L’attribuzione del cognome ai figli al momento è un casino
Perché manca una legge che la regoli, da quando nel 2022 è stata abolita la trasmissione automatica di quello paterno

Da quando tre anni fa una storica sentenza della Corte costituzionale ha abolito l’obbligo di trasmettere automaticamente il cognome paterno ai figli c’è un grosso vuoto normativo di cui il parlamento non si è ancora occupato. Dal 27 aprile 2022 infatti i genitori possono decidere se dare ai figli solo il cognome del padre, solo quello della madre, oppure entrambi, nell’ordine che preferiscono. Ma ci sono ancora diversi aspetti delle modalità della trasmissione che non sono chiari e che generano confusione non solo nei genitori ma anche negli uffici dell’anagrafe e nelle prefetture, in attesa di una legge che le regoli.
Martedì la questione è tornata di attualità quando Dario Franceschini, senatore e dirigente del Partito Democratico, ha proposto una legge che imponga la trasmissione automatica del cognome materno ai figli. Offrirebbe, ha detto, una soluzione agli «infiniti problemi» causati dalla gestione dei doppi cognomi e dalla possibilità di scelta tra quello paterno e quello materno, ma ha poche possibilità concrete di diventare legge.
La sentenza della Corte costituzionale stabilisce che l’attribuzione del cognome ai figli deve avvenire in base a un accordo dei genitori. Per questo motivo il principale aspetto ancora da chiarire riguarda i casi in cui i genitori non riescano a mettersi d’accordo sul cognome da assegnare o sull’ordine col quale attribuire il doppio cognome, cioè su quale mettere per primo e quale per secondo.
In mancanza di accordo, dice la sentenza, dovrebbe essere un giudice a decidere, sulla base di una legge che però ancora non c’è. Nel frattempo una circolare del ministero dell’Interno ha stabilito che in caso di disaccordo tra i genitori sono trasmessi entrambi i cognomi, prevedendo che a stabilire l’ordine sia, ogni volta, l’intervento di un giudice.
Un’altra questione rimasta irrisolta riguarda cosa succederà quando i figli che ora ricevono due cognomi avranno a loro volta dei figli a cui trasmetterli, magari fatti assieme a una persona che a sua volta ne ha due. Al momento questa casistica non è regolata.
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Una questione ugualmente non risolta è il caso di un genitore con doppio cognome che voglia trasmetterne solo uno. Attualmente in Italia il cosiddetto “doppio cognome” è in realtà trattato dalla legge come un singolo cognome composto da due o più parti. La legge non consente di scomporre un cognome per trasmetterne ai figli solo una parte: bisogna decidere se trasmetterlo interamente, oppure se non trasmetterlo proprio, attribuendo solo quello dell’altro genitore. Tuttavia, con una procedura talvolta lunga e complessa, un genitore ha la possibilità di trasmettere solo uno dei propri cognomi attribuendo al figlio quello dell’altro genitore, e poi successivamente facendo una richiesta specifica alla prefettura per aggiungere solo una parte del proprio.
Anche in questo caso il parlamento dovrà stabilire un modo per riconoscere i doppi cognomi o perlomeno per delineare delle procedure per permettere ai genitori di trasmettere solo alcune parti dei loro cognomi composti. Una legge sulla trasmissione del cognome potrebbe anche stabilire un limite massimo per il numero di cognomi trasmissibili a un bambino o una bambina e decidere un criterio per determinare quale parte del cognome composto trasmettere automaticamente in caso di disaccordo tra i genitori, per evitare l’accumularsi dei cognomi.
La sentenza della Corte costituzionale del 2022 ha anche creato una nuova circostanza che forse il parlamento vorrà regolamentare. Finora i figli nati (o adottati) dagli stessi genitori hanno sempre avuto lo stesso cognome. Ora che il meccanismo automatico di assegnazione del cognome paterno è stato abolito si presenta la possibilità che a dei fratelli venga assegnato un cognome diverso. Nella sentenza la Corte ha suggerito al parlamento di regolamentare questo aspetto per evitare di danneggiare l’«identità familiare» dei figli. Al momento, comunque, non esiste una legge che impedisca di dare dei cognomi diversi ai propri figli (ad esempio quello della madre a uno e quello del padre all’altro).
Infine, il parlamento dovrà decidere se introdurre una procedura semplificata per permettere a chi lo desidera di cambiare il cognome del padre attribuito automaticamente (ad esempio per aggiungere quello della madre o per sostituirlo a quello del padre).
In tutti i casi, per modificare il cognome di una persona bisogna presentare una richiesta in prefettura. Questo vale sia nel caso in cui si voglia aggiungere il cognome di uno dei due genitori (o solo una parte, nel caso si tratti di un doppio cognome), sia nei casi in cui si voglia cambiare o sostituire il cognome attualmente in uso.
Per il ministero dell’Interno (che amministra le prefetture), però, è possibile cambiare il proprio cognome solo «in presenza di situazioni oggettivamente rilevanti» supportate da «significative motivazioni». Le motivazioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale del 2022, che considerano la regola di attribuzione automatica del cognome del padre «lesiva dell’identità del figlio», potrebbero rafforzare le richieste di chiunque voglia sostituire il cognome materno a quello paterno, o inserirlo per primo all’interno del proprio cognome composto.
Non è detto però che la richiesta di cambiare cognome venga accolta: la domanda comporta sempre un certo grado di incertezza dato che il successo della procedura non è garantito dalla legge ma dipende in parte dalle indicazioni del ministero dell’Interno alle prefetture e in parte dalle valutazioni fatte a discrezione degli uffici del prefetto. Peraltro, la procedura per cambiare cognome dura circa quattro mesi, ma spesso la scadenza non viene rispettata e può passare anche più di un anno prima di ricevere una risposta della prefettura.
Per modificare o cambiare il cognome di un minore tramite la richiesta in prefettura è necessario un accordo di entrambi i genitori: in sua mancanza è possibile rivolgersi a un giudice, che stabilirà caso per caso la legittimità delle richieste.
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Tutto questo vale per i figli nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio e per i figli adottivi. In teoria anche per i figli di coppie omogenitoriali, qualora vengano riconosciuti come genitori entrambi i padri o entrambe le madri. Non sempre però questo accade, e al vuoto normativo sull’attribuzione del cognome si aggiunge anche quello sul riconoscimento della genitorialità, complicando ulteriormente la situazione.