Citiamo le invenzioni di “Fantozzi” anche cinquant’anni dopo
Quando uscì il primo film era qualcosa di mai visto in Italia, e da allora non se n'è mai andato dalla cultura popolare
di Gabriele Niola

Una delle cose che Paolo Villaggio ripeteva di più riguardo al successo di Fantozzi era che le persone gli dicevano spesso di riconoscere nel protagonista del film un vicino, un amico o un parente, e mai sé stessi. Aveva capito insomma che gli spettatori pensavano che a essere Fantozzi fossero gli altri, e per questo motivo si sentivano liberi di riderne. Villaggio, che il personaggio di Fantozzi l’aveva creato e interpretato, è stato però anche un uomo di molte contraddizioni: si trovano infatti altrettante interviste in cui sostiene il contrario, cioè che il personaggio di Fantozzi abbia raggiunto un grande successo perché è stato di conforto per il pubblico, che si identificava in lui.
Il 27 marzo del 1975, cinquant’anni fa, uscì Fantozzi, il primo dei dieci film della serie. Prima c’era stato il libro, anch’esso il primo di dieci, un successo da un milione di copie vendute sempre intitolato Fantozzi, che Villaggio trasse da una rubrica che aveva sul settimanale L’Europeo. Erano racconti con un’ambientazione aziendale: un contesto che lui conosceva bene, avendo lavorato per un periodo all’azienda di impianti siderurgici Cosider. Fantozzi era il cognome di un suo collega, anche se il personaggio si rifà a un tal ragionier Bianchi che aveva conosciuto lì e che, proprio come il Fantozzi del cinema, aveva la scrivania sotto una scala e ogni volta che si alzava per dare la mano batteva la testa.
Fantozzi apparve poi in televisione come personaggio del programma Quelli della domenica, qualche anno prima dell’uscita del film. Lì furono messi a punto l’abbigliamento, il basco, la parlata, l’atteggiamento e le interazioni con i megadirettori tipiche del personaggio. Il libro invece sistemò proprio la mitologia: la famiglia, la moglie Pina, la figlia Mariangela, e tutto l’universo di comprimari della megaditta, dal ragionier Filini al geometra Calboni, fino alla signorina Silvani.
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Soprattutto il libro canonizzò il lessico di Fantozzi, che sarebbe poi stato uno degli elementi di maggior successo a partire dal cattivo uso del congiuntivo fino all’abuso di espressioni come “agghiacciante”, “mostruoso” o “terrificante” riferite a eventi della vita operaia, o alle ingiustizie ordinarie. Tutto pronunciato con inflessione grave dalla voce fuoricampo che si trova in tutti i film della serie. Era la voce dello stesso Villaggio e, come raccontato nel documentario di Mario Sesti La voce di Fantozzi, era chiamata da chi ci lavorava “voce lupata”, per il suo tono cavernoso simile a quello di un lupo.
Nel complesso Fantozzi (inteso come il corpo di opere) è una delle più importanti invenzioni di cultura popolare del Novecento italiano, la storia in forma grottesca della condizione umana più diffusa in un preciso momento storico, quello in cui il paese usciva dal dopoguerra mantenendo ancora, non ufficialmente, un sistema di privilegi nobiliari, che si intrecciava con la nascente cultura aziendale e con il potere della Chiesa. Nel mondo di Fantozzi più i megadirettori sono importanti più hanno tratti mistici, come un ufficio simile alla cella di un frate con l’inginocchiatoio, o titoli come “megadirettore angelico”.
Lo stesso Fantozzi quando delira e materializza le sue paure lo fa sempre attingendo alla mitologia cattolica: sia che abbia visioni di San Pietro sulla traversa, esausto per la partita di calcio tra scapoli e ammogliati, sia che sogni di essere crocefisso in sala mensa, sintesi perfetta della cultura aziendale e della repressione cattolica. Anche i figli degli impiegati per Natale dimostrano il loro servilismo recitando ai direttori l’augurio: «Gioite tutti, Gesù è nato. E tanti auguri al consigliere delegato».
La prospettiva con cui Villaggio descrisse la condizione operaia era quella di uno che si definiva «più a sinistra del partito comunista cinese» e che alla fine degli anni Ottanta si candidò con Democrazia Proletaria. Fantozzi, tra l’altro, è sempre andato bene nell’allora Unione Sovietica, dove i suoi film erano sempre ben accolti e dove Villaggio era conosciuto già per via dei libri, al punto che vinse anche il premio Gogol per la migliore opera umoristica.
Nel 1976, in occasione dell’uscita di Il secondo tragico Fantozzi, Villaggio fu invitato al festival di Mosca per presentarlo. I racconti di quella serata sono tanti e vengono praticamente tutti dallo stesso Villaggio, che era un noto millantatore e nei casi migliori esagerava. Le informazioni che non cambiano nelle varie versioni di questo racconto sono che la prima del film si tenne al Teatro Lenin di Mosca, la cui capienza varia da racconto a racconto tra i mille e i 10mila posti.
