli ma mai all’altezza di Beck e soprattutto di Oprah. Un nano in confronto agli altri due ma influente, che ha trovato in Current TV , la casa di Al Gore, una compagna di viaggio con cui ha dimostrato negli ultimi tempi di non trovarsi benissimo. Non ha dato a Current quella spinta che speravano sia lui che i suoi datori di lavoro e pare abbia cominciato a lamentarsi della povertà minimalista di quanto lo circonda. Dal milione di telespettatori di MSNBC è andato ai 200mila di Current, con in tasca un contratto che si dice sia da 50 milioni per cinque anni. Non lo si è visto in Iowa e New Hampshire per l’inizio delle primarie repubblicane ma ora pare avere trovato un nuovo accordo con Current (che entra in “soli” 60 milioni di case americane).
You Tube e gli annunciati cento canali stanno lanciando la YouTV, la tivù personalizzata. Nessuno sa dirci cosa sarà il futuro di una TV sempre più web e giocata su multipiattaforme. La scommessa di Madison Avenue per questa modernità televisiva è la costruzione di un modello di business che non distrugga completamente il primetime, nella ormai acclarata, inarrestabile frammentazione dell’ascolto. E così i broadcasters, nel tentativo di arrestare la fuga di quelli che, come mio figlio, non guardano più la tv alle ore canoniche, almeno provano ad ancorare i contenuti Internet all’abbonamento cable. Se non paghi non vedi sulla rete. Per tenere insieme i pezzi del puzzle che “i famosi in fuga” stanno buttando all’aria, disegnando il loro futuro e anche il nostro.