Cosa sono e come funzionano i dazi
Per capirci qualcosa, al di là dei molti annunci di Trump

Da mesi ormai si sente sempre più spesso parlare di dazi, soprattutto a causa dei molti annunci in merito fatti dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Sono uno strumento che fino a qualche anno fa gli economisti ritenevano superato: la loro efficacia era stata messa in dubbio sia dalla teoria economica, che aveva provato la loro natura distorsiva e controproducente, sia dai benefici di decenni di globalizzazione e libero scambio.
I dazi sono un’imposta che si applica sulle merci in arrivo da un paese straniero. Si esprimono in valore percentuale del prezzo di vendita e di solito ricadono concretamente sull’importatore (quindi il paese che compra le merci), che li paga alla dogana del paese di ingresso.
Un esempio pratico. Il dazio verso i paesi dell’Unione Europea varrà il 20 per cento. Significa che, su un bene che costa 10mila dollari all’importazione, il grossista statunitense che lo compra dovrà pagare alla dogana 2mila dollari di dazio: portarlo negli Stati Uniti gli è costato 12mila dollari, più tutte le spese di trasporto, e dovrà venderlo a una cifra non inferiore se non vuole rimetterci. Se ci riesce l’onere del dazio ricade completamente sui consumatori, che si ritrovano a pagare un prezzo maggiorato.

Donald Trump mostra l’ordine esecutivo sui dazi, nel giardino della Casa Bianca (Jim Loscalzo-Pool/CNP via ZUMA Press Wire)
L’idea di fondo di un dazio è che rendendo relativamente più cara la merce straniera i consumatori sceglieranno di comprare merce nazionale. Il funzionamento reale del mercato, però, è molto diverso dalla teoria e le preferenze dei consumatori non sono influenzate solo dal prezzo. L’efficacia di un dazio dipende dal tipo di prodotto e dall’interesse che suscita sul mercato: tanto più è necessario e desiderato, tanto più i consumatori dovranno o vorranno comprarlo lo stesso, sopportando anche il sovrapprezzo del dazio, il cui onere ricadrà infine su loro stessi e non sul produttore.
L’alternativa è che il produttore decida di abbassare il prezzo all’esportazione, magari assorbendo il dazio pur di non perdere il mercato o per via di un calo degli ordini: l’onere del dazio ricadrebbe allora sul produttore, che ne sarebbe danneggiato. In questo secondo caso si dice che la domanda di un prodotto è elastica: tanto più la domanda di un bene è reattiva alle variazioni di prezzo tanto più è possibile che i dazi ricadano sul produttore.
Nella realtà sono pochi i casi limite in cui il dazio è sopportato interamente dai consumatori nazionali o dai produttori esteri, mentre è molto più comune che sia condiviso da entrambi, in misura diversa a seconda dell’elasticità della domanda. Generalmente comunque i prezzi tendono a salire, facendo così aumentare l’inflazione.

(AP Photo/Damian Dovarganes)
I dazi incidono anche sulla distribuzione del reddito tra ricchi e poveri: agiscono sia sui prezzi, come detto generalmente facendo aumentare il costo generale della vita, sia sui redditi, poiché solo se ben congegnati potrebbero portare a un aumento della produzione nazionale di un certo prodotto, dunque favorire l’occupazione del settore.
È la combinazione delle due forze che dà l’effetto complessivo sulla società, che è composta da persone che sono sia consumatori che lavoratori: l’effetto sui prezzi rischia di colpire i consumatori più poveri, se i prodotti su cui sono imposti dazi sono comprati spesso da chi ha un reddito più basso. Affinché l’effetto sui redditi più bassi sia positivo devono essere interessati dai dazi quei settori più colpiti dalla concorrenza internazionale, che impiegano lavoratori poco qualificati, e che hanno ancora margine per riprendersi, tornare a crescere e assumere lavoratori.
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Chi ci guadagna sempre sono i governi, che incassano il valore dei dazi tramite le dogane. Per esempio dai dazi dipende circa il 14 per cento del bilancio dell’Unione Europea, che è un caso particolare poiché è un’unione doganale: tra i paesi al suo interno non ci sono dazi o vincoli al commercio, e con gli altri paesi l’Unione si relaziona come un’entità unica. Tutti i paesi membri dunque applicano e sono sottoposti agli stessi dazi: l’Italia non può imporre di sua spontanea volontà un dazio sul formaggio prodotto negli Stati Uniti, solo l’Unione Europea può farlo; così come gli Stati Uniti non possono imporre dazi sul formaggio proveniente dall’Italia, ma solo da quello proveniente dall’Unione. Le autorità doganali dei paesi membri collaborano come se fossero un’unica entità.

(AP Photo/Andre Penner)
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I dazi sono uno strumento che a partire dagli anni Novanta la comunità internazionale ha cercato di limitare, anche grazie ad accordi commerciali e alla partecipazione di un numero crescente di paesi all’Organizzazione mondiale del commercio, un ente internazionale che ha l’obiettivo di favorire il libero scambio e limitare misure protezionistiche e arbitrarie che potrebbero ostacolare i commerci. Far parte dell’Organizzazione significa accettare anche la cosiddetta “clausola della nazione più favorita”, che in breve prevede un generale appiattimento dei dazi e il divieto di imporre misure discriminatorie tra singoli paesi.
Ci sono comunque certe eccezioni, ampiamente sfruttate negli ultimi anni. Un esempio sono i dazi “antidumping”, imposti per compensare una forma di concorrenza sleale per cui certi produttori riescono a vendere le loro merci a prezzi molto più bassi della concorrenza, beneficiando per esempio di sussidi statali. È il caso dei dazi che l’Unione Europea ha imposto alla Cina sulle auto elettriche, che puntano a compensare la differenza con le imprese europee che non riescono a competere con quelle cinesi: si chiamano per questo dazi compensativi.
Le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio prevedono inoltre delle eccezioni per settori di interesse strategico per i paesi, che i governi possono decidere di tutelare dalla concorrenza straniera in nome della sicurezza nazionale: è il caso di tutte quelle misure applicate durante l’amministrazione di Joe Biden che erano volte a limitare il rapido avanzamento tecnologico della Cina.