Allo zoo, a fotografare come stanno le bestie feroci
E’ quello che ha fatto, e continua a fare, Britta Jaschinski, fotografa tedesca stabilitasi a Londra ormai da molto tempo. Queste foto appartengono al progetto (e libro, che consiglio caldamente) Zoo (Phaidon 1996). Tra il 1992 e il 1995 ha visitato zoo di tutto il mondo. E ciò che ne ha ricavato è un libro cupo, con foto in bianco e nero dove il nero vince sempre, a raccontare la vita di animali annoiati, frustrati, alienati, l’angoscia passata attraverso la lente della sua macchina fotografica (come afferma Jaschinski in un’intervista); il progetto è un atto di accusa dell’autrice alla vita dietro le sbarre. Pur con queste premesse, il lavoro non ha quasi nulla di documentaristico: le foto sono ritratti, a volte rubati, a volte parziali, sicuramente inusuali. In alcune fotografie sono solo ombre, riflessi, presenze che catturano la nostra attenzione e ci portano a domandarci da dove deriva quel senso di inquietudine che ci invade, guardando queste foto. Torniamo a chiederci se sia sbagliato costringere un animale a vivere in condizioni di cattività o se sia l’unico modo per fare sopravvivere animali che ormai non appartengono più alla natura selvaggia.
Alla fine del libro, una postfazione scritta da Jaschinski chiarisce meglio la sua fotografia: “Le mie foto non illustrano, ma sembrano incarnare quei motivi di disagio che io sento, come forse capita ad altre persone. L’intenzione è di permettere un’interpretazione con sfumature diverse, così che, se qualcuno dei miei sentimenti, delle mie impressioni e dei miei modi di vedere riflette qualche verità, questa sia riconosciuta dall’osservatore stesso”.