Tra le celebrità va di moda produrre tequila
Lo fanno George Clooney, Lebron James e anche Guè, un po' perché conviene, un po' per una questione di status

Oltre all’enorme fama, la modella Kendall Jenner, l’imprenditore Elon Musk e i cestisti Michael Jordan e LeBron James hanno un’altra cosa in comune: tutti producono o sponsorizzano tequila, un distillato messicano che da almeno una decina d’anni è diventato molto popolare tra le celebrità che vogliono avviare un’attività imprenditoriale sfruttando il proprio seguito. Molti fanno risalire le origini di questa tendenza a George Clooney: nel 2013 fondò il suo marchio di tequila, Casamigos, che riuscì a vendere alla multinazionale britannica Diageo per più di un miliardo di dollari dopo soli quattro anni.
Clooney non è stato il primo personaggio del mondo dello spettacolo a fondare un marchio per poi cederlo a un grande gruppo: era stato anticipato per esempio da Justin Timberlake (Sauza 901) e Carlos Santana (Casa Noble). Nessuno fino a quel momento era però riuscito a concludere una vendita così redditizia: Eugenia Torelli, giornalista di Linkiesta Gastronomika, dice che quello fu «il punto di lancio degli investimenti delle celebrità nei distillati in generale, soprattutto in tequila ma non solo».
Da allora, seguendo l’esempio di Clooney, anche altre celebrità hanno provato a inserirsi nel mercato della tequila (o “del” tequila): tra loro ci sono l’attore Matthew McConaughey, l’attrice Eva Longoria, i Chainsmokers (un duo di musica dance newyorkese), il cantante Sammy Hagar e molti altri.
Con un’intensità inferiore, anche in Italia alcune celebrità hanno cominciato a dedicarsi a questo distillato: i due esempi più famosi sono quelli del rapper Guè (Cosimo Fini), che ha fondato un suo marchio, e del Milan, una delle squadre di calcio più tifate del paese, che ha realizzato una tequila in collaborazione con Cincoro, il marchio di tequila di proprietà di Michael Jordan.

(Denise Truscello/WireImage/Getty Images)
Oggi negli Stati Uniti l’associazione tra celebrità e tequila è diventata così scontata da essere considerata una specie di cliché. Alcuni piccoli produttori hanno costruito l’identità dei loro marchio proprio a partire dalla contrapposizione a questo stereotipo: un esempio è quello di Not A Celebrity Tequila, fondato nell’estate dello scorso anno dall’imprenditore statunitense Andrew Bushby, che ha scelto questo nome per enfatizzare che il suo prodotto non è affiliato in alcun modo a una qualche celebrità, e che quindi dovrebbe essere giudicato soltanto in base al gusto e alla qualità della fermentazione.
Parlando dell’intuizione di Bushby, la giornalista del Washington Post Carrie Allan ha scritto che «il fatto che una nuova tequila debba promuoversi a partire da ciò che non è dovrebbe darci un’idea di dove siamo arrivati».

(Chris Hondros/Newsmakers)
Ci sono vari motivi che hanno reso conveniente investire nella tequila. Il primo, come ha scritto il giornalista di VinePair Tim McKirdy, è il processo di produzione. Solitamente le celebrità lavorano con appaltatori per produrre le loro tequila, e di conseguenza non hanno bisogno di aprire una distilleria o piantare da zero delle colture di agave (la pianta da cui si ricava il distillato) e aspettare gli anni necessari perché maturino (come minimo cinque).
Un altro fattore da considerare è il costo del lavoro, che in Messico (il paese in cui la tequila viene prodotta) è decisamente più basso rispetto agli Stati Uniti.

(George Rose/Getty Images)
Ma la tequila è vantaggiosa anche per un altro motivo: alcune varietà non richiedono un lungo processo di invecchiamento, e questa circostanza consente di posizionarsi sul mercato piuttosto velocemente. Per esempio, la tequila cosiddetta blanco riposa in botte al massimo due mesi, e in alcuni casi non invecchia affatto.
Anche altre varietà, come per esempio l’añejo, hanno periodi di invecchiamento più lunghi (da 1 a 3 anni), ma comunque nettamente inferiori rispetto a quelli necessari per ottenere altri liquori, come il whisky o il rum. Ann Moran, direttrice della società di consulenza Thoroughbred Spirits Group, specializzata nel mercato degli alcolici, ha detto che «la spesa in conto capitale [della tequila] è molto più bassa rispetto ad altre categorie».
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Ma anche al di là alla convenienza, ha aggiunto McKirdy, le celebrità producono tequila per una questione di status, dato che «possedere o lanciare un marchio di tequila aggiunge il tuo nome a una conversazione che include George Clooney, Michael Jordan e The Rock», la nona persona più seguita su Instagram.
Secondo Fabio Piccoli, direttore di Wine Meridian, un altro fattore del successo della tequila sono le scelte di comunicazione adottate da alcuni produttori, che definisce «inclusive e lungimiranti». «Coinvolgere celebrità così famose ha consentito di raggiungere un largo numero di nuovi clienti, anche perché la loro immagine trasmette raffinatezza e affidabilità: due aspetti che hanno una grande presa sui clienti giovani e più sprovveduti», dice Piccoli. In questo modo, ha aggiunto, queste aziende «hanno saputo raggiungere un pubblico composto non soltanto da appassionati o addetti ai lavori, ma anche da persone che di cultura del bere sanno poco o niente».
Piccoli e Torelli concordano sul fatto che, negli Stati Uniti, la fama della tequila è aumentata anche grazie ai tanti baristi che l’hanno utilizzata nelle loro miscelazioni: è infatti l’ingrediente principale di cocktail molto famosi e associati a un immaginario esotico e festaiolo, come Margarita, Tequila Sunrise, Agua de Vida e Paloma.
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