La resa della Columbia
La prestigiosa università americana ha ceduto ai ricatti dell'amministrazione Trump sulle manifestazioni pro Palestina, e ora altri istituti temono che toccherà a loro

L’amministrazione statunitense di Donald Trump ha minacciato l’università Columbia di New York di tagliare 400 milioni di dollari di fondi pubblici se non avesse ridotto la libertà d’espressione e di protesta nel proprio campus. Pochi giorni fa l’università ha ceduto. Ora l’amministrazione si sta rivolgendo ad altre università, minacciando nuovi tagli e indagini amministrative.
La Columbia è una delle università più prestigiose degli Stati Uniti, e venerdì scorso ha annunciato nuove regole che tra le altre cose riducono la possibilità degli studenti di protestare, vietano a chi manifesta di usare le mascherine per proteggere la propria identità e consentono l’ingresso nel campus di agenti di polizia che hanno il potere di arrestare gli studenti. L’università ha anche promesso una riforma del proprio dipartimento di studi mediorientali. Queste richieste erano state fatte dall’amministrazione Trump, che aveva aperto un’indagine contro la Columbia accusando l’università di non aver fatto abbastanza per gli atti di «violenza antisemita» avvenuti durante le proteste pro Palestina degli scorsi mesi.
Per rendere più concrete le sue minacce, l’amministrazione aveva cancellato circa 400 milioni di dollari in fondi e prestiti federali, dicendo che sarebbero stati ripristinati soltanto se l’università avesse cambiato le sue regole e represso più duramente gli studenti coinvolti nelle manifestazioni. Nel frattempo, ha fatto arrestare Mahmoud Khalil, un ex studente dell’università che l’anno scorso era stato tra gli organizzatori delle proteste per la Palestina, sulla base di teorie legali ritenute poco solide. Khalil ha una “green card”, cioè un permesso di soggiorno permanente.
Durante le proteste pro Palestina degli scorsi mesi gli studenti di numerose università americane avevano organizzato occupazioni e picchetti che erano proseguiti per mesi. Alcuni studenti ebrei avevano detto di aver subìto molestie e avevano accusato chi manifestava di atti antisemiti. L’amministrazione Trump, in uno dei suoi primi atti, aveva citato tra i suoi obiettivi l’eliminazione di quello che sostiene essere il grave problema dell’antisemitismo nelle università. La Columbia, che nei mesi scorsi era stata il simbolo delle proteste, è stata il primo obiettivo.

Alcuni studenti fanno irruzione nell’edificio dell’università Columbia, aprile 2024 (Marco Postigo Storel via AP)
Trump e il movimento di destra che lo sostiene hanno visto inoltre nelle università uno dei luoghi di sviluppo e diffusione della cosiddetta cultura woke, che i trumpiani considerano dannosa. Il New York Times ha rivelato che alla fine degli anni Novanta Trump cercò di vendere un’ampia proprietà immobiliare alla Columbia, che però rifiutò: il prezzo richiesto da Trump era proprio di 400 milioni di dollari.
Tornando a oggi, la Columbia avrebbe potuto opporsi ai ricatti dell’amministrazione e fare ricorso in tribunale. Alcuni esperti legali sostenevano peraltro che Trump non avesse l’autorità per cancellare i fondi federali. Ma la dirigenza dell’università, raccontano i giornali americani, ha temuto che una battaglia legale avrebbe richiesto troppo tempo, e avrebbe incoraggiato l’amministrazione a cercare nuovi modi per danneggiarla. Così ha preferito cedere e acconsentire alle richieste. Mercoledì però due gruppi sindacali universitari hanno deciso di intentare una causa separata per chiedere il ripristino dei prestiti federali: sostengono che l’amministrazione Trump, decidendo di eliminarli, abbia minato sia l’indipendenza accademica che la ricerca.
L’amministrazione Trump, però, non si è fermata alla Columbia. Negli scorsi giorni ha bloccato l’erogazione di 175 milioni di dollari di fondi federali destinati all’università della Pennsylvania. La ragione sarebbe che ha consentito a donne transgender di gareggiare in categorie femminili negli sport universitari (un account X gestito dal team di comunicazione della Casa Bianca ha scritto: «ha costretto le donne a competere con gli uomini negli sport»).
L’amministrazione ha aperto indagini contro cinque università (tra cui la Columbia) accusate di non aver fatto abbastanza per evitare abusi antisemiti nei loro campus. Agli avvocati che si occupano delle indagini, ha scritto il Washington Post, è stato chiesto di raccogliere informazioni anche sull’etnia e sulla nazionalità degli studenti accusati di antisemitismo: è una mossa inusuale, che probabilmente ha lo scopo di creare un database di persone da espellere, o che possono essere minacciate di espulsione.
In seguito l’amministrazione ha inviato lettere di avvertimento a 60 università, tra cui alcune delle più importanti del paese, comunicando loro che rischiano pesanti sanzioni se non proteggeranno maggiormente gli studenti ebrei.

L’occupazione del cortile del campus della Columbia da parte degli studenti pro Palestina nel 2024 (AP Photo/Ted Shaffrey)
Molte università temono che questo insieme di pressioni, minacce e ricatti possa avere effetti negativi sulla libertà di espressione nei loro campus, e che la decisione della Columbia di cedere all’amministrazione Trump possa peggiorare le cose: «C’è grandissima paura nelle università in tutto il paese per quello che sta succedendo», ha detto al Washington Post Erwin Chemerinsky, il rettore della facoltà di Legge all’Università della California – Berkeley.
A questo si aggiungono i tagli che l’amministrazione Trump sta facendo ai fondi per la ricerca, molti dei quali legati alla dismissione dell’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale degli Stati Uniti (USAID). Nelle scorse settimane varie università tra cui Harvard, Stanford e l’università della California hanno annunciato che interromperanno tutte le assunzioni a causa della mancanza di fondi. L’università Johns Hopkins ha annunciato che taglierà 2.000 posti di lavoro, dopo che l’amministrazione aveva annullato 800 milioni di dollari di fondi.