Ci sono state ampie proteste ad Haiti, contro le gang e contro il governo
Il paese caraibico è controllato in parte dalle bande criminali, le autorità sono deboli e non hanno gli strumenti per contrastarle

Mercoledì a Port-au-Prince, la capitale di Haiti, migliaia di persone hanno manifestato contro il governo, accusato di non essere in grado di contrastare le bande criminali che da ormai un anno controllano molti aspetti della vita quotidiana e politica nell’isola caraibica. Le proteste sono iniziate in modo pacifico, ma poi gruppi più piccoli di manifestanti armati hanno iniziato a sparare contro gli agenti delle forze di sicurezza, e sono iniziati gli scontri. Non ci sono notizie di feriti.
I manifestanti hanno accerchiato le camionette dell’esercito e incendiato i copertoni. Uno di loro ha detto ad Associated Press che lo scopo delle proteste era destituire il consiglio presidenziale di transizione, l’ente di governo entrato in carica nell’aprile del 2024 proprio per contrastare l’azione delle bande criminali.
Haiti occupa metà dell’isola caraibica di Hispaniola (l’altra metà è la Repubblica Dominicana), nel mar dei Caraibi, ed è uno dei paesi più poveri del mondo. Da tempo gruppi di criminali armati controllano parti di territorio e terrorizzano la popolazione con incursioni, saccheggi, esecuzioni e stupri. Nell’ultimo anno però la situazione si è aggravata parecchio.

Manifestanti attorno a un veicolo dell’esercito, 2 aprile 2025 (AP Photo/Odelyn Joseph)
A marzo del 2024 alcune tra le più potenti gang si allearono contro il governo con l’intenzione di destituirlo. Attaccarono prigioni, aeroporti e stazioni di polizia e causarono le dimissioni dell’allora primo ministro Ariel Henry (da allora Haiti ha avuto altri due primi ministri: l’attuale è l’imprenditore Alix Didier Fils-Aimé).
Da circa un anno Haiti è in una situazione di stallo politico e vive una grave crisi umanitaria: finora il consiglio presidenziale di transizione ha avuto scarsissimo successo nel contrastare l’azione delle gang. Si stima che l’85 per cento della capitale Port-au-Prince sia in mano alle bande criminali, che si sono estese anche in altre aree dell’isola e compiono attacchi regolari contro la popolazione e le strutture governative.
Lunedì alcune bande hanno attaccato una prigione a Mirebalais, una cittadina circa 50 chilometri a nord est della capitale. Hanno liberato più di 500 detenuti e costretto le persone a scappare dalle proprie case. A dicembre avevano attaccato il più grande ospedale del paese nel giorno della riapertura, dopo mesi di inattività. A ottobre avevano ucciso decine di persone e ne avevano costrette migliaia a fuggire, in uno dei peggiori massacri tra i civili commessi dalle gang.
Oggi ad Haiti a causa delle gang centinaia di migliaia di persone sono sfollate, e molte organizzazioni umanitarie hanno dovuto lasciare l’isola per impossibilità di operare. Il commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite ad Haiti, William O’Neill, ha definito il paese una «prigione a cielo aperto» per la sua popolazione. «Le gang stanno invadendo quartieri un tempo considerati sicuri, uccidendo, stuprando e bruciando case, negozi, chiese e scuole» ha detto.
Nonostante il supporto di una missione di peacekeeping dell’ONU, la polizia non dispone né dei mezzi né delle risorse umane necessari per contrastare efficacemente le gang. Per questo motivo, i cittadini si sono organizzati in comitati di autodifesa, che però non possono contare su risorse comparabili a quelle delle bande criminali.
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