Valditara non vuole critiche alle nuove “indicazioni nazionali” per le scuole
Il ministro dell'Istruzione ha inviato agli insegnanti un questionario per valutarle, ma le risposte non prevedono giudizi negativi

Il 20 marzo il ministero dell’Istruzione ha inviato una nota ai dirigenti scolastici delle scuole dell’infanzia e del primo ciclo (primaria e secondaria di primo grado, elementari e medie in pratica) in cui chiede di partecipare a un questionario sulle nuove “indicazioni nazionali” per le scuole previste per il 2026-2027. Le indicazioni, che non hanno un valore prescrittivo, da qualche anno hanno sostituito i “programmi scolastici” e servono più che altro a dettare una linea: sono state pubblicate l’11 marzo ma erano state molto criticate fin dalle prime anticipazioni che ne aveva dato Valditara.
Il questionario, a cui si può rispondere dal 21 marzo al 10 aprile, contiene domande a risposta multipla sulla struttura e sulla chiarezza del documento, e sull’«approccio» scelto per le singole materie. Tra le possibili risposte, però, non ce n’è una che esprima un parere negativo. E lo spazio lasciato per fare delle osservazioni è piuttosto risicato: 1.000 caratteri, spazi inclusi (all’inizio erano solo 250). In sostanza gli insegnanti possono solo dire di essere favorevoli alle indicazioni di Valditara: per dare un’idea, la risposta più critica è quella che premette che «l’approccio metodologico è innovativo».
Il timore di diversi insegnanti che hanno ricevuto il questionario è che possa poi essere usato in modo propagandistico dal ministero, per sostenere che le indicazioni nazionali siano state accolte bene dalle scuole.

Il questionario sulle nuove indicazioni nazionali per le scuole (il Post)
Al questionario, cui si accede tramite un codice d’accesso dal sito del ministero dell’Istruzione, gli insegnanti possono rispondere da soli o come scuola. Le domande preparate dalla commissione di esperti che ha lavorato sulla bozza sono su «aspetti del documento ritenuti di particolare rilevanza», si legge nella nota. Riguardano l’impostazione generale del testo, le finalità educative della scuola, l’organizzazione del curriculum, la valutazione degli studenti e le singole discipline, come italiano, matematica, scienze, storia, geografia, e così via.
In particolare queste ultime sono già state criticate da chi lavora in ambito scolastico per l’assenza di risposte con pareri negativi. Per le diverse discipline è chiesto infatti di scegliere un’alternativa tra «Si condivide l’impianto perché prefigura un percorso “verticale” degli studi meglio scandito e articolato»; «Sarebbe più utile ampliare le conoscenze suggerite nelle diverse classi del primo ciclo»; «L’approccio metodologico è innovativo, ma richiederebbe maggior peso e tempo da assegnare alla disciplina»; «Nessuna risposta». Non c’è modo di prendere completamente le distanze dalle indicazioni nazionali, insomma.
Inizialmente lo spazio per i suggerimenti e le osservazioni aveva al massimo 250 caratteri, come si vede nella versione del questionario pubblicata dai siti specializzati sulla scuola. Negli ultimi giorni però lo spazio è aumentato, dice un’insegnante al Post.

Lo spazio per i suggerimenti nel questionario, 24 marzo 2025 (il Post)
Cristiano Corsini, professore di Pedagogia all’università di Roma Tre, è stato uno dei primi a criticare pubblicamente il questionario. «Se sul piano dei contenuti manca totalmente di validità, dal punto di vista culturale e politico non appare minimamente finalizzato a informare sulle prospettive di chi nelle scuole lavora, ma a farsi dare ragione rispetto al testo proposto», ha scritto in un editoriale pubblicato su Domani.
Il CRESPI (Centro interuniversitario per la ricerca educativa sulla professionalità dell’insegnante) fa notare che l’idea di una consultazione sulle novità da introdurre nella scuola è, di per sé, molto importante. Nella nota inviata dal ministero manca però secondo il CRESPI proprio l’idea di una valutazione condivisa: il questionario è presentato più che altro come un atto dovuto, scrive la direttrice Ira Vannini. Se il questionario avesse davvero l’obiettivo di valutare la bozza, argomenta Vannini, «sarebbe stato necessario rendere trasparente la finalità della consultazione, immaginare un pool di quesiti esteso e rappresentativo delle principali questioni che emergono dalla bozza del documento»; le domande dovrebbero essere meno ambigue e a chi risponde dovrebbe essere consentito di esercitare pienamente il proprio giudizio, anche con pareri negativi.
Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara aveva anticipato le nuove indicazioni nazionali per le scuole in un’intervista al Giornale di metà febbraio, che aveva suscitato parecchie polemiche. Come è stato fatto notare da più parti, le nuove indicazioni hanno un’impronta molto tradizionalista e rivolta al passato. Il ministero aveva pubblicato la bozza specificando che sarebbe servita a un confronto con le associazioni professionali e disciplinari, quelle dei genitori e degli studenti, e con le organizzazioni sindacali della scuola.
Anche qui non sta filando tutto liscio: la settimana scorsa diverse associazioni di linguistica si sono rifiutate di partecipare a un’audizione in programma per il 19 marzo, spiegando che la bozza del ministero era troppo distante dalle richieste avanzate nei mesi scorsi e contestando il poco spazio lasciato per esprimere le proprie opinioni.
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