Villaggio e Luciano Salce, regista del film, erano terrorizzati da quel che sarebbe potuto succedere nella celebre parte in cui i dipendenti si ribellano alla proiezione della “Corazzata Kotiomkin”, parodia evidente di La Corazzata Potëmkin, il film di Sergej Ėjzenštejn che in Russia, e specialmente nel periodo sovietico, era uno dei miti nazionali. In particolare Villaggio temeva la battuta «la Corazzata Kotiomkin è una cagata pazzesca!», che oggi è forse la citazione più conosciuta dell’intera saga.
E invece quando pronunciò quella frase, racconta sempre Villaggio, il pubblico esplose di risate e applausi. In certe versioni dice che per l’esaltazione distrussero alcune sedie. A suo dire quella gag, che poi ebbe un grandissimo successo, ha un effetto liberatorio contro le imposizioni intellettuali alla povera gente, e lì nell’Unione Sovietica suonava più liberatoria ancora. Oggi è entrata nel lessico famigliare del cinema comico italiano, insieme ad altre come «Batti lei?», «È un bel direttore!», «Com’è umano lei», «Chi ha fatto palo?» e «Anche poeta!».
Villaggio fu indubbiamente il motore creativo di Fantozzi, la persona dietro tutto il suo mondo, ma il successo dei film fu merito anche molto di Luciano Salce, che diresse il primo e il secondo film ma non gli altri, molto diversi per stile e riuscita. Salce è l’uomo che creò materialmente il mondo, le pettinature, i vestiti terribili, il costante cattivo gusto, che lavorò meticolosamente sugli ambienti (trovò per esempio quel terribile scantinato in cui viene fatta la festa di Capodanno) e che fece insieme a Villaggio il casting dei caratteristi che poi si trovano in tutti i film della saga.
È anche merito di Salce se i film hanno quello strano tono grottesco che in Italia si pratica molto poco nelle commedie, preferendo l’umorismo di parola. Tanto che un film come Fantozzi non lo si era mai visto prima. Talmente era inusuale che un film comico avesse così tante gag fisiche (cadute, botte in testa e altri espedienti da cartone animato) che c’era un serio problema di controfigure. Servivano stuntmen che fossero anche in grado di far ridere, ma non ce n’erano.
Il problema si poneva per esempio per la scena sulla tangenziale, forse l’immagine più importante e significativa di tutta la serie di film: Fantozzi si cala dalla finestra e sotto ha una strada a scorrimento veloce, il simbolo più evidente del suo stato di vittima della società moderna. Fu girata sulla tangenziale di Roma poco prima che venisse inaugurata, in un punto in cui realmente passava accanto a un palazzo. Nel tentativo di prendere l’autobus per non tardare, Fantozzi trascina fuori dall’autobus tutti i passeggeri. In quel caso furono chiesti in prestito molti stuntmen che lavoravano con Bud Spencer e Terence Hill, quelli che prendevano le botte.
Per le parti comicamente più importanti, come la partita di calcio tra scapoli e ammogliati che finisce nel caos, invece l’idea di Salce fu di usare dei circensi. Alcune delle più importanti famiglie di clown italiane hanno lavorato a Fantozzi, come i fratelli Willy e Arnaldo Colombaioni, due istituzioni. Il primo è il portiere della squadra di Fantozzi (quello che fa più acrobazie), il secondo è conosciuto per un’altra scena chiave: è il cameriere nella serata di Capodanno che ingaggia con Fantozzi un duello e gli versa tutto addosso, in una tipica gag da repertorio clownesco. Altri due fratelli noti nel mondo del circo erano gli Ukmar, in particolare Clemente Ukmar, che è sempre stato la controfigura di Paolo Villaggio e che lui definiva «più divertente di me». È la persona che fa le capovolte, i voli, che si attacca all’autobus o si cala dal balcone comicamente al posto di Villaggio, abile non solo nel fare lo stuntman ma anche a nascondere il viso con una mano o una parte del corpo per non essere riconoscibile.
La qualità dei film dal quarto in poi calò molto, e Villaggio stesso negli ultimi anni di vita (morì nel 2017) aveva ammesso di aver fatto gli altri perché «è difficile sottrarsi quando ti offrono così tanti soldi». Il successo di Fantozzi non ne ha però risentito, e ancora oggi è una maniera condivisa da tantissimi italiani per interpretare la realtà, un repertorio di riferimenti e citazioni che a decenni di distanza continuano a essere usate per descrivere la quotidianità delle masse, dalla nuvola dell’impiegato alla frittatona di cipolle alle poltrone in pelle umana.
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