Allergia, here we go again

È di nuovo quel periodo dell'anno in cui al sistema immunitario di milioni di persone non piace vivere immerso nel polline

(Getty Images)
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Per molte persone nulla dice “primavera” come naso che cola, occhi lucidi e starnuti più frequenti del solito. Si stima che in Italia ci siano almeno 15 milioni di persone che soffrono di allergia ai pollini: la quantità è più o meno stabile perché ogni anno alcune di loro realizzano con sollievo di non essere più allergiche, mentre altre scoprono per la prima volta di esserlo, anche se non avevano mai avuto prima problemi di questo tipo. Non è completamente chiaro perché succeda e, del resto, sotto molti punti di vista le allergie sono ancora un mistero.

Alle nostre latitudini nel periodo tra marzo e maggio numerose specie di piante diffondono enormi quantità di pollini e, durante i picchi di fioritura, si può arrivare a una concentrazione che è fino a 60 volte quella del periodo invernale (il dato varia moltissimo a seconda dell’area geografica e delle condizioni ambientali). La maggior parte dei granuli che costituiscono i pollini è pressoché invisibile ai nostri occhi, ma è percepita da molti tessuti del nostro organismo. Ne respiriamo enormi quantità, che vengono per lo più filtrate dalle vie aeree superiori, a cominciare dalle cavità nasali, ma se ne depositano moltissimi anche sulla pelle e sugli occhi.

Per il sistema immunitario della maggior parte delle persone non è un problema, visto che i pollini sono generalmente innocui, ma per i tanti che hanno un’allergia al polline diventa un grande problema. Il loro sistema immunitario scambia per una minaccia alcune sostanze contenute nei pollini e produce degli anticorpi (immunoglobuline E, o IgE) che si attaccano a loro, in modo da segnalarne la presenza e innescare una difesa più articolata da parte di altre cellule specializzate.

Questa cascata di reazioni porta a un’infiammazione che contribuisce al rilascio di istamina e altre sostanze, che modificano gli equilibri tra la parte liquida del sangue e i fluidi nei tessuti del nostro organismo. Il risultato è un accumulo di liquidi (edema) che porta al gonfiore e al bruciore degli occhi e al naso chiuso. L’infiammazione degli spazi cavi nel naso (cioè i seni paranasali) influisce su diverse terminazioni nervose e può comportare, come effetti secondari, mal di testa e in alcuni casi disturbi alle orecchie.

Siamo fatti tutti diversamente e questo spiega perché alcune persone hanno più manifestazioni allergiche di altre. C’è chi produce meno IgE e quindi tende a sviluppare reazioni allergiche più lievi, mentre altri producono anticorpi che controbilanciano il comportamento anomalo di parte del sistema immunitario o dispongono di molecole che rendono meno sensibili ai segnali di allarme inviati dalle IgE. Se funziona correttamente, questo sistema di pesi e contrappesi fa sì che non si soffra di allergia o che nel tempo si sviluppi una maggiore tolleranza agli allergeni.

Polline al microscopio elettronico di campanella purpurea (Ipomoea purpurea), una pianta ornamentale molto diffusa anche in Italia (Wikimedia)

Tendiamo ad associare le allergie alla giovane età e a pensare che chi era allergico da bambino continui a esserlo da adulto, ma non è necessariamente così. Spesso le allergie diagnosticate nei bambini durano poco tempo, magari perché il loro sistema immunitario sta ancora prendendo le misure, e scompaiono prima dell’età adulta.

Ciò non significa che non si possa diventare allergici da adulti, o che si torni a esserlo dopo non avere avuto problemi per diversi anni. Il perché non è completamente chiaro, ma si ritiene che possa dipendere da alcuni problemi di salute e da cause ambientali. Un raffreddore più lungo e intenso del solito può danneggiare le mucose nasali, riducendo una protezione importante per tenere gli allergeni a debita distanza dalle cellule del sistema immunitario. Anche gli sbalzi ormonali sembrano avere un ruolo nello sviluppo di alcune allergie, e questo spiegherebbe perché si presentano o scompaiono in certe fasi della nostra vita.

Le cause ambientali derivano invece da come cambia ciò che si ha intorno. Le persone che si trasferiscono e vanno a vivere altrove hanno più probabilità di entrare in contatto con alte concentrazioni di pollini che non c’erano nell’area in cui vivevano prima, con un maggior rischio di sviluppare un’allergia. È stato anche ipotizzato che il cambiamento climatico abbia un ruolo importante, visto che in alcune aree del mondo porta la stagione calda ad allungarsi, facendo aumentare il periodo di circolazione delle piante che prediligono il caldo.

L’allergia da pollini viene di solito trattata utilizzando antistaminici, cioè farmaci che contrastano l’azione dell’istamina sull’organismo. A seconda dei dosaggi, questi farmaci possono avere effetti avversi come la perdita della capacità di concentrarsi e dei riflessi. Da tempo si sperimentano terapie alternative, come l’esposizione a basse dosi alla sostanza che causa l’allergia, in modo da indurre col tempo una migliore tolleranza. Le sperimentazioni di questo approccio non sono ancora molte e sono necessari approfondimenti.

Una volontaria partecipa ad alcuni test sulla febbre da fieno a metà anni Cinquanta (Hulton-Deutsch Collection/CORBIS/Corbis via Getty Images)

Non è inoltre sempre detto che un certo fastidio al naso nel periodo primaverile sia dovuto a un’allergia vera e propria. Alcuni pollini e in generale le polveri sospese nell’aria possono avere un lieve effetto irritante sulle mucose del naso, che portano ad avvertire talvolta prurito e altri fastidi. In questo caso non si tratta di una reazione immunitaria vera e propria e gli antistaminici non aiutano a migliorare le cose.

Le molte incertezze sull’allergia da pollini, come su molti altri tipi di allergie come quelle alimentari, deriva dalla scarsa conoscenza del funzionamento del nostro sistema immunitario. Le scoperte nell’ultimo secolo non sono mancate, ma il suo funzionamento dipende da una grande quantità di processi biologici collegati tra loro, con migliaia di molecole, proteine e meccanismi cellulari coinvolti nelle sue attività.

Spesso chi ha un’allergia da pollini si concentra, comprensibilmente, sulle conseguenze come naso che cola e irritazione agli occhi, mentre trascura il fatto che l’aria è ciò che abbiamo costantemente intorno e che in un certo senso tutto il corpo è esposto a un costante bombardamento di pollini. Oltre a fermarsi sui vestiti, si fermano sulla pelle a cominciare dalle parti più esposte come la faccia e le mani. Dopo essere stati all’aperto può essere utile lavarsi bene le mani e il viso, cambiarsi e farsi una doccia prima di andare a dormire, a finestre chiuse.