Come dovrebbe essere scelta l’Auto dell’anno
La scorsa settimana sono state annunciate le sette finaliste che concorreranno per il titolo europeo di Auto dell’anno 2015, la vincitrice della “short list” – che comprende BMW Serie 2 Active Tourer, Citroen C4 Cactus, Ford Mondeo, Mercedes-Benz Classe C, Nissan Qashqai, Renault Twingo e Volkswagen Passat – sarà annunciata al prossimo Salone di Ginevra (5-15 marzo 2015).
L’assenza più vistosa quest’anno è quella dell’accoppiata Fiat 500X – Jeep Renegade, ma la storia del riconoscimento alla “most outstanding new car to go on sale in the 12 months preceding the date of the title” (auto più rilevante ad essere andata in vendita nei 12 mesi che precedono la data del titolo, cito dal sito ufficiale) è stata spesso piuttosto controversa.
Nato nel 1964 dall’iniziativa di alcune riviste europee del settore automobilistico, oggi il premio coinvolge 58 giornalisti esperti provenienti da 22 nazioni, che hanno il compito di assegnare un punteggio ai modelli candidati sulla base delle categorie design, comfort, sicurezza, economicità d’esercizio, guidabilità, prestazioni, funzionalità, rispetto per l’ambiente e rapporto qualità/prezzo.
Negli ultimi cinquant’anni questo sistema di valutazione ha offerto momenti di discreta ilarità motoristica, già il podio del primo anno avrebbe dovuto far capire che qualcosa non andava: la Rover 2000 vinse contro la Mercedes-Benz 600. Il 1965 regalò un terzetto ancora più divertente: Austin 1800 e Autobianchi Primula precedettero la Ford Mustang. Si sarebbe dovuto chiudere lì, o per lo meno riformare il sistema di votazione facendo in modo che la somma delle valutazioni corrispondesse in qualche modo alle qualità intrinseche e commerciali dei singoli modelli, ma niente.
Scorrendo la lista delle vincitrici, buonsenso e involontaria ironia si mescolano in un ordine apparentemente privo di coerenza: si va da scelte più che ragionevoli come la Fiat 124 del 1967, la Peugeot 504 del 1969 o la Fiat 500 del 2008, a Carneadi come la Simca Horizon del 1979 o la Ford Scorpio del 1986. Anche gli anni recenti hanno seguito lo stesso trend da montagne russe, con l’evanescente duetto Opel Ampera – Chevrolet Volt premiato nel 2012 (un caffè gratis a chi ne ha viste su strada almeno due), cui è seguita nel 2013 l’auto che – se i gusti del pubblico europeo e le prospettive di vendita contassero qualcosa – avrebbe dovuto vincere “di default” a ogni sua nuova generazione, la Volkswagen Golf.
Un premio al modello che meglio rappresenta l’eccellenza “quotidiana” nel mondo dell’auto di per sé ha senso, specie se viene decretato da giornalisti di provata esperienza, ma la metodologia con cui si assegna il titolo di Auto dell’anno europea – di fatto – finisce per essere una pessima pubblicità alla democrazia. Per riavvicinare questo premio alla realtà bisognerebbe cambiare radicalmente il sistema di votazione; i giudici dovrebbero trovarsi tutti insieme in un pub, scolarsi qualche birra per rimuovere la patina ingessata tipica di questo genere di consessi e poi via gli asettici punteggi divisi per categorie troppo generiche, dentro domande di semplice buonsenso come:
1. Su quale auto scommetteresti la tua tredicesima per avere in cambio il 5 per cento dei profitti sulle vendite?
2. Quale di queste auto parcheggiata sul tuo vialetto ti farebbe sentire più affascinante?
3. Con quale di questi modelli andresti a prendere la tua attrice o il tuo attore preferito per una serata romantica?
4. Quale di queste auto, appena l’hai vista, ti ha fatto pensare “Ehi, mi piacerebbe proprio averne una”?
5. In quale di queste auto ti sentiresti tranquillo a mandare in giro un figlio neopatentato?
6. Secondo te, quale di questi modelli tra quindici anni non sembrerà un pezzo di preistoria meccanica e/o estetica?
7. Quale di queste auto guidandola ti ha fatto sentire bene?
Ma soprattutto: se dovessi farlo con i tuoi soldi, quale ti compreresti?
Sembrano domande troppo soggettive, prive di aura analitica, ma pretendere oggettività nei confronti delle auto mi sembra un approccio sbagliato. Queste sono prodotti complessi e buona parte del loro fascino – o di quel poco che ne resta, visto la tendenza sempre più imperante a trattarle come elettrodomestici privi di carattere – non sta nei centimetri, nei chilometri al litro o nella accelerazione 0-100 km/h, ma nel benessere che infondono in chi le guida e nella loro capacità di soddisfare i nostri bisogni quotidiani di mobilità.
Limitarsi a misurare un’auto è sbagliato, sarebbe come dare il premio Campiello a un libro perché usa pochi avverbi o ha tutti i paragrafi della stessa lunghezza, qualcosa del genere. Tecnicamente si può fare, ma è un approccio quantomeno fuori luogo, incompleto, perché “le macchine” (quanto mi urta questa espressione) non sono solo macchine, sono parte della nostra vita e della nostra libertà. Quando le compriamo, crediamo di misurare il bagagliaio, di contare i vani portaoggetti, ma inconsciamente scegliamo il modello che – nei limiti del nostro budget e delle nostre necessità – ci fa sentire meglio e ci piace di più. E il piacere, il gusto, il preferire, la sensazione che un’auto ci regala quando siamo a bordo non si misurano né sono universali. Se così non fosse, basterebbe per tutti un unico modello in taglie diverse: small, medium, large ed extra large, come le magliette.
Forse (di sicuro) la mia lista è un po’ troppo improvvisata per un concorso autorevole come l’Auto dell’anno, ma dopo la sfilza di punteggi una domanda, almeno una, la metterei: in quale di questi modelli ti vedi più felice